Henry de Monfreid

Giorgio Barani, gennaio 2006

 

Quando nell’ormai lontano 1983 mi trasferii a Gibuti per ragioni di lavoro, un distinto signore dancalo, mostrandomi il nuovo appartamento che mi accingevo a prendere in affitto, mi disse < Ma lei lo sa chi abitava in quella casa di fronte? > io lo guardai senza rispondere e lui aggiunse < signor Barani voi avrete l’onore di abitare vicino alla casa che fu un tempo di Henry de Monfreid>. Sicuramente non era vero e cercava probabilmente di giustificare almeno in parte l’esosa pigione, ma ciò ebbe per me un certo effetto.

Conoscevo bene, tramite la lettura dei suoi libri, Henry de Monfreid, il quale assieme a Rimbaud  aveva alimentato sin dalla mia infanzia il desiderio d’avventura ed il rifuggire una vita  fatta di ipocrisie e luoghi comuni .

Trattai senza troppa convinzione il prezzo, ottenendo un lieve sconto e decisi di trasferirmi in quell’appartamento. Così iniziò la mia avventura nel Corno d’Africa dove rimasi, anche se non ininterrottamente,  per oltre dodici anni.

Il nostro personaggio nasce il 14 novembre 1879 a La Franqui-Leucate (Aude) da George-Daniel de Monfreid e Amélie (Marie Emilie) Bertrand; il padre George-Daniel, pittore ed incisore, frequentava i circoli artistici parigini della fine del XIX secolo ed era grande amico di Gauguin, col quale intrattenne un fitto carteggio, specialmente durante i suoi soggiorni esotici1; fu proprio il padre ad infondere ad Henry l’amore per il mare portandolo sin da bambino a vogare.

I suoi genitori però si separano nel 1892 ed è la madre che si prende cura del giovane Henry, il quale frequenta il liceo a Carcassonne, poi a Parigi gli studi superiori, ma fallisce miseramente, con grande rincrescimento della madre che voleva diventasse ingegnere.

In quel periodo incontra Lucie Dauvergne, già madre di un bambino, la quale gli darà nel 1905 il  primo figlio, Marcel.

La sua vita è abbastanza anonima, anche se movimentata: cambia diversi mestieri, autista, chimico presso la ditta Maggi; nel 1906 sempre per la stessa ditta  è capo servizio responsabile della raccolta della panna, l’anno dopo si stabilisce a Fécamp.

Questa città sarà per lui fatale: la vicinanza del mare ha un effetto immediato, esce spesso con la barca, il suo amore per la navigazione si rafforza, lo tempra e lo proietta verso nuovi orizzonti e verso  nuove avventure.

Nel 1908 si licenzia dalla ditta Maggi, acquista una cascina presso Melun per produrre e commercializzare il latte, ma nel giro di due anni la vende anche a causa di problemi con la giustizia per una storia di latte adulterato: si separa da Lucie, ormai vuole cambiare totalmente vita. L’Africa lo attira, vuole rifarsi una vita nelle colonie: nel frattempo si ammala, incontra quella che sarà la sua nuova compagna, Armgart Freudenfeld, figlia del governatore tedesco dell’Alsazia occupata, poi un amico gli trova un lavoro a Gibuti presso la ditta Guigniony, per la quale commercia in caffè e pellame: è l’anno 1911.

Da ora ha inizio la vita  leggendaria di  questo avventuriero che per decenni ha bazzicato le rive del Mar Rosso, una vita che può essere considerata  essa stessa un romanzo, da lui raccontata in una settantina di libri. 

Per conoscere meglio cos’era Gibuti all’epoca di Henry de Monfreid, riporto una mia traduzione di un bellissimo passo tratto dal suo famoso libro I segreti del Mar Rosso.

Quarant’anni fa Gibuti era una penisola di sabbia, terminante con un isolotto di madrepore morte dove rari pescatori andavano a cercare rifugio durante le giornate di gran vento. La frangia costiera è coperta dalle acque di un largo canale,  che da accesso ad un vasto bacino naturale. A 6 chilometri all’interno, un’oasi indica la presenza di falde acquifere.

