Ultimo di
quattro fratelli, Leopoldo Raffaele Traversi nacque a Piancastagnaio,
in provincia di Siena, il 30 ottobre 1856 da Antonio Traversi e
Elvira Barbini. Terminati gli studi superiori si laureò in medicina
e chirurgia e nel 1882 entrò subito nel Corpo Sanitario
dell’Esercito. Successivamente incontrò e fece amicizia col conte
Augusto Bouturline, miliardario russo residente a Firenze da molti
anni. In quel periodo l’Africa esercitava una potente attrazione nei
giovani europei, freschi di studi o
appena usciti d’accademie militari, che pieni d’entusiasmo ed
affascinati dal misterioso continente nero sognavano avventure ed
azione che dessero lustro alla giovane Italia.
(1884-85) - Spedizione in Abissinia
Il giovane
Traversi, divenuto ufficiale medico, sensibile al richiamo
dell’avventura, progettò e allestì assieme all’amico Bouturline un
piano per l’esplorazione dell’Etiopia: la spedizione dalla
neocolonia di Assab, fondata nel 1869 da Giuseppe Sapeto, doveva,
attraversando l’Aussa, raggiungere prima lo Scioa e successivamente
il corso del Giuba nella penisola somala. I due volevano raggiungere
lo Scioa di Menelik per la via dell’Aussa aperta dall’Antonelli nel
1883, ritenuta più sicura delle piste del Biru, area della Dancalia
settentrionale, dove erano stati massacrati Giulietti e compagni nel
1881. Nell’ottobre del 1884, chiesta l’aspettativa, Traversi
s’imbarcò dall’Italia sul “Giava” e raggiunse a Aden il compagno
russo. Traversi e Bouturline giungono ad Assab nel novembre 1884,
appena dopo un mese dall’ultimo tragico tentativo d’attraversata
della Dancalia conclusosi con l’eccidio della spedizione di Gustavo
Bianchi. Le autorità non concedettero l’autorizzazione ai due amici,
anzi impedirono la partenza della carovana per l’Aussa. Giulio
Pestalozza, reggente di Assab in assenza del commissario Branchi,
sapeva che uno sbarco delle truppe italiane era imminente e
considerava la via dell’Aussa ancora troppo insicura, perciò li
convinse a cambiare itinerario. Modificato il progetto, i due si
recarono a Massaua con l’intenzione di procedere per il Tigrai e
infine lo Scioa. Durante i preparativi, il Bouturline si ammalò e fu
costretto a rientrare in Italia lasciando al compagno, oltre che
l’equipaggiamento ed il materiale acquistato, il compito di portare
a termine il progetto che lui avrebbe ugualmente finanziato. Il 2
gennaio del 1885, un mese prima dell’occupazione militare italiana,
il Traversi partì da Massaua con muli e cammelli carichi di
strumenti, armi, viveri, acqua e raggiunse Asmara. Dalla capitale
eritrea, ottenuto il 2 febbraio 1885 il salvacondotto dalle autorità
abissine, raggiunse poi il campo dell’imperatore Giovanni IV nel
Tembien, giungendo al cospetto del negus neghesti
contemporaneamente alla spedizione del console francese Lemey e al
viaggiatore Coulbeaux. L’accoglienza a corte << non fu scortese
ma nemmeno cordialissima >>, scriveva il Traversi in una lettera
del 5 marzo 1885 spedita da Macallè e pubblicata da La Nazione
di Firenze. Alle domande dell’imperatore circa le ragioni del suo
viaggio egli rispose che essendo un medico veniva per studiare le
erbe e gli animali. L’imperatore gli fece visitare molti malati e si
fece accompagnare da lui fino al Tacazzè. Dopo questo breve periodo
gli fu concesso di proseguire per Macallè e poi per lo Scioa. Ma
giunto a Macallè, dove conobbe l’italiano Giacomo Naretti, allora
intento nella costruzione di un palazzo di tipo europeo
commissionatogli dall’imperatore, fu raggiunto dall’ordine
perentorio di Giovanni IV di tornare immediatamente a Massaua. Gli
eventi erano precipitati. L’imperatore abissino arrabbiato e
preoccupato per l’occupazione italiana di alcune importanti località
della costa, lo richiamò urgentemente a Macallè. Durante questo
secondo incontro, l’imperatore interrogò a lungo il Traversi
pretendendo spiegazioni sul perché gli italiani avessero occupato
Massaua invece delle località dancale vicine al luogo dell’eccidio
del Bianchi. Non fidandosi delle vaghe risposte del Traversi, che
tra l’altro era all’oscuro degli sviluppi, sospettando che fosse un
informatore del governo italiano gli intimò di << tornare subito
al suo paese e per la via più corta >>. L’ordine non lasciava
dubbi ad interpretazioni, il clima si faceva sempre più arroventato,
il Traversi era costretto a rientrare a Massaua. Durante la strada
del ritorno, Traversi incontrò la spedizione diplomatica
Ferrari-Nerazzini che procedeva nel senso opposto dovendo
raggiungere il campo dell’imperatore Giovanni IV. La missione
composta dall’emiliano cap. Vincenzo Ferrari e il medico di Assab
Cesare Nerazzini, toscano di Montepulciano, aveva un duplice scopo.
