Arturo Mezzedimi: Architetto dai volumi "spaziali" africani |
L’affermazione internazionale dopo il “Palazzo Africa” |
Enrico Mania, 21-3-07 |
Non è esagerato affermarlo, ma il senese Arturo Mezzedimi, decorato, fra i molti riconoscimenti avuti, del Mangia della sua città, ha, professionalmente parlando, occupato nel “Corno d’Africa” per le molte opere realizzate un suo spazio. Infatti, egli ha introdotto una formula moderna dei volumi architettonici, messi in risalto al massimo nei corridoi dei “passi perduti” (all’esterno della sala circolare delle assemblee del Palazzo Africa). Questi eterei volumi sono contrapposti alla incisività delle strutture, rigorosamente indicanti formule architettoniche nuove e, in un certo modo, accattivanti. La formula concettuale è tutta qui: racchiusa in un’ampiezza senza confini; spazio vasto, addirittura spaziale, dagli orizzonti infiniti, come lo sono i deserti e come rimane travolgente e affascinante il continente. Una sobrietà arcaica, insomma, che impone un certo rispetto. Il “male” d’Africa, credetemi, esiste. Qui, in questo silenzio quasi claustrale dei suoi corridoi, sembra voler imporre agli uomini di potere africani, che parlano ma non disturbano, discutono ma non l’avvertono, l’atmosfera sovrastante che domina anche nei pannelli della fauna e dei boschi africani, pannelli dovuti alla maestria della pittrice Nenne Sanguineti. Di quest’ultima accenno solo alla sua opera per parlarne e per scriverne in una delle prossime opportunità. Per ora non mi allontano dal tema sull’autore degli spazi e dei volumi del complesso architettonico, battezzato “AFRICA HALL” o “PALAZZO AFRICA”di Addis Abeba, dove ai giorni nostri si riunisce la stessa Unione dell’Africa, sulla falsariga delle finalità perseguite dall’Unione europea. Un edificio che continua ad avere il suo indiscusso prestigio. Pochi giorno dopo l’inaugurazione ufficiale, avvenuta il 25 maggio 1963, mi sono trovato a subire un sermone, si fa per dire, dell’ingegner Mario Fanano, coinvolto per la cronaca pubblicata su “IL QUOTIDIANO ERITREO” in una situazione imprevista: il progetto, appunto, del “PALAZZO AFRICA”. Si trattava di questo: Lo “Studio Fanano-Mezzedimi”, sorto qualche anno prima ad Asmara, primeggiava nella progettazione di scuole, chiese, industrie, ospedali, in Eritrea e nel resto dell’Etiopia. Capitò anche lo studio e la progettazione del ”PALAZZO AFRICA”. Nulla di male. Il lavoro assegnato allo Studio significava l’apertura a progetti e direzione dei lavori di fama internazionale. Ad Arturo Mezzedimi, che aveva svolto il lavoro di preparazione e aveva plasmato le idee in una bozza di base, con viaggi continui ad Addis Abeba, a New York alla sede dell’ONU e in Europa, per rendersi conto delle effettive necessità da soddisfare, non sarebbe dispiaciuto poter firmare da solo il progetto, pur lasciando inalterati gli interessi economici. I due soci dello Studio avevano condotto a termine molti lavori e avevano ottenuto un indiscutibile prestigio. Si trattava di un binomio efficiente: l’ing. Mario Fanano, noto polemista anche giornalistico, per i calcoli, e l’arch. Arturo Mezzedimi, per la progettazione. Uno, insomma, integrava l’altro. Soltanto che, per il nuovo progetto, le ambizioni di Mezzedimi richiedevano più spazio. La sua esplosiva voglia di esprimere da solo le innovative formule architettoniche richiedeva condizioni senza vincoli e legami di qualsiasi natura. Questo avvenne nel e per il “PALAZZO AFRICA” o “AFRICA HALL”. Per il “PALAZZO AFRICA”, lo Studio esisteva solo in privato: il progetto maturava e lo sentiva soltanto Arturo Mezzedimi. Ovviamente, i due professionisti si accordarono: Arturo desiderava attuarlo da solo. Desiderava essere, tanto per usare un termine molto in uso, “single”. E si accordarono sui vantaggi economici, che avrebbero continuato ad essere, come sempre, divisi a metà. La realizzazione dell’opera venne affidata all’impresa Luigi Varnero, ancora di Asmara. Accordo fatto, e Mario passò quei mesi di impegno totale godendosi, me lo disse lui, nel clima dorato di Montecarlo, una prolungata vacanza. Per Mezzedimi fu un impegno gigantesco, dovuto in parte al suo volitivo carattere, non disgiunto dall’impegno di portare a termine l’impresa: mettere soltanto il proprio nome inciso nella targhetta murata all’ingresso del grande emiciclo frontale, occupato dai servizi stampa, dalle salette per conferenza, il grande bar e l’emporio dei souvenir realizzato