L'acquisto di Assab, l'esordio del colonialismo italiano |
Massimo Romandini, 21-7-05 |
Nel dibattito che, nella seconda metà dell'800, divise l'Italia tra sostenitori di colonie o penitenziarie o libere o politiche, fu la costa africana del Mar Rosso ad essere prescelta come base di un primo insediamento italiano. Di qui prese l'avvio quella che, dal 1° gennaio 1890, fu detta la Colonia Eritrea, il primo territorio coloniale in assoluto di tutta la storia italiana. Nel 1857 Leone Carpi aveva chiesto al governo piemontese di occupare una parte delle coste sud-occidentali del Mar Rosso1 e Giuseppe Sapeto, nel 1863, aveva scritto a Michele Amari, ministro dell'Istruzione, per consigliargli a sua volta l'occupazione di uno scalo nello stesso mare2. Del resto, era il tempo in cui l'apertura del Canale di Suez si approssimava sempre più e, a detta di molti, anche l'Italia avrebbe avuto da guadagnare dalla nuova via marittima3. Perché non ricordare allora Nino Bixio che, nel 1861, aveva sostenuto la necessità di stabilirsi in un porto del Mar Rosso, e sempre in vista dell'apertura del Canale di Suez? Bixio aveva parlato proprio di Assab, la località tutt'altro che paradisiaca che poi fu, nel bene e nel male, il primo insediamento italiano in Africa4. C'erano state anche alcune missioni in Mar Rosso, tra cui quella del 1867 affidata dal Menabrea, presidente del Consiglio, alla r. n. Ettore Fieramosca, comandata dal capitano di fregata Bertelli, ma l'iniziativa non aveva avuto nessun seguito, anche perché il Bertelli si era detto contrario all'occupazione di qualsiasi punto del litorale africano a sud di Suez, giudicato arido ed inutile5. L'idea di occupare una località del Mar Rosso era comunque destinata a divenire realtà di lì a due anni e per merito di Giuseppe Sapeto un ex missionario lazzarista che aveva raggiunto l'Etiopia, ovvero l'Abissinia, nel 1838, fondandovi le missioni cattoliche e alternando agli incarichi religiosi anche qualche mandato politico a favore della Francia (che all'epoca era la vera protettrice delle missioni in Africa). Propaganda Fide, nel 1861, non gli aveva rinnovato l'incarico per varie ragioni e Sapeto aveva deposto l'abito talare. Era poi tornato nel Mar Rosso per incarico del Ministero dell'Agricoltura Industria e Commercio ed era stato ricompensato dall'Amari con la creazione di un'apposita cattedra di “civiltà e lingua araba” all'Istituto tecnico di Genova6. Sapeto non aveva cessato di tentare la realizzazione dei suoi progetti nel Mar Rosso. Nel 1864, inaugurando a Genova il suo corso di lingua araba, aveva tenuto un discorso altisonante in cui è possibile cogliere alcuni passaggi interessanti: “Noi abbiamo assistito al Risorgimento d'Italia dal suo sepolcro millenario in mezzo d'immensa necropoli seminata di teschi di martiri. Ma ciò non basta. L'Italia sente tuttavia l'inerzia del diuturno suo sonno: il cuore le batte, ma lo spirito suo è tuttavia infiacchito da regolare torpore, la sua persona rifinita con le cicatrici, a malapena rimarginate... Ha di mestieri pertanto che il moto la vivifichi e raffermi in prosperosa esitanza, aitante col motto taumaturgico surge et ambula, sorgi, cammina e va' a lavorare nella mia vigna...; attendi al lavoro che ingagliardisce il corpo, che è l'alito puro delle virtù, la fonte della tua ricchezza e l'ancora di speranza di tua grandezza e potenza futura: surge adunque, et ambula, lavora, lavora, studia e sempre lavora”. 