Quello di indagare sull’eccidio Bianchi ottenendo: << maggiori e
più sicure informazioni circa l’accaduto e persuadere quel sovrano a
non lasciare impunito l’eccidio a breve distanza dai suoi stati>>,
ma soprattutto anche il compito di calmare le apprensioni
abissine per l’azione militare italiana. Messi al corrente Ferrari
e Nerazzini del clima che avrebbero trovato a corte, Traversi
riprese il cammino giungendo a Massaua il 5 aprile 1885 a notte
fonda. La spedizione era ormai irrimediabilmente compromessa ma il
Traversi non si perse d’animo, così come si deduce dalle parole di
una sua lettera scritta a Massaua l’8 aprile: << Per Viaggiare in
Africa ci vuole, più che coraggio, pazienza ed a me fortunatamente
non mancano questi due requisiti. Ora, dopo tre mesi di marce e di
fatiche e dopo aver speso non pochi talleri, eccomi a ricominciare
da capo il mio viaggio. Pazienza ed avanti sempre >>.
(1885) - Spedizione Dancalia-Scioa
Dopo qualche
giorno di permanenza a Massaua, il Traversi raggiunse Assab dove si
riorganizzò per raggiungere lo Scioa passando per l’Aussa, nella
Dancalia meridionale, secondo il suo progetto originario. Questa
volta ebbe meno impedimenti da parte delle autorità perché riuscì
tramite scek Abd el Rahman, che era stato la guida di Antonelli
durante la spedizione del 1883, ad accordarsi con il sultano dell’Aussa,
Mohamed Anfari. Faceva parte della spedizione l’armaiolo della
marina Adolfo Aprico, che già aveva fatto parte della
spedizione Antonelli-Ragazzi dell’agosto 1884, perchè
Menelik aveva espressamente richiesto agli italiani quel tipo di
artigiano. Partito dalla costa nel giugno 1885, all’inizio della
stagione delle grandi piogge, attraversò l’Aussa dove fu accolto
bene dall’Anfari e poi raggiunse lo Scioa. La sua prima tappa fu la
stazione scientifica di Let Marefià dove incontrò il dottor Vincenzo
Ragazzi, che era succeduto al marchese Orazio Antinori come nuovo
direttore.
Foto di Alberto Vascon |
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Let Marefià |
Dalla stazione
giunse poi alla corte di Menelik, in quel momento sita ad Ancober.
Erano passati otto lunghi mesi di peregrinazioni ma alla fine era
giunto nello Scioa. A corte fu accolto bene dal potente negus
benevolo nei confronti degli italiani perché, fautori di una
politica a lui favorevole (politica scioana), lo rifornivano
di armi per combattere l’imperatore Giovanni IV. Traversi si
guadagnò la fiducia del negus scioano diventandone medico
personale. Durante la sua permanenza, anche se Menelik non era
sempre disposto che si allontanasse dalla capitale, Traversi godeva
comunque di una buona libertà d’azione. In quei mesi compì numerose
spedizioni nell’interno dello Scioa scoprendo e riportando precise
notizie geografiche su laghi e fiumi, esplorando inoltre paesi
sconosciuti e fino allora chiusi agli europei. Durante il 1885
esplorò il territorio dello Zuqualà, dei Guraghe, dei Maraquò e dei
Soddu riportando notizie geografiche precise che permisero di
correggere le inesattezze delle carte geografiche dell’epoca che
attingevano da scarsissime notizie riportate da terzi. Durante
queste esplorazioni il Traversi raccolse materiale zoologico di
notevole interesse, soprattutto una nuova specie di scimmia,
studiata dal prof. H. E. Giglioli, che battezzò in onore al suo
amico-mecenate <<cercopithecus bouturlinii>>.
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Viaggio del Traversi nel
Guraghe e negli Arussi |
(1886) – Importanti scoperte geografiche
Nei primi mesi
del 1886, Menelik gli chiese di visitare un suo deggiacc ammalato, e
in quell’occasione Traversi ebbe modo di esplorare come primo
europeo le sorgenti dell’Auasc. Scoprì il percorso di numerosi
piccoli corsi d’acqua che dai monti Metta, Meccia e Dendi scendendo
verso la fertile pianura dei Becciù Galla, si univano formando il
primo affluente del fiume Auasc che poco prima dello Zuqualà
confluiva con l’Acachi. Salì vino in vetta del monte Zuqualà, circa
3000 metri, e visitò i laghi Adà che il marchese Antinori non era
riuscito ad esplorare per il carattere bellicoso delle popolazioni
del luogo.
