Etiopia magica

 

La chiesa di Gorgorà Debra Sina

Alberto Vascon, settembre 2005

articolo pubblicato sul Mai Taclì luglio-agosto 2007

 

Il Piccolo Abbai, chiamato in amarico Ghilghèl Abbai (Piccolo Nilo), sorge nei monti del Sacalà, ad una altitudine di 2900 metri, settanta chilometri a sud della costa meridionale del Tana. Le sorgenti, che prendono il nome dal Ghion, fiume che, secondo la Genesi, circonda il paese di Cusc, sono dagli abissini considerate sacre e chiamate Ghion tsebbèl (sacre sorgenti del Nilo). Si trovano nei pressi del villaggio di Ghisc, dove sorge la chiesa di Michaèl e Zera Bruk, i cui preti sono gli unici autorizzati ad attingere l’acqua della sorgente e a donarla ai fedeli a mezzogiorno. Chiunque può visitare la chiesa, ma deve essere digiuno.

Le sorgenti del Nilo Azzurro

Dopo un tortuoso percorso di oltre cento chilometri, il fiume si getta nel lago Tana, del quale è il principale immissario. Il Tana, situato nel nord-ovest dell’Etiopia ad una altitudine di 1840 metri, con una superficie di otto volte il lago di Garda, ha acque poco profonde, dalle quali sorgono trentasette fra isole e isolotti, alcuni dei quali sono semplici scogli. Molte di queste isole furono scelte come sedi di comunità religiose fin dai tempi dell’espansione dell’Etiopia verso sud ad opera dell’imperatore Amda Tsion nel XIV secolo, perché luoghi di non facile accesso e coperti di rigogliosa vegetazione.  

Queste isole sono abitate prevalentemente da monaci e preti. Le chiese, secondo l’usanza etiopica, sono decorate con antiche pitture, alcune conservano antichi tesori appartenuti ai re d’Etiopia, e tombe di re e principi. La chiesa della quale si hanno le più antiche notizie è quella di S. Quirico (o Ciro) situata sull’isola di Tsanà, vicino alla costa orientale del lago, e conosciuta come Tana Qirqòs. Da questa isola ha preso il nome il lago.  

Molte chiese furono distrutte dall’invasione del Gragn del 1537, altre dai dervisci durante la distruzione di Gondar nel 1888. A quest’ultima invasione stranamente sfuggì la chiesa di Debra Sina (Monte Sinai) situata a Gorgorà, sulla costa settentrionale del lago, a pochi chilometri da Gondar. La chiesa si trova anche a pochi chilometri da Mariam Ghemb, dove i missionari gesuiti avevano costruito una residenza per Susinios, che si era convertito al cattolicesimo. Nel 1632 suo figlio Fasiladès, divenuto imperatore, cacciò i gesuiti dall’Etiopia e fondò Gondar. Sotto il suo regno fu costruita la chiesa di Debra Sina, ad opera della uoizerò Meleqotauìt (Divina), sua sorella maggiore.

Possiamo tranquillamente affermare che in questo piccolo santuario sono racchiusi alcuni dipinti fra i più belli che l’arte abissina abbia mai espresso. La solidità dell’impianto pittorico, la fantasia cromatica, la perfezione dei dettagli, lo straordinario stato di perfetta conservazione si esaltano nella bellezza pacata del luogo dove il mistico predomina su una natura ancora incontaminata.

La chiesa presenta i più antichi dipinti murali del lago, che risalgono alla prima metà del XVII secolo. Nascosta in un folto bosco sacro di eucalipti e di sicomori, quasi al livello del lago, la chiesa è di forma circolare, con un tetto di paglia sul quale è eretta una croce circondata da sette uova di struzzo. Come nella Chiesa di Roma, queste rappresentano la passione e la morte di Cristo.  La struttura della chiesa è basata sull’utilizzo di grossi tronchi, con intelaiatura di fusti più sottili e di rami. Il muro della chiesa è costituito di cicca (fango), che è una malta fatta di terra, sterco di bue e paglia impastata sui rami. Le pareti vengono lisciate e sulle superfici vengono incollati i dipinti che sono su tela.

Come le chiese di tipo circolare, diffuse nell’Abissinia meridionale, la chiesa è divisa in tre parti, sull’esempio del tempio ebraico. Tutto attorno corre un corridoio esterno, racchiuso da una balaustra, detto qeniè mahlèt (poesia di lode), che è il coro riservato ai canti dei debterà (letterati), ai notabili e ad alcuni fedeli, le donne a destra, gli uomini a sinistra. All’interno del corridoio esterno vi è il qeddìst (che sta per qeddìst botà, luogo santo), spazio sacro riservato ai preti e ai comunicandi. Al centro del qeddìst vi è il santuario, una stanzetta di forma quadrata chiamata meqdès, il cui accesso è permesso solo ai preti e al re. Qui si trova un altare su cui è conservato il tabòt, una tavoletta consacrata di legno duro o di pietra che rappresenta l’Arca dell’Alleanza e le Tavole della Legge. Il meqdès è anche chiamato qeddìste qeddusàn (Santo dei Santi). Questa disposizione della chiesa è stata preferita nell’Abissinia meridionale a quella del tipo a basilica del primo cristianesimo etiopico, che sopravvive nel nord dell’Etiopia.

Pianta di una chiesa circolare

Il qeniè mahlèt della chiesa di Gorgorà Debra Sina

All’ingresso del meqdès è raffigurato l’angelo custode, che è uno dei sette arcangeli riconosciuti dalla chiesa etiopica: Michele, Gabriele, Raffaele, Raguele, Fanuele, Sacuele, Uraele.