7 Questo era un invito ad agire al più presto, tanto più che - osserva Angelo Del Boca - "nel 1869, primo ministro il generale Luigi Federico Menabrea, conservatore e uomo di fiducia del re, i tempi sembrano ormai maturare per dar corso, seppure con grande prudenza, alla prima fase dell'espansionismo italiano"8. Il merito di iniziativa di Sapeto è innegabile e - avverte sempre Del Boca - anche gli ambienti politici italiani sono "ben disposti all'avventura coloniale", compresi la monarchia sabauda, il governo della Destra allora al potere e parte della borghesia mercantile. Nel maggio (o nel giugno) del 1869 Sapeto inoltrò al nuovo ministro dell'Agricoltura Minghetti9 un Memoriale in cui proponeva l'invio nel Mar Rosso di un console italiano e l'acquisto di una stazione mercantile e militare, con lo scopo di proteggere il commercio italiano. Sapeto sollecitava un pronto intervento, possibilmente prima dell'imminente apertura del Canale di Suez che avrebbe scatenato (come poi fu) nuovi appetiti franco-britannici sulle coste africane. Proponeva le località di Khur Amera sulla costa araba del mar Rosso o Dumeira sulla costa africana10. Sapeto, che "non si da pace se non trascina anche l'Italia sulle coste del Mar Rosso"11 ed ha ottenuto "benevole assicurazioni"12 da Minghetti, torna alla carica nel settembre del 1869, quando è imminente l'apertura del Canale. Porta, questa volta al Menabrea, un Promemoria che dovrebbe superare le lungaggini burocratiche dei Ministeri degli Esteri e dell'Agricoltura, ma avendo visto che le cose vanno sempre per le lunghe, si rivolge direttamente al re Vittorio Emanuele II tramite il ministro della Real Casa, Gualtiero. Il re prese a cuore il progetto ed appoggiò Sapeto presso Menabrea che lo ricevette personalmente13. A seguito di questo importante colloquio, il 6 settembre Menabrea scrisse a Riboty, ministro della Marina, per sostenere la proposta di Sapeto e chiedere la nomina di un ufficiale da affiancare al viaggiatore. Sette giorni dopo, il Ministro, d'accordo per la ricerca di "una possessione ove si fosse un porto di scalo che potesse sorgere a vedetta ed a difesa del nostro commercio" e per l'occupazione di "una stazione marittima", assicurava l'invio dell'ufficiale richiesto per la missione14. È facile immaginare l'entusiasmo di Sapeto che rischiava di essere vanificato dalla "scappatoia dell'audiemus te de hoc iterum", come egli stesso ebbe a temere15. Sapeto pensava probabilmente ad una località della costa asiatica del Mar Rosso, come è cenno tanto nel Promemoria a Menabrea quanto nella comunicazione riservatissima di questi a Riboty, del 6 settembre. Egli parlava di Amera o Omera, non lontano da Aden, col cui Sultano Ahmed ibn Taleb affermava di aver stipulato già un contratto di vendita16. Il designato della Marina quale compagno di Sapeto era il contrammiraglio Guglielmo Acton17, a cui sarebbero spettati il compito e la responsabilità di "scegliere il luogo più conveniente, sotto l'aspetto militare e commerciale, a stabilimento di colonia". Il 2 ottobre seguente Sapeto, presenti due funzionari del Ministero della Marina, firmò la convenzione segreta con la quale si impegnava concretamente col governo: "Dichiaro primieramente che dal R. Governo italiano ebbi incarico di comperare sulle coste dell'Asia o dell'Africa quei terreni, spiaggie, rade, porti o seni di mare che mi sembrino adatti allo scopo indicatomi". Per le spese indispensabili "mi vennero dal Governo medesimo somministrati i fondi necessari... essendomi stato aperto per tali compere un credito di lire ottantamila sovra una casa bancaria di Alessandria d'Egitto. Conseguentemente mi obbligo di fare le dette compere a conto e per mandato del Governo italiano... dichiarando... che ogni terreno, spiaggia, eccetera che io acquisterò, devo cedere in proprietà del medesimo, obbligandomi ad immetterlo nel possesso di ogni cosa da me comprata e a rinunziare, come con la presente rinunzio, ad ogni diritto di cui venissi rivestito per effetto dei contratti di acquisto i quali, sebbene firmati da me, si intendono stipulati per incarico e conto del Governo medesimo, non essendo io in ciò che un semplice mandatario"18. Come si vede e a scanso di ogni equivoco, Sapeto agiva per conto e per mandato del Governo italiano; solo in un secondo momento e con sorpresa di Sapeto spunterà il nome dell'armatore Rubattino, che si apprestava ad aprire proprio allora le vie di navigazione da Genova all'India attraverso il Canale di Suez. Quindi, l'esame dei documenti dimostra la "chiara volontà del governo di effettuare in nome proprio