Foto di Alberto Vascon |
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Zuquala |
La disponibilità
del medico di Piancastagnaio nell’esercitare la sua professione con
i nativi fece si chè Menelik volle averlo con sé anche durante le
sue campagne militari contro le popolazioni Oromo (chiamate Galla =
schiavi dagli abissini). Durante questa spedizione di guerra del
maggio 1886 alla quale partecipò anche il conte Antonelli, raggiunse
il lago Dembel (Zuai) mai visitato da europei prima d’allora. Questo
lago, che era stato solamente avvistato dalle vette dello Zuqualà
dall’esploratore italiano Antonio Cecchi nel
1877-78
e da pochi altri, fu esplorato attentamente dal Traversi che scopri
l’esistenza di due tributari il Maki e il Catarà e dell’emissario
Sucsuchi o Suxuchi (Bulbulà) che sfocia nel lago Hoggà (Hora Abiata).
Scoprì poi l’esistenza di cinque isole all’interno del lago Zuai.
Traversi continuò a seguire l’esercito scioano nelle sue manovre del
1886 a sud dello Scioa, apprendendo e descrivendo esattamente il modo
di combattere e di muoversi di quell’esercito africano che dieci anni
dopo batterà ad Adua, in maniera netta ed eclatante, le truppe italiane
comandate dal generale Baratieri. Durante questi spostamenti, il
Traversi raggiunse l’altopiano degli Arussi e nell’esplorazione di
quest’area fece la sua più importante scoperta dal punto di vista
geografico. Inizialmente esplorò la catena del Cilalu e i Sahatù
incontrando le sorgenti del Catarà. Successivamente, scendendo a
sud lungo l’altopiano di Albaso sul versante est della catena che dal
Cilalu, attraverso i monti Sahatù e Galama va fino al monte Uncolo
Mutte, scoprì un gran numero di torrenti che confluivano nell’Uabi
Sidama. Questo fiume, che secondo i locali si gettava nel mare <<
Indi >> (indiano) non era altro che il corso superiore dell’Uebi
Scebeli. Il Traversi sapeva di non aver risolto il mistero delle
sorgenti del grande fiume che attraversando l’Ogaden e la piana somala
si gettava nell’oceano indiano. Queste furono scoperte nel 1928 dalla
spedizione del Duca degli Abruzzi molto più a sud-ovest. Ma era stato
il primo europeo a raggiungere la regione sorgentifera del fiume
scoprendo così che l’esploratore Chiarini si era sbagliato: durante le
osservazioni della sua spedizione del 1878 egli credette che il fiume
Uaira rappresentasse l’alto corso dello Scebeli. Questo primato gli fu
riconosciuto dal Duca degli Abruzzi durante la conferenza che tenne al
ritorno del suo famoso viaggio, e nelle pagine del successivo libro
citò il Traversi come lo scopritore delle famose sorgenti fino allora
ignorate. Rientrato in Entotto con l’esercito di Menelik alla fine di
giugno 1886, cioè quando iniziava l’inverno abissino, il Traversi
organizzò un semplice laboratorio per studiare il regime delle grandi
piogge che in abissino sono chiamate “cremt” (o cheremt). Alla fine di
quell’anno di grandi scoperte, in ottobre 1886, tornata la buona
stagione, l’instancabile dottore fece nuovi viaggi esplorando regioni
quasi o totalmente sconosciute. Fu il primo europeo ad esplorare
i paesi dei Maraquò (Maracò), dei Guraghe (Guraghì). Salendo sul monte
Dascimagali (3370 m) vide che a sud oltre i laghi Zuai e Hoggà esisteva
un terzo lago (Scialla). Questo specchio d’acqua fu da lui battezzato
Bouturline omaggiando ancora una volta l’amico che lo aveva finanziato
nelle sue prime esplorazioni. Ancora qualche scoperta di quell’anno:
scoprì e riconobbe la zona delle acque termali nel Gogot, delle paludi
Tuffà e il corso superiore del Maki, tributario del lago Zuai, il
Mascan Dobbi, Muhur e Urbaràg ai confini di Cambàta, mai prima vista da
un bianco.Il Traversi in questo viaggio ebbe anche modo di esplorare il
fiume Uairan, dalle sorgenti seguendo tutto il corso delle acque,
accertando in maniera definitiva che esso non interagiva né con l’Uebi
Scebeli né con il Giuba. Egli scoprì che nel suo corso inferiore
prendeva il nome di Bilàt (Billate) e si perdeva poi nel lago
Margherita, cosa che confermò in seguito anche l’esploratore Bottego.
(1887) - Spedizione nel Gimma
L’attività del nostro dottore non si fermò, e l’ardente passione per
l’esplorazione lo portò ad effettuare altre spedizioni
allontanandosi periodicamente dallo Scioa e dalla corte di Menelik.