dall’E.T.O. (Ethiopian Tourist Organization). Dalla parte posteriore si accedeva alla scala e agli ascensori che portavano i capi di stato e di governo, i ministri, ecc. al centro dell’edificio multipiano costruito per ospitare i dipartimenti della C.E.A. (Commissione Economica dell’Africa). Attorno e dentro il complesso del “PALAZZO AFRICA” si muoveva, e si muove ancora, l’”indotto”, internazionalmente parlando, oltre ad un’articolata e complessa “officina” di programmi economici, industriali e politici destinati all’Africa e per gli africani. Si era, infatti, agli inizi degli anni Sessanta, e fu quello un decennio da ricordare per i molti paesi che ottennero l’affrancamento totale dalle potenze coloniali. In Etiopia ci fu il tentativo fallito della Guardia imperiale del colpo di stato, guidata dal generale Menghestù Nuai; il 14 novembre del 1962 la soppressione della Federazione dell’Eritrea e la sua totale inclusione nel sistema amministrativo dell’Impero. Ma, soprattutto, il 25 maggio del 1963, l’inaugurazione del “PALAZZO AFRICA”. Sull’effetto “PALAZZO” Haile Sellassie ci contava, tanto che ogni giorno concludeva la sua giornata lavorativa con una visita al progresso dei lavori eseguiti dall’impresa, sotto l’attenta vigilanza di Mezzedimi. Mezzedimi aveva nelle mani un progetto di ampio respiro e di proporzioni mondiali, in un’area cittadina destinata ad altri grandi progetti: Palazzo del Giubileo, il nuovo Ministero degli Affari Esteri, tutti ubicati in un viale rappresentativo della capitale, che portava (e porta tuttora) al Vecchio e dominante Ghebbì (realizzato al tempo di Menelik). E poi, ancora, all’Albergo Hilton, al Ministero della Pubblica Istruzione, alla Cattedrale della Trinità (che è il “Panteon” dell’Etiopia), all’Ospedale Menelik, all’Università Haile Sellassie, alla Caserma della Guardia, all’Ambasciata degli Stati Uniti, oltre a due dei principali monumenti: della Liberazione, e l’altro dedicato alla data che ricorda l’eccidio fascista di “Yecatìt Asrahulèt”. È, senza dubbio, il centro di Addis Abeba, e il suo influsso si sarebbe esteso nei cinque continenti, come sede della nascente agenzia continentale delle Nazioni Unite per l’Africa (CEA) e dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA). Cambia il vincolo del legame e, più che Commissione e Organizzazione, si parla ora di Unione, come si sono sostituite alle vecchie le nuove generazioni di uomini. Nel continente poi esistono immani problemi, come la grave epidemia dell’”Aids”, la mancanza congenita di strade, le endemiche rivoluzioni, la carenza di scuole, la mancanza di viveri con la crescita esplosiva della popolazione. Dopo il “PALAZZO AFRICA”, lo Studio tornava ad essere quello del tempo giovanile del titolare unico: lo “STUDIO”, appunto, dell’architetto Arturo Mezzedimi, dove si progettava. E sorgeva, nella parallela sezione staccata della capitale, un nuovo impegno per un altro edificio di prestigio: il “PALAZZO DI CITTA’’”, inaugurato dalla regina Elisabetta nell’8 gennaio del 1965, in quei giorni in visita ufficiale ad Addis Abeba. E poi? Poi, le ville imperiali: sul lago Tana, a Bahr Dar, e in molti altri luoghi. Ritroviamo ad Agordat il nuovo Ospedale e la nuova moschea, a Massaua il nuovo ospedale e l’Accademia della Marina, oltre al “Red Sea Hotel”. Vanno, inoltre, elencate la nuova cattedrale di Axum, le chiese, costruite ad Asmara, ad Addi Ugri, a Taulud (Massaua); e le scuole diffuse un po’ ovunque. Mezzedimi ha dilagato nel “Corno d’Africa” e si è proteso autorevolmente anche nella penisola arabica, a Sana’a, capitale del Yemen, dove firma il progetto dell’attuale Palazzo del Presidente della Repubblica yemenita. Il suo nome, ormai, si afferma e si è attestato in tutti i paesi della regione. Diventa proprietario a Siena dello storico “Palazzo Marsili”, uno dei mille e più edifici che abbelliscono la vecchia e storica città toscana. Finché le rivoluzioni, o involuzioni, si sono seguite con una frequenza ragguardevole, Mezzedimi ha mantenuto, fra l’altro, un corso di architettura all’Università di Asmara. Poi ha lasciato, soprattutto arreso dall’età con qualche acciacco, nelle mani del figlio Sergio, pure architetto, il testimone per proseguire.
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Il Palazzo Africa ad Addis Abeba
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Sala delle Assemblee
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Il Municipio di Addis Abeba |