gli eventuali acquisti"19; chiarisce anche che Sapeto, il quale credeva dì essere il solo protagonista dell'impresa almeno per certi aspetti, si sarebbe presto trasformato, suo malgrado e per un processo occulto (sono parole del viaggiatore), in "agente del signor Rabattino"20. Sapeto e Acton (questi in incognito) partirono da Brindisi il 12 ottobre 1869 e raggiunsero il Cairo dove non trovarono l'apertura di credito pattuita, ma ripresero ugualmente il mare attraverso i festeggiamenti per l'inaugurazione del Canale e toccarono Aden il 6 novembre. Qui appresero che Amerà sulla costa araba era stata già accaparrata dagli Inglesi (ma la notizia non era vera) e scartarono l'ipotesi di una occupazione di Sceck Said, non lontano da Aden, di cui si era impossessata una compagnia francese. A questo punto, Sapeto e Acton si diressero a bordo di una saiah araba (un'imbarcazione a un solo albero con vela latina) verso la costa africana del Mar Rosso. Scartarono Dumeira per i fondali troppo bassi e scelsero Assab con piena approvazione dell'Acton, supervisore del lato tecnico in tutta la faccenda21. Varie le motivazioni addotte da Sapeto per giustificare la scelta di Assab22 e che si possono riassumere con le sue stesse parole: "1. La sua vicinanza allo stretto di Bab el-Mandeb e il suo facile approdo indicato dall'isola elevata di Sennabiar e dai monti tagliati a sella, che additano da lontano il capo Lumah. 2. La sua posizione rispetto a Mokha e Hodeida, empori dello Jemen, con i quali può comunicare con tutti e due i monsoni. 3. L'attitudine sua a diventare, come già fu nell'alta antichità, l'emporio dell'Arabia e dell'Abissinia, potendovi far capo le carovane che ora vengono a Massaua, Ras Bailul, Raheita, Tagerrah e a Zeila" 23. Giova ricordare che - sottolinea il Battaglia - nessuna potenza europea ha messo ancora piede su quel litorale e che almeno al momento non si prospettano incresciose controversie internazionali. Il luogo è nelle mani di sultanelli locali, che dipendono solo formalmente dal Sultano Anfari dell'Aussa (regione ad alcune giornate di marcia da Assab), che è ritenuto il capo nominale di tutte le tribù Danakil della costa eritrea, geograficamente appartenente all'Abissinia. Ma non è fuori luogo ricordare che l'Egitto avanza pretese su tutto il litorale eritreo fino al Capo Guardafuii in Somalia. Il 15 novembre 1869, a bordo del Nasser Megid, Sapeto stipula con i fratelli Hassan e Ibrahim ben Ahmad un compromesso-contratto24 col quale i due arabi dichiarano (art. 1) che "hanno venduto e vendono al signor Giuseppe Sapeto il territorio compreso tra il monte Ganga, il capo Lumah e i due suoi lati". Costo dell'operazione, la prima della storia coloniale italiana, "seimila talleri, lasciando... duecentocinquanta talleri di caparra ai venditori, obbligandosi (Sapeto) a pagare i rimanenti cinquemila settecento cinquanta talleri fra cento giorni" (a decorrere dal 9 dicembre, primo giorno della festa musulmana del Ramadàn). La caparra sarebbe stata considerata perduta, se Sapeto non avesse rispettato i patti e intanto i fratelli Hassan e Ibrahim "non potranno vendere ad altri il detto luogo, avendolo già venduto al signor Giuseppe Sapeto, ed accordatogli cento giorni al pagamento del prezzo suo"25. Il territorio acquistato misurava sei chilometri di base e sei d'altezza. La relazione sulle operazioni di acquisto fu stesa da Sapeto e Acton durante la sosta forzata ad Hodeida nello Yemen e presentata in Italia al nuovo governo presieduto da Lanza, durato poi in carica fino al 10 luglio 1873. Lo stesso Acton era stato avvertito, durante il viaggio di ritorno, che sarebbe diventato il nuovo ministro della Marina. La ratifica all'operato di Sapeto fu concessa26, ma lo stesso Sapeto venne esortato a non compromettere in nessun modo il governo che "non deve punto figurare" e intendeva "limitarsi ad accordare soltanto la dovuta protezione al commercio e ai sudditi nazionali che si stabiliranno in quei paraggi27. La notizia dell'acquisto di Assab era