Tra le varie esplorazioni quella nella regione del Gimma fu senza
dubbio la più interessante. Il Traversi, al seguito del sultano Abba
Gifàr, ripercorse in gran parte l’itinerario percorso da Antonio
Cecchi e da Giovanni Chiarini nel 1878-79. Quella precedente
spedizione era terminata nel regno della regina di Ghera con la
prigionia dei due e poi con la morte del Chiarini nel marzo 1880. Il
suo chiodo fisso era quello di poter esplorare la via del sud e
sperava quella volta di poterci riuscire. Traversi, dato che ora
l’area era saldamente controllata da Menelik, si muoveva in
sicurezza ed ebbe modo di compiere studi e ricerche sulle
popolazioni del Gimma. Questi sono tra i più notevoli contributi
dati dal Traversi allo studio antropologico delle popolazioni
etiopiche. Leggendo la relazione fatta alla Soc. Geografica
Italiana, si apprendono le abitudini, usi e costumi di questi popoli
abituati al millenario commercio della carne umana, pratica a quell’epoca
diffusissima in tutta l’Etiopia. Tra le righe la sorpresa e l’ronia
toscana nel descrivere usanze strane: << Gli eunuchi, grandi
ufficiali di corte, hanno moglie e figli e nessuno vi fa caso! ...
Si crederebbe? >>. A Gimma ebbe modo di vedere l’ex regina di
Ghera imprigionata da Menelik perchè non pagava il tributo al negus
scioano. Di quel soggiorno importanti risultarono anche le notizie
apprese sui regni confinanti come quello di
Giangerò. Dalle notizie
riportate sembra che praticassero ancora sacrifici umani con riti
propiziatori e che addirittura esistesse una casta dedicata a questo
onorata e rispettata. Da quel viaggio trasse anche importanti
informazioni sul fiume Omo (o Ghibiè) oggetto di grande interesse da
parte di tutti i geografi dell’epoca e esplorato in seguito dal
Bottego. Traversi avrebbe voluto,
come accennato sopra, proseguire esplorando le regioni poste più a
sud ma il sultano Abba Gifàr rimandava sempre la partenza. Menelik,
probabilmente, non voleva privarsi della presenza del Traversi
proprio ora che le relazioni con l’imperatore Giovanni IV si
facevano sempre più tese nei confronti dello Scioa e dell’Italia.
Seccato per l’ordine di rientrare e per l’impossibilità di
proseguire verso sud quel viaggio che fino allora lo aveva
soddisfatto molto, pensò di rientrare in Italia. Non fu possibile.
Il dottor Ragazzi aveva lasciato Let Marefià per rientrare in Italia
e l’Antonelli era stato urgentemente richiamato a Roma. A Traversi
fu chiesto di rimandare la sua partenza; afferma parlando di se
stesso:
<< Non
si poteva lasciar solo Menelik tra gli intrighi degli avversari
bianchi, che non lasciavano alcun mezzo intentato per creare
imbarazzi, nè tantomeno si poteva lasciar la stazione
geografico-ospitaliera di Let-Marefià nelle man degli indigeni.
Troppe erano le cupidigie per questo nostro possedimento e di
indigeni e non indigeni. Era un dovere patriottico rimanere e il
Traversi rimase non trascurando di tenere informata Roma di quanto
succedeva allo Scioa.>>
(1889) – In missione in Italia
Ritornati
in Etiopia il Ragazzi e l’Antonelli, che il dottor Traversi aveva
“sostituito” a Let Marefià, si preparò a rientrare in Italia per un
periodo di riposo. Terminava per lui il primo “periodo scioano”;
erano trascorsi ben 5 anni !! Partito dallo Scioa i primi mesi del
1889 raggiunse Assab sulla costa
dancala passando per la seconda volta incolume attraverso i temibili
territori dell’Aussa. Ma anche in patria non ebbe pace. Nel
frattempo la situazione politica dell’Etiopia era radicalmente
cambiata. Il grande imperatore Giovanni IV, combattendo i dervisci
era stato sconfitto ed ucciso in battaglia a Metemma il 10 marzo
1889. Il vecchio rivale Menelik aveva facilmente conquistato il
potere e a maggio aveva firmato lo sciagurato “Trattato d’Uccialli”
con gli italiani. Cominciava così il secondo periodo della “politica
scioana” adottata dagli italiani che poi, si ritorcerà contro
terminando in maniera disastrosa con la sconfitta di Adua. Ad agosto
1889 Menelik aveva inviato una missione abissina ufficiale in Italia
con a capo degiasmacc Maconnen. Occorreva affrontare vari argomenti
e molte erano le questioni ancora pendenti tra Italia ed Abissinia.
Menelik pretendeva il riconoscimento a negus neghesti, e la
ratifica del “Trattato d’Uccialli”, e la sottomissione di ras Alula
e ras Mangascià. Il momento era molto delicato. L’articolo II del
trattato prevedeva di designare nuovi rappresentanti italiani in
Etiopia. Antonelli incaricato di quest’ultimo compito aveva
designato Augusto Salimbeni a sostituirlo come Reggente Generale
italiano presso la corte del Negus, Leopoldo Traversi come
assistente politico e Cesare Nerazzini come agente all’Harar.
Inoltre il Traversi era anche stato designato quale terzo direttore
della stazione scientifica di Let Marefià succedendo a Vincenzo
Ragazzi. Salimbeni ebbe l’incarico di accompagnare la delegazione e
riunì con se i più influenti personaggi del mondo coloniale
italiano. Il commissario civile di Assab Giovanni Branchi, il conte
Pietro Antonelli, l’ingegner Luigi Cappucci e anche il Traversi.
