Libri vecchi e fatti strani

Nicky Di Paolo, Dicembre 2012

 

 

Alcuni anni or sono nella prefazione di un libro di racconti, sostenni la teoria di alcuni studiosi secondo la quale a certi individui succedono più cose che ad altri, rendendo la vita dei primi piuttosto movimentata. A distanza di anni sono sempre d'accordo con quella teoria spiegandola semplicemente col fatto che questi soggetti sono molto più iperattivi e quindi hanno molte più possibilità degli altri di vivere numerose esperienze. Quella che mi è capitata di recente è senz'altro da riferirsi al fatto che sono piuttosto agitato e trovo sempre qualcosa da fare. Per esempio frequentare i mercati dell'antiquariato e visitare i magazzini dei raccoglitori dell'usato è uno dei miei tanti passatempi e capita di frequente che trovi qualcosa di interessante. Una delle mie passioni è la lettura e non manco mai di rovistare fra i vecchi libri esposti nelle banchine delle fiere o nei negozi degli antiquari alla ricerca di libri risalenti dalla fine dell'ottocento fino ai primi del novecento e che trattino tematiche inerenti il Corno d'Africa. In tanti anni di ricerche ho raccolto circa 500 di questi libri che sono stati oggetto di piacevole lettura ed oggi li uso  come testi di consultazione. Un paio di mesi fa alla fiera antiquaria che si svolge ogni prima domenica del mese ad Arezzo e che di solito visito volentieri, in un banco di libri vecchi, ordinati con cura da un espositore veneziano, scorsi un gruppetto di testi inerenti alle ex colonie italiane del Corno d'Africa. Piacevolmente sorpreso, lessi i titoli e giudicai le condizioni dei volumi. Di un paio ero già in possesso, un altro era ridotto male e mancavano molte pagine, mentre uno era praticamente intonso, mancava nella mia biblioteca ed il prezzo era decisamente equo. Per € 25 mi portai a casa “Primi Passi in Africa” di Giuseppe Mastrobuono,  pubblicato a Roma nel 1954. Come è mia abitudine, riposi il libro in biblioteca in attesa del momento giusto per prenderlo in mano. Una domenica piovosa e fredda tirai  giù alcuni volumi da consultare per preparare un articolo sull'Eritrea. Mi misi tranquillo al lavoro, quando dal libro di Mastrobuono cadde per terra un cartoncino; incuriosito mi inchinai a raccoglierlo e rimasi sbigottito quando realizzai che si trattava di una vecchia cartolina postale datata 27 novembre del 1971. Scritta a mano con un carattere piccolissimo era indirizzata a Iginio di Paolo, via dei Cappuccini 108 Siena e firmata monsignor Albino Testa Padre Zenone. Prima di leggere, la rigirai più volte fra le mani, incredulo di ciò che stavo vedendo. Non c'erano dubbi di sorta il destinatario della cartolina era mio padre e il mittente era Monsignor Testa che era stato prima parroco di Ghezza Banda con il nome di Padre Zenone, quartiere dell'Asmara, e poi Vicario Apostolico in Eritrea.

Nella nostra casa, all'Asmara, questo religioso era considerato un amico: aveva uno stretto legame con mio padre che era presidente dell'Azione Cattolica Eritrea. Ha visto nascere e crescere me e le mie sorelle e ci è stato sempre vicino considerandoci più dei parenti che dei parrocchiani: il contenuto dello scritto era un sunto delle sue vicende vissute di recente. La nostra famiglia era rimpatriata nel 1968 e Monsignor Testa era rientrato in Italia due anni dopo per ragioni di salute.

Ma come aveva fatto a finire dentro quel libro quella cartolina? Non riuscivo a trovare un filo logico per una missiva dove il mittente ed il destinatario erano ormai defunti da alcuni anni. Mio padre era così geloso della sua corrispondenza, da tenerla in una cartella rinchiusa in un mobile e mai e poi mai avrebbe lasciato fuori una cartolina del suo caro amico Vescovo. Quando mio padre morì nel 1993, presi io in custodia la sua corrispondenza e la conservo ancora con una particolare accuratezza. C'è di tutto, perfino una lettera del Papa che risponde ad una proposta di mio padre di modificare una parola dell'Ave Maria. Ci sono decine di lettere di corrispondenza con Padre Pio da Pietralcina, particolarmente amato da mio padre. Quella cartolina come era potuta uscire da quell'archivio? Mio padre non aveva mai venduto libri di casa in vita sua e il volume di Mastrobuono non era mai stato prima nella nostra biblioteca.

Rimasi fermo con la cartolina in mano, cercando una giustificazione accettabile quando, rigirando il libro in basso e scuotendolo alla ricerca di qualcos’altro, un foglio di carta ripiegato se ne scese leggiadro verso il pavimento. Mi affrettai a raccattarlo e mi resi subito conto che era scritto da una parte e dall'altra con una grafia minuta ma inimitabile: era la penna di mio padre che aveva riempito due pagine copiandole da un articolo di Zichichi sulla morale della scienza e pubblicato su un numero di Gente dell’Aprile del 1982. Sempre più frastornato da quello strano evento lessi ciò che aveva copiato mio padre e compresi subito che lo scritto era destinato a me, ma in vita sua, per qualche strana ragione, non me lo aveva mai consegnato.

Ma perché copiarlo? Perché non segnalarmelo o ancor più semplicemente donarmi una copia della rivista?

E poi quale nesso avevano la cartolina e il manoscritto all'interno del libro di Mastrobuono? Per quale strana ragione erano giunte nel Veneto?
Quante probabilità potevano esistere che io acquistassi in una fiera antiquaria un libro vecchio con delle missive interne che mi riguardavano personalmente?

A tutte queste domande non ha trovato risposte. Una delle mie sorelle, commossa da quest'evento, ha portato libro e missive a un convento di frati camaldolesi con la speranza che ci aiutassero a fare luce su questo strano fatto. La risposta è stata laconica: “ Igino ha battuto un colpo". Personalmente, ostico come sono verso la religione, continuo a cercare di trovare altre spiegazioni.

 

Nicky Di Paolo

 

 

 

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