giunta a Firenze, quando la crisi del ministero Menabrea era già in atto, ma non era stato ancora costituito il nuovo gabinetto Lanza. Nella riunione del Consiglio dei Ministri del 26 novembre, il gabinetto dimissionario, considerando che la somma da Sapeto pattuita per l'acquisto della località ammontava a 80 mila lire (in sostanza, quanto gli era stato concesso in precedenza), deliberò di prelevare tale somma "da uno dei capitoli del Bilancio ordinario della Marina, ove potranno esservi delle economie", salvo a chiedere dopo l'autorizzazione parlamentare con un progetto di legge, una volta proceduto al definitivo acquisto di Assab. Osserva a ragione De Leone che tale "tempestiva deliberazione" fu quella che consenti la conservazione di Assab che altrimenti il gabinetto Lanza, col Visconti Venosta agli Esteri, avrebbe lasciato cadere nel nulla28. In realtà, Lanza era nettamente contrario ad avventure colonialistiche e temeva di compromettersi con i gabinetti di Londra e Parigi. Forse già Menabrea aveva avuto dei contatti con Rubattino29 perché si assumesse l'onere del perfezionamento dell'acquisto di Assab, seppure sotto la tutela del governo; certo è che Lanza avviò e completò i contatti coll'armatore, lo stesso che aveva fornito le navi a Pisacane e a Garibaldi, "l'uomo forse più audace - dice Battaglia - della nostra borghesia risorgimentale"30; colui che era riuscito a farsi approvare dal Parlamento la convenzione per l'istituzione di una linea di navigazione Genova-Alessandria d'Egitto e stava per inaugurare l'altra da Genova all'India. Fu a questo punto che Sapeto si trovò, come già sottolineato, a dover operare con Rubattino. Il 2 febbraio 1870, a Firenze ancora per poco capitale del Regno, fu sottoscritta una scrittura privata fra Agostino Torsello, procuratore di Rubattino e i ministri della Marina, Acton, dell'Agricoltura Industria e Commercio, Castagnola, degli Esteri, Visconti Venosta, e dei Lavori Pubblici, Gadda. Con essa l'armatore Rubattino s'impegnava a far partire entro il 12 dello stesso mese un suo vapore con 200 tonnellate di carbone a bordo per la R. Marina, per sbarcarle ad Assab, e ad "acquistare apparentemente a suo nome, ma realmente nell'interesse e nel conto del Governo quei tratti di terreno situati nella baia di Assab che gli verranno indicati dal prof. Giuseppe Sapeto, il quale a questo effetto verrà imbarcato e mantenuto sul battello a vapore che sarà spedito dal signor Rubattino". Il governo italiano avrebbe fornito il denaro per l'acquisto dei terreni e pagato il consumo di carbone e le spese di passaggio per Suez. A Rubattino sarebbe toccata una porzione di terreno "per una stazione ad uso della sua compagnia di navigazione". La Convenzione sarebbe rimasta "segreta" finché il governo non avesse ritenuto conveniente fare della pubblicità31. Nonostante questo documento scritto, Sapeto ebbe varie difficoltà da affrontare prima di salire su un'altra nave diretta in Mar Rosso; anche Acton rischiava di essere coinvolto nei timori del gabinetto Lanza, per quanto fosse certamente più schierato per Sapeto. Finalmente, l'8 febbraio Sapeto riceveva da Acton istruzioni riservatissime32 - la nave della Marina sarebbe stata l'avviso Vedetta col comandante Ruggiero - e aveva la certezza di dover agire "in nome del signor Rubattino"; lui stesso prendeva imbarco sull'Africa della Rubattino, che inaugurava la linea per Bombay, il giorno dopo la partenza della nave, pertanto da Livorno e non da Genova. Era il 14 febbraio. A bordo si trovavano anche Arturo Issel e Odoardo Beccari, due noti viaggiatori che lo avrebbero accompagnato fino ad Assab per poi proseguire per Massaua e Cheren allo scopo di visitare la colonia agricola fondata dal padre Stella33; e un uomo di fiducia di Rubattino, il cav. Grandoni34. L'8 marzo, o forse il 9, la nave raggiunse Assab: mancava pochissimo alla scadenza dei famosi "cento giorni", Sapeto e gli altri discesero dall'Africa il giorno seguente, mandarono a chiamare i due sultani del primo compromesso ed