Leopoldo Traversi, grazie alla sua profonda conoscenza degli
etiopici e per il prestigio di cui godeva, era ritenuto di vitale
importanza per mantenere i rapporti con il nuovo negus al quale era
stato per molto tempo vicino ed indispensabile. Emergeva sempre di
più la figura del medico-diplomatico che, come il collega Nerazzini,
dopo essersi conquistati la fiducia degli indigeni grazie alle loro
qualità professionali ed umane, curando negus e poveracci, erano
molto ascoltati dai potenti abissini e scioani.
(1890) - Let Marefià
Dopo la
partenza della missione Maconnen, il Traversi s’imbarcò per
l’Etiopia con le istruzioni del Ministero degli Esteri di <<
mantenere con l’imperatore e coi suoi capi i migliori rapporti,
avendo sempre presente che il Governo del Re vuole accrescere la sua
influenza sull’Etiopia e che esclude qualunque azione troppo
energica per raggiungere questo suo fine. >>. Partì da Assab per
lo Scioa, fermandosi nell’Aussa per la terza volta, ma solamente
qualche giorno perché le sue istruzioni prevedevano di <<
persuadere l’Anfari che, come noi riconoscemmo Menelik re dei re
d’Etiopia prima ancora che occupasse quel trono, così riconosciamo
l’Anfari come capo di tutti i Danakil e vediamo con sorpresa che non
tutti i Danakil ascoltano la sua parola>>. Il Traversi rimase
nell’Aussa dall’8 al 12 febbraio 1890, ed espletati tutti gli
incarichi, percorrendo la via di Gherfa, raggiunse Dessiè dove
incontrò la regina Taitù che in assenza di Menelik reggeva il potere
in quella parte del paese. L’accoglienza fu fredda ed il Traversi
capì che i rapporti tra Italia ed Etiopia stavano peggiorando.
Nonostante tutto il Traversi raggiunse Menelik ad Ancober per
presentarsi come nuovo direttore di Let Marefià e richiedendo
l’autorizzazione ad aprire una nuova stazione scientifica nel Caffa.
Menelik, che era a lui personalmente legato, lo accolse bene, ma il
malumore per gli italiani cresceva ed il negus non voleva fare più
concessioni. La situazione dei rapporti italo-etiopici andava sempre
più deteriorandosi, ma Let Marefià sembrava non risentire
dell’imminente uragano perché sotto la guida del Traversi cresceva e
prosperava.
 |
Figura 4 - Esempio di relazioni agricole
riguardanti la stazione di Let Marefià redatte da Leopoldo
Traversi (da Let Marefià). |
(1890-91) – Tramonto della politica scioana
Verso la
fine di Agosto 1890 Menelik scrisse al Residente Generale Salimbeni,
segnalando l’errore di traduzione nell’art. 17, la cui traduzione il
lingua italiana non corrisponde in amarico. Il Salimbeni allarmato
dalla vertenza sollevata per l’art. 17 del Trattato di Uccialli,
decise di mandare il Traversi ad Assab a telegrafare al governo per
metterlo a conoscenza dell’aggravarsi degli avvenimenti. Il 30
novembre del 1890 Traversi, dopo aver attraversato il deserto
dancalo per la via dell’Aussa per la quarta volta, giunge il 17
dicembre, dopo diciotto giorni, ad Assab portando con sé lettere
ufficiali per Crispi, Mayor, Pisani Dossi e il generale Gandolfi. Il
giorno dopo il Traversi inviò un telegramma al Ministro degli Esteri
italiano, informandolo sulla situazione. Durante quei gironi
Traversi fu trattenuto ad Assab d’autorità, gli fu impedito di
raggiungere l’Italia e guardato a vista perché non si allontanasse.
In quel momento c’erano le elezioni politiche e Crispi volle
impedire che la difficile situazione che aveva prodotto la sua
politica scioana lo danneggiasse. Ma il pessimismo di Salimbeni e
Traversi nei confronti delle reazioni di Menelik all’art. 17 del
trattato era tutt’altro che ingiustificato. A Roma, Francesco
Crispi, in disaccordo con il modo di gestire la situazione del
Salimbeni, dava disposizioni al conte Antonelli perché ritornasse
velocemente nello Scioa per sistemare le cose e questi si mise
subito in viaggio per raggiungere Addis Abeba, via Zeila-Harar.
Inoltre si ordinava al Traversi di tornare al più presto alla
stazione di Let Marefià e di disporre al Salimbeni di persuadere
Menelik a non fare reclami perché
<<
se vorrà introdurre modificazioni al trattato d’Uccialli,
potrà farlo dopo cinque anni dalla data della sottoscrizione,
e non oggi>>. |
(Libro Verde << Missione Antonelli in Etiopia>> presentato
alla camera dei deputati da di Rudini |
il
14 aprile 1891, parte II, doc. n. 4, pag.14) |
Traversi,
avendo avuto informazione da Roma che l’Antonelli marciava
velocemente da Harar verso lo Scioa, dopo aver risposto
polemicamente
Pag. 350: << Nè Salimbeni nè io potevamo indovinare viaggio
Antonelli. Salimbeni in vista della nostra situazione grave mi
comandò di correre a riferire all’E. V. le cose come sono e
non come si vorrebbe che fossero.>> |
(Traversi L., Let Marefià, Ed. Alpes, milano, 1931) |
ripartì
il 10 gennaio 1891 per l’altipiano attraversando nuovamente la
Dancalia centrale per la via dell’Aussa. Era la quinta volta!!