Oggi, Gibuti appare come una città tutta bianca dai tetti piatti. Quando la si vede emergere all’orizzonte, all’avvicinarsi del piroscafo, sembra galleggiare sul mare: poi, a poco a poco, si intravedono serbatoi metallici, braccia di gru, cumuli di carbone, infine tutte le schifezze che la civiltà occidentale è condannata a portare ovunque con sé.

A destra, montagne grandi e cupe si ergono come una gigantesca muraglia dall’altro lato del golfo di Tagiura. Le loro alte falesie di basalto difendono questo misterioso paese dancalo, ancora inesplorato e popolato da tribù ribelli.

Dietro la città, un deserto di lava nera, coperto da cespugli spinosi, estende su una superficie di 300 chilometri un’inesorabile solitudine fino all’altopiano dell’Harrar.

La civiltà si arrende davanti a questa natura selvaggia che non dà nulla per la vita delle sue creature. Solo gli Issa, selvaggi e crudeli vi vivono da nomadi, con la lancia ed il pugnale sempre pronti per finire il viaggiatore bianco che il sole non abbia ancora ammazzato.   

Tuttavia,  un esile nastro di ferro attraversa questo paese torrido: è la ferrovia Gibuti-Addis Abeba.

Gli uomini coraggiosi che hanno perso la vita durante la sua costruzione sono ormai dimenticati. Chefneu, che fu il promotore di questa opera francese, è morto in miseria.

Dopo alcuni anni di lavoro con Guigniony, Henry de Monfreid comprende bene quali possano essere gli affari che rendono in quel paese: infatti a parte un certo movimento di transito, grazie alla ferrovia ed al porto, Gibuti viveva praticamente del contrabbando delle armi.

Purché si pagassero i diritti di dogana, l’esportazione era libera .

In teoria le armi dovevano avere destinazione Mascatte dove un commerciante francese di nome Dieu aveva una fattoria e in virtù di un trattato commerciale con il sultano del posto dava un’apparenza di legalità a questo tipo di commercio con Gibuti: in pratica però le armi venivano vendute ovunque.

Cosi nel 1913, de Monfreid  si licenzia, parte per la Francia, il mese di agosto sposa Armgart Freudenfeld, conosciuta anni prima, ed in ottobre riparte di nuovo per Gibuti, senza moglie, ma con un carico di armi.

Si installa a Gibuti, poi successivamente a Obock, acquista un butro, commercia in armi, in hashish e si dedica anche alla pesca delle perle, rischia più volte la vita e dopo una violenta tempesta nel Mar Rosso si converte all’Islam e prende il nome di Abd el Hai. Intanto il 15 aprile 1914 a Port-Vendres nasce la  prima figlia, Gisèle.

I suoi commerci si fanno sempre più azzardati ed il 23 dicembre viene incarcerato a Gibuti con l’accusa di traffico d’armi e violazione dei codici doganali: uscirà di galera il 25 marzo 1915.

Nel frattempo essendo stato esonerato dal servizio militare intraprende nel Mar Rosso alcune missioni di spionaggio contro i Turchi, forse con il tacito assenso del governo francese.

Va in Grecia per acquistare hashish e lo rivende in Egitto, continua a praticare lo spionaggio e nel 1916 chiama la moglie Lucie e la figlia Gisèle a vivere con lui a Obock, dove nel 1921 nascerà Amélie e nel 1922 Daniel.

La loro casa ad Obock  verrà così descritta da Gisèle de Monfreid nel libro Mes Secrets de la Mer Rouge, pubblicato nel 1981:

Notre Maison était composée d’un rez-de-chaussée formant une galerie qui soutenait un étage. Celui-ci était occupé par une vaste pièce qui servait de salle à manger et de salon.