Le pareti sono completamente decorate con dipinti. Il raccordo fra il meqdès quadrato e il tetto conico è fatto mediante un tamburo sul quale, nel registro superiore, è raffigurato Dio Padre inquadrato fra i Quattro Animali dell’Apocalisse (l’uomo, il leone, il bue e l’aquila), circondato dai ventiquattro Vegliardi del Cielo. Come nella Chiesa occidentale, i Quattro Animali rappresentano i quattro Evangelisti: l’uomo è Matteo, il leone è Marco, il bue è Luca, l’aquila è Giovanni.

Nel registro inferiore si vede la Vergine accanto a Cristo nel cosiddetto Chidàne Mehrèt, il Patto di Misericordia, che è un patto fra Maria e suo figlio, per il quale chiunque invocasse il nome di Maria, ne celebrasse la memoria o facesse opere di carità, sarebbe salvato dalle pene dell’inferno. Nella credenza degli abissini, questo è come un terzo o Nuovissimo Testamento per la salvezza del genere umano. Altri dipinti:

Il sacrificio di Isacco

La Natività

San Giorgio, protettore dell’Etiopia

Ciro e Giulitta

L’ingresso di Gesù a Gerusalemme

I Nove Santi, i primi evangelizzatori dell’Etiopia

Una delle finestre della chiesa

La Trinità è raffigurata con tre immagini uguali ed adiacenti di Dio, di solito con agli angoli i quattro Animali dell’Apocalisse. Questo è un frammento del dipinto originale.

La Crocefissione

La Crocefissione, particolare di Maria e Giovanni

Davide

Salomone

Maria fila la porpora con l'oro nel Tempio di Gerusalemme

Il martirio di Pietro e Stefano

Il giro delle chiese 

La visita delle principali chiese del lago Tana può essere fatta, piuttosto velocemente, in quattro giorni. E’ necessario prenotare il barcone presso la Marine Authority di Bahr Dar o di Gorgorà. In queste due località si può pernottare in albergo, mentre per gli altri giorni è necessario organizzarsi con una tenda.

Il barcone della Marine Authority. Sullo sfondo si vede una delle isole.

Un itinerario potrebbe essere il seguente, con partenza da Bahr Dar:

Il giro dei principali monasteri

La prima tappa è la chiesa di Debra Mariam, sull’isola omonima, fondata sotto il regno di Amda Tsiòn, XIV secolo. Vi si trova uno stupendo evangeliario miniato del tempo di Fasiladès, un altro del XIV secolo, oltre ad altri codici miniati e croci antiche. Proseguendo verso nord si può visitare la chiesa di Medhanie Alem sull’isola di Rema, dell’inizio del XV secolo, ricchissima di dipinti e libri antichi, dove è sepolta la santa etiopica Uolettè Petròs, che era stata perseguitata da Susinios per non aver aderito al cattolicesimo. Più avanti si trova l’isola di Misilè, con la chiesa varie volte ricostruita di Fasiladès, un monaco venuto da Antiochia, probabilmente del XIV secolo, e poi la chiesa di Qirqòs (Quirico o Ciro), sull’isola di Tsanà. Qui, secondo la tradizione, è stata conservata per sei secoli l’Arca dell’Alleanza prima di essere portata ad Aksum. Nell'isola avrebbe anche soggiornato per tre mesi e dieci giorni la Sacra Famiglia durante le persecuzioni di Erode, e il santuario sarebbe stato fondato dai re aksumiti Abrahà e Atsbhà nel IV secolo. L’isola di Ciaclà Manzò, poco più a nord, è stata la residenza di Iassu il Grande, che qui è stato assassinato. Sulla terra ferma, di fronte a Ciaclà Manzò, altra residenza di Iassu, si trova la chiesa di Cristòs Samrà, nascosta in un bosco sacro. La chiesa dell’isoletta di Metrahà conserva un bel codice miniato del XVII secolo. Il viaggio prosegue con la visita a Gorgorà Debra Sina, e poi a Mariam Ghemb, il Castello di Maria. Qui, su un promontorio sul lago, i missionari gesuiti avevano costruito, negli anni 1619-21, un palazzo per il re Susinios, con a fianco una grandiosa cattedrale. Dei pochi resti ancora in piedi alcuni anni fa, ora non rimane che una piccola parte della navata, destinata a crollare a causa del tempo e dell’incuria.

Questo è quello che rimane della chiesa di Mariam Ghemb

Nella parte centrale del lago vi è la chiesa di Narga Sellassiè, fondata dall’imperatrice Mentuàb nel 1746. E’ costruita in stile gondarino, decorata con innumerevoli dipinti del secondo periodo di Gondar, iniziato intorno al 1750. Ad est di Dek, sulla sommità dell’isola di Degà, si trova un rinomato convento dedicato a S. Stefano, la cui chiesa è a pianta rettangolare anziché rotonda, fondato ancora una volta nel XIV secolo. Nella chiesa sono sepolti il negus Zera Iacòb, Fasiladès e suo figlio Izur, e vi si trova dipinta una splendida Madonna che nutre il Bambino che data  dai tempi di Zera Iacòb (XVI secolo).

L'isola di Degà

Due soste sono necessarie nella penisola di Zeghiè, dove si trova il convento fondato da Batra Mariam, Scettro di Maria, all’inizio del XVII secolo: a Mahàl Zeghiè per visitare le chiese di Batra Mariam e di S. Giorgio, e ad Ura per la chiesa di Chidàne Mehrèt. Oltre ai bellissimi dipinti, le chiese conservano antiche corone imperiali e pregiati manoscritti.

Zeghiè

L’ultima visita è all’isola di Chebràn, che nasconde alla sommità la chiesa di S. Gabriele, ricca di codici miniati.

 

 
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