Traversi giunge verso la fine del mese alla sua casa a Let Marefià.
Nel frattempo Antonelli giungeva ad Addis Abeba e s’illudeva di
riuscire a sistemare tutte le gravi questioni nate tra l’Italia e
Menelik. Telegrafava a Traversi che aveva raggiunto Let Marefià
affermando che: << la situazione non sembrargli così grave come
era stata annunziata >>. S’illudeva davvero! Traversi raggiunse
Antonelli e Salimbeni ad Addis Abeba per dargli manforte. Dopo
lunghe e faticose trattative le parti convennero che il famoso art.
17 sarebbe rimasto tale fino alla scadenza del trattato accogliendo
le proposte dell’Antonelli. Menelik inviò, il 3 febbraio 1891
tramite ras Maconnen, ad Antonelli una lettera in amarico che doveva
essere l’esatta traduzione del testo italiano. Il realtà Menelik
aveva giocato sporco rendendo la cortesia agli italiani, così come
era stato fatto nella stesura del Trattato di Uccialli. Il testo che
Antonelli, incautamente firmò affremava esattamente il contrario: <<
è convenuto di cancellare l’art. 17 >>. Solamente più tardi,
resosi conto del gioco degli abissini, Antonelli, appena potè
visionare nuovamente una delle copie, ne strappò la parte dove era
stato apposta la sua firma ed il timbro della Residenza. La
situazione era irrimediabilmente compromessa: la politica scioana
cominciava a ritorcersi contro il suo maggiore fautore. Da quel
momento i rapporti con Menelik sarebbero sempre più peggiorati.
Antonelli decise di abbandonare la corte scioana e partì per Zeila
con Salimbeni e Traversi. Durante la sosta ad Harar si aggregarono
alla spedizione il dottor Nerazzini e Carlo Di Rudinì. Il gruppo
diplomatico italiano giunto a Zeila nel marzo 1891 si sciolse.
Antonelli e Nerazzini s’imbarcarono su una nave da guerra italiana
raggiungendo Aden, Salimbeni si trattenne a Zeila.
(1891-92)
– Let Marefià
Il
Traversi contrariato dal modo di condurre le trattative, essendo
stato riconfermato come direttore di Let Marefià, si congedò dagli
altri italiani e raggiunse Assab. Il suo compito prevedeva di
riprendere la direzione della stazione scientifica, ma di tendere le
orecchie per capire e riferire sulla mutata situazione e sugli umori
nei confronti dell’Italia. Partito da Assab raggiunse Gildessa il 24
agosto 1891 e due giorni dopo giunse ad Harar. L’8 ottobre aveva
nuovamente raggiunto Let Marefià e lo Scioa, ma questa volta senza
attraversare l’Aussa. Il tempo e la dedizione dedicata alla stazione
gli permise di ottenere buoni risultati tanto che egli scriveva che
Let Marefià << cominciava a prendere l’aspetto di una piccola
fattoria toscana >>. Nonostante la pace e tranquillità di Let
Marefià, il medico toscano si trovava però nuovamente in condizione
di esercitare la sua professione di scienziato, come medico e
coltivatore, assieme a quella di diplomatico: la vecchia amicizia
con Menelik e la difficile situazione tra Italia ed Etiopia imponeva
che fra i due seguitassero numerose discussioni di politica. Appena
giunto a Let Marefià Traversi scrisse una lettera a Meneilk e una
alla regina Taitù. Menelik rispose gentilmente al vecchio amico, e
scrisse anche una bella lettera alla Società Geografica Italiana
plaudendo la scelta fatta nel riconfermare il Traversi alla guida
della stazione. Ma l’ostilità della corte abissina cresceva
soprattutto ad opera della regina che addirittura rispondendo al
Traversi gli chiese freddamente << cosa sei venuto a fare?
>>. Inoltre la politica dell’Italia nell’area, assolutamente non
condivisa dal nostro medico, continuavano ad irritare Menelik: il
“convegno del Mareb”, tra ras Mangascià ed il generale Gandolfi, fù
considerato un offesa e una grave minaccia al suo prestigio. Menelik
a proposito di questo incontro scriveva al Traversi: << Tutti gli
affari che si fanno dove non è il padrone di casa non sono belli,
perchè tutti gli affari sono col padrone di casa >>. In questa
difficile atmosfera il Traversi riusciva a mantenere i contatti,
sempre peggiori, con Menelik. Presto Traversi si accorse che tutto
l’ambiente gli era ostile. Il negus scioano gli consegnò una lettera
a re Umberto dove chiedeva di sistemare definitivamente la questione
dell’art.17 del Trattato di Uccialli e protestava per l’avvenuto
“Convegno del Mareb”. Assieme a questa lettera gli consegnò un’altra
indirizzata al Ministro degli Esteri chiedendo che gli fossero
inviati due milioni di cartucce.