L’ensemble s’ouvrait sur une grande terrasse dominant la mer où nous prenions notre petit déjeuner et notre dîner ; ainsi nous avions le privilège d’assister au lever et au coucher du soleil. Au bout de l’étage, la chambre de mes parents était prolongée par un cabinet de toilette et par l’emplacement de mon lit.

Mais le rôle principal, dans cette demeure, était tenu par l’escalier reliant les deux niveaux.

Il commandait toute la vie de la maison et devait sa popularité aux craquements de ses marches : impossible de l’emprunter sans alerter tout le monde…

A peine installée, ma mère s’organisa. Elle savait décorer avec des riens et faire naître autour d’elle le bien-être familial.

Elle tendit les murs d’étoffes indiennes et couvrit le plancher de tapis anciens rapportés par mon père des ports du Yémen.

Des meubles, parmi lesquelles des fauteuils en osier, furent commandées à Djibouti ; par miracle on trouva aussi un piano, chez un colon qui devait regagner la France.

Due anni dopo l’arrivo della sua famiglia a Obock, viene imprigionato dagli Inglesi a Berbera per traffico d’armi, ma viene subito liberato e scagionato. Nel 1923  piazza a segno un colpo da maestro: vende 12 tonnellate di hashish in Egitto in barba agli Inglesi e con il ricavato compra una centrale elettrica ed un mulino a Dire Daua in Etiopia.

Finalmente può dire di essere diventato un imprenditore e  scrivere sul suo biglietto da visita “Henry de Monfreid, industriel, usine elecrique et minuterie, Dire-Daua, Abyssinie”.

La vita dell’imprenditore, borghese e di routine non è adatta al suo temperamento e cinque anni dopo è di nuovo arrestato a Gibuti con l’accusa di traffico di stupefacenti e di assassinio: resterà in galera cinque mesi ed infine viene rimesso in libertà completamente scagionato.

A partire dal 1928 fino alla fine della seconda guerra mondiale sarà  tutta una serie di avventure, nel 1933 pubblica il suo libro Vers les terres Hostiles de l’Ethiopie che comporta la sua espulsione dal paese da parte di Hailé Selassié.

Diventa reporter di guerra, prima in Yemen poi al seguito delle truppe italiane durante il conflitto italo-etiopico, al termine del quale e a causa della dichiarazione di guerra tra Francia e Italia rifiuta di lasciare l’Etiopia. Nel 1942 viene arrestato dagli inglesi con l’accusa di spionaggio e deportato in Kenia  come P.O.W. matricola n° 79137.

Il generale Silvio Campioni mi raccontò di averlo conosciuto in Etiopia proprio in  quel frangente,

< Eravamo su un camion, pieno di soldati e ufficiali italiani: per ultimo un  inglese accompagnò  un uomo ossuto, che salì con noi e disse di chiamarsi  Henry de Monfreid. Trovammo la cosa strana essendo un francese, ma fu  portato in Kenia assieme a noi>.

Ottenuta nel 1947 la liberazione, ritorna in Francia e si stabilisce a Ingrandes (Indres), ma nel 1951 ha di nuovo problemi con la giustizia, questa volta francese, per uso di stupefacenti. Nonostante l’età ormai avanzata, mantiene sempre il consueto spirito avventuroso. Infatti  nel 1958 settantanovenne, assieme al figlio Daniel tenta di raggiungere l’isola Maurice partendo dalla Réunion. Per dieci giorni viene dato per disperso: poi com’è sempre stato nel suo solito, riappare improvvisamente come dal nulla, sano e vegeto.

Suo figlio Daniel che ha ricevuto dal padre la passione per il mare e per la tecnica di costruzione delle barche, progetta e costruisce un veliero che chiama Obock ed assieme all’illustre genitore compie il viaggio Le Havre-Bordeaux: è l’anno 1962.

Sarà la sua ultima avventura importante: gli anni successivi seguirà la preparazione del telefilm I segreti del Mar Rosso e nel 1970 esce il suo ultimo libro, forse il settantesimo, Le feu de Saint Elme.