(1892-96)
– Il fallimento della politica scioana
Queste
due richieste mettevano in grande difficoltà l’Italia perchè
rispondendo a queste precise richieste avrebbe effettivamente
dimostrato se voleva essere “amica” dello Scioa oppure no. Anche ras
Maconnen a metà di marzo 1892 pregò insistentemente di andare in
Italia a chiarire la situazione e cercare di risolvere la
situazione. Il Traversi con questo nuovo fardello diplomatico si
diresse a Zeila, poi ad Assab e da li s’imbarcò per l’Italia. Si
trattenne in patria solamente un mese, arrivò in luglio e ripartì in
agosto 1892 per lo Scioa, in veste ufficiale di rappresentante
diretto di S.M., con istruzioni concilianti ed il permesso di
portare i due milioni di cartucce che Menelik chiedeva da tempo. Il
trasporto di quest’incredibile quantitativo di munizioni comportava
allestire enorme una carovana, di ben 630 cammelli ed avere a che
fare con gli umori degli animali e dei conduttori dancali. Cosa
tutt’altro che facile !! Il medico toscano ebbe il suo bel da fare
e in circa sei mesi, da agosto 1892 a febbraio 1893, riuscì a fare
la consegna delle munizioni a Menelik. Di questo viaggio il
Bollettino della Società Geografica Italiana pubblicherà una lettera
del Traversi dove egli descrivendo l’itinerario dell’Aussa
attraversato per la sesta volta afferma: << Oggi viaggiare in
questo paese non è punto difficile, quando si ha prudenza, e per noi
Italiani studiarlo è un dovere>>. Sempre lo stesso anno il
Bollettino pubblica altre lettere del viaggiatore all’amico
naturalista Giacomo Doria (presidente della società geografica dal
1891 al 1900): <<Sulla regione dei Danakili>> scritta dal
lago Gargori (Aussa) il 16 dicembre 1892, <<l’itinerario
Aussa - Douè>> scritto al rientro ad Addis Abeba il 25 aprile
1893, e << Sul corso del Golima>> scritto successivamente. Ma
tutto l’impegno del Traversi, non fu sufficiente a cambiare gli
umori di Menelik nei confronti dell’Italia. Una volta entrato in
possesso delle cartucce Menelik denunciò formalmente il Trattato di
Uccialli. La politica scioana dell’Antonelli era definitivamente
fallita. A peggiorare la situazione la presenza a corte di emissari
delle altre potenze, specialmente francesi greci e russi, che
consigliavano Menelik contro l’Italia. Questi avvenimenti avevano
reso l’atmosfera difficilissima: vivere nello Scioa tra intrighi ed
insinuazioni, lontano e non sorretto da Roma, rendevano addirittura
pericolosa la sua permanenza. Tanto più che i continui e durissimi
viaggi attraverso la Dancalia avevano compromesso la sua salute:
nell’Aussa aveva contratto le febbri. A quel punto la sua presenza
era ormai inutile; a suo avviso la fiducia e i buoni rapporti con
Menelik erano ormai irrimediabilmente compromessi. Chiese ed ottenne
di rientrare in Italia. Aveva proprio ragione, nessun altro dopo lui
sarebbe riuscito ad recuperare la situazione. Quando l’Italia inviò
il colonnello Federico Piano a sostituirlo e a cercare di
ristabilire buone relazioni fu un completo fallimento. Lo stesso
giorno che il Traversi lo presentò a Menelik come il suo sostituto
il negus gli domandò a bruciapelo << E quando conti di ripartire
? >>. La missione del colonnello Piano era iniziata e terminata.
Iniziò invece il triste periodo che avrebbe portato poi alla
bruciante sconfitta di Adua del 1896. Il Traversi si accordò con
Menelik per lasciare in consegna la stazione di Let Marefià all’ing.
Luigi Capucci, unico italiano che rimaneva nello Scioa.
Dopo molti anni alla corte di Menelik come
ingegnere, il Cappucci si era conquistato la fiducia del negus
costruendo per lui mulini ed una polveriera, e dopo la missione
Maconnen con l’Antonelli era rientrato nello Scioa per dedicarsi al
commercio del caffè. Il Colonnello Piano ed il Traversi lo
invitarono ad informare il governo dell’attività di Menelik.
Attività di spionaggio che il Cappucci fece per molti mesi
comunicando con il governo a mezzo di un cifrario segreto fino al 10
maggio 1885 quando fu scoperto ed arrestato. Passate le
consegne della stazione al Capucci, a giugno 1894 Leopoldo Traversi
in compagnia del colonnello Piano, temendo di essere trattenuti in
ostaggio, riparte in tutta fretta verso la costa da dove rientrerà
definitivamente in Italia. Rientrato in Italia Traversi collaborò
con Crispi ed ebbe vari incarichi presso il Ministero della Guerra
quale esperto di questioni africane. Con la caduta del governo
Crispi, seguita alla disastrosa disfatta di Adua, fu messo in
disparte e fuori causa assieme a tutti i protagonisti della politica
coloniale di quell’epoca. A causa di questa esclusione Traversi si
ritirò a vita privata. Nel 1908 fu promosso maggiore medico.