Muore a Ingrandes  il 14 dicembre 1974 all’età di 95 anni.

 

Bibliografia principale in lingua francese

Les Secrets de la Mer Rouge, Grasset, 1931.

Aventures de mer, Grasset, 1932.

La Croisière du hachich, Grasset, 1933.

Vers les terres Hostiles de l’Ethiopie, Grasset, 1933.

Le Naufrage de la <Marietta>, Grasset, 1934.

L’Ile aux perles, Grasset, 1935.

Le Drame éthiopien, Grasset, 1935.

Evasion sur mer, Grasset, 1935.

Trafic d’armes en Mer Rouge, Grasset, 1935.

Les Guerriers de l’Ogaden, N.R.F.,1936.

Le Masque d’or (le dernier négus), Grasset, 1936.

Le roi des abeilles, N.R.F., 1938.

L’Homme sorti de la mer, Grasset, 1951.

Ménelik tel qu’il fut, Grasset, 1954.

Wahanga (La vallée de la mort), Grasset, 1955.

Le Trésor des flibustiers, Grasset, 1961.

L’homme aux yeux de verre, Grasset, 1965.

La Croix de fer forgé, Grasset, 1966.

Le Feu de Saint-Elme, Laffont, 1973.

 

Edizioni italiane dei libri di Henry De Monfreid pubblicati nell’anteguerra

I segreti del Mar Rosso, Milano, Editrice Genio, 1933.

Luce sull’Abissinia, Milano, Editrice Genio, 1935.

Verso le terre ostili dell’Abissinia, Milano, Editrice Genio, 1936.

La guerra nell’Ogaden, Milano, Editrice Genio, 1936.

La crociera dell’Hascisc, Milano, Omero Marangoni Editore, 1939.

I segreti del contrabbando. All’inseguimento del “Kaipan”, Milano, Omero Marangoni Editore, 1939.


 

1)

7  novembre 1891

Mio caro Daniel,

Sto per credere che mi si dimentichi proprio a Parigi, non ho notizie, vivo molto solo e non parlo che quel po’ di Tahitiano che so. Sì, caro mio, non una parola di francese…

Paul Gauguin

 

Giugno 1892

Mio caro Daniel,

Per fortuna è venuta la vostra lettera, altrimenti niente posta questa volta. Non una notizia dall’Europa.

Cosa insolita, sono stato in un posto a 40 km dal mio, per vedere il Governatore, per tentare di farmi dare un passaggio per la Francia; 45 franchi appena mi restavano in tasca…

Cordialmente, il vostro

Paul Gauguin

 

Fine dicembre 1892

Mio caro Daniel,

Questa volta ho poco da dirvi. Un vero disastro. Cinquanta franchi in tasca e niente in vista all’orizzonte. Se anche il Ministero risponde positivamente per il viaggio, non lo saprò che alla fine di marzo, al più presto. Che fare?… Ho riflettuto bene, al mio ritorno sarà bene che lasci la pittura, che non può darmi da vivere…

Una stretta di mano

Paul Gauguin

 

Novembre 1896

Mio caro Daniel

Ricevo una sola lettera, la vostra. E’ già la terza volta che non mi arriva niente da Chaudet. E’ come dirvi che la mia situazione -già precaria- si fa sempre più insopportabile; mi fa male dover dire che occorre dar via a qualunque prezzo i quadri che mi appartengono. I Van Gogh si vendono con una certa facilità quando se ne riducono i prezzi…

Cordialmente

Paul Gauguin

 

Henry de Monfreid

Gibuti, mercato del legname, primi '900

Gibuti, veduta del porto, primi '900

Gibuti, mercato del bestiame, primi '900

Gibuti, una via principale, primi '900

Gibuti, Hotel des Arcades, primi '900

La casa di Henry de Monfreid a Obock

Gibuti, residenza del primo Governatore Leonce Lagarde

 
 

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