Rivalutazione del Traversi ormai anziano
Con
l’avvento del fascismo le figure di tutti gli esploratori della <<
prima ondata >> furono riprese, rivalorizzate ed enfatizzate.
Si argomentò moltissimo sulle colpe e le debolezze dei governi
dell’epoca e sulle pene inflitte ai pochi “ardimentosi” italiani che
come il Traversi rimasero “traditi” dalle deboli politiche coloniali
e dalle << menzogne diplomatiche >>. Nel 1931 Traversi, nel
pieno del ventennio fascista e ormai settantacinquenne, riusciva a
stampare le sue memorie (Traversi L., Let Marefià, Ed. Alpes,
Milano, 1931). Come ben si desume analizzando la bibliografia del
Traversi a fine libro, erano passati quasi quarant’anni dai suoi
ultimi scritti per il bollettino della Società Geografica Italiana e
le relazioni al Ministero degli Affari Esteri. Questo libro fu
ristampato anche dieci anni dopo (1941) quando Traversi aveva 85
anni, << con la collaborazione e sotto gli auspici dell’Ufficio
studi del ministero dell’AI >>. Dopo la stampa del suo primo
libro di memorie seguirono negli anni altre pubblicazioni di volumi
ed articoli riguardanti la storia tra Italia ed Etiopia, i difficili
rapporti tra i due paesi. Tra i volumi più significativi e
conosciuti L’Italia e l’Etiopia da Assab a Ual-Ual stampato
nel 1935. Questo volume mostra il chiaro intento, ancora più del
precedente, di spiegare la storia vista dal punto di vista di uno
dei protagonisti rimettendo le colpe delle tragedie e delle disfatte
subite in campo coloniale agli << omuncoli del tempo >>.
Finalmente era arrivato il tempo degli onori anche per Leopoldo
Traversi. L’Istituto Coloniale Fascista lo decorò con una medaglia
d’oro. Anche la Reale Società Geografica Italiana, a distanza
di quarant’anni dalle importanti scoperte geografiche fatte dal
Traversi, premiava l’esploratore conferendogli la medaglia
d’argento. Il dottor Leopoldo Traversi, dopo questa lunga vita, per
molti anni intensa ed avventurosa, muore a Roma il 14 gennaio 1949,
all’età di 93 anni.
Scritti di Leopoldo Traversi in ordine cronologico |
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Traversi L., Da Entotto al Zuquala: lettere del dott.
Leopoldo Traversi al sig. conte Buturlin, Boll. Soc. Geogr.
Ital ago. 1887 |
Traversi L., Osservazioni meteorologiche fatte a Entotto
Nello Scioa Durante il krempt, Tip. Cooperativa, Firenze,
1887 |
Traversi L., Viaggi negli Arussi, Guraghi, ecc., con
alcuni schizzi ed una carta, Presso la Società Geografica
Italiana, Stab. G. Civelli, Roma, 1887 |
Traversi L., Escursione nel Gimma: relazione del dott.
Leopoldo Traversi alla Societa geografica italiana, :Societa
geografica italiana, Roma, 1888 |
Traversi L., Le antichità di Uorcamba nello Scioa: sul
corso del Golima sulle origini del Giuba, Boll. Soc. Geogr.
Ital., ago.-set. 1893 |
Traversi L., Sulla regione dei Danakili, Boll. Soc.
Geogr. Ital., Vol XXX, 1893 |
Traversi L., Itinerario Aussa-Doué, Boll. Soc. Geogr.
Ital., Vol XXX, 1893 |
Traversi L., Sul corso del Golima, Boll. Soc. Geogr.
Ital., Vol XXX, 1893 |
Traversi L., Il conte Pietro Antonelli e la politica
Scioana, Estr. da: Rivista politica e letteraria, marzo
1901. |
Traversi L., La
proprietà della terra in Etiopia,
Roma, Stabilimento Tipografico della “Tribuna”, 1900 (1901). |
Traversi L., Let Marefià, Ed. Alpes, Milano, 1931 |
Traversi L., L'Italia da Assab a Ual-Ual,:Cappelli,
Bologna ,1935 |
Traversi L., L'Italia e l’Etiopia da Assab a Ual-Ual,
Bologna ,1935 |
Traversi L., L'Italia da Assab alla Vittoria: Ricordi
etiopici di un medico pioniere. Conferenza Roma : Tip.
Zamperini e Lorenzini, 1936 |
Traversi L., Medici italiani in Etiopia, Stab. Artist.
Tipog. Pietro Russo, 1936 |
Traversi L., Let Marefià, con la collaborazione e sotto
gli auspici dell'Ufficio studi del ministero dell'AI, Unione
Editoriale d'Italia, Roma 1941 |
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