appresero che, nelle settimane precedenti, varie minacce erano state loro rivolte per aver venduto all'Italia una parte della baia di Assab. C'era da vedere in tutto questo le mene sia di funzionari egiziani sia di agenti inglesi dell'opposta sponda del Mar Rosso. A questo punto Sapeto dovette impegnarsi a fondo per tranquillizzare i due Sultani che, d'altra parte, giocavano al rialzo per ottenere più denaro e, avendo Ibrahim e Hassab ben Ahmad affermato che nel contratto del 15 novembre 1869 non si era parlato della baia di Buia appartenente ad un altro capo indigeno, ovvero il Sultano Abdalla Sciahim, Sapeto giunse alla conclusione che fosse meglio redigere un nuovo contratto con ampliamento del territorio acquistato in novembre e relativo aumento del corrispettivo in denaro35. L' 11 marzo 1870, Hassan e Ibrahim ben Ahmad e Abdalla Sciahim stipularono a bordo dell'Africa il nuovo contratto36, sottoscritto da Sapeto e dal Buzzolino, comandante della nave: questi ultimi erano indicati come rappresentanti di Rubattino. Vi si poteva leggere che "i suddetti Sultani vendono, come hanno venduto, ai signori Giuseppe Sapeto e Andrea Buzzolino il tratto di paese e di mare racchiuso tra Ras Lumah e la gola di mare chiamata Alala e il monte Ganga, senza nessun onere né dipendenza da parte dei compratori, i quali sborsano ai medesimi venditori sopra nominati il prezzo convenuto, consistente in scudi o talleri di Maria Teresa, ottomila e cento". Il contratto affermava inoltre che i Sultani avrebbero aspettato "il pagamento totale del nuovo territorio... e ciò pel tempo che tornerà il vapore che sarà mandato in Aden per ivi cambiare le lire sterline" (intanto, avevano intascato l’acconto... in talleri di Maria Teresa seicento e rupie trecento ottantotto"). Ai nuovi possessori sarebbe stata lasciata "ampia e intera facoltà di ivi stabilirsi come credono meglio e di inalberarvi la loro bandiera nazionale in segno della sovranità assoluta sul luogo". Il problema della moneta in cui effettuare il pagamento era sorto per non aver voluto i Sultani accettare le lire sterline, ma solo "talleri effettivi di Maria Teresa", la moneta dominante nel Mar Rosso. Il 13 marzo 1870, la bandiera italiana saliva sul promontorio della baia di Assab tra le salve di cannone dell'Africa. Il giorno 14 alcunii pali in legno all'estremità nord e sud del possedimento fissavano l'indicazione "Proprietà Rubattino comprata agli 11 marzo 1870". Ecco cosa poi scrisse Sapeto in “Assab e i suoi critici”: "Tornati a bordo in sul meriggio, salutammo il nostro vessillo tricolore con ventun colpi di cannone, seguitati da generale evviva all'Italia, al re, al Rubattino, ecc. ecc. Io feci distribuire una rupia a ciascuno dei marinai, e dare loro una cassa di vino d'Asti per fare un po' di baldoria. Ai 14 si ritornò sul continente e s'inchiodarono sopra pali, solidamente conficcati in terra, ai capi nord e sud del nostro territorio, due tasselli con l'epigrafe: Proprietà Rubattino comprata agli 11 marzo 1870"38. L'acquisto precedente era stato dunque perfezionato ed accresciuto per merito di Sapeto. Il governo italiano non figurava ufficialmente, come già stabilito. Tutto era stato effettuato secondo la volontà di Lanza e Visconti Venosta. Il 15 marzo Sapeto si recò presso il Sultano di Raheita, Berehan Dini, per concordare anche l'acquisto dell'isola di Omm el-Bahar, di fronte alla baia di Assab. Questa operazione gli costò non poche insistenze, Finalmente Berehan si convinse a cedere in affitto a Sapeto quella ed altre isole per un periodo di dieci anni con versamento annuale anticipato di un canone di cento talleri (1000 in tutto, dunque), con possibilità di acquistarle definitivamente, alla scadenza dei dieci anni, per un totale di 2000 rupie (ovvero circa 1000 talleri). Il contratto fu firmato l'indomani, 16 marzo39. Dopo la firma e il versamento della prima rata, Sapeto e i compagni raggiunsero l'isola di Omm el-Bahar per scaricare il carbone per l'avviso Vedetta, di cui si attendeva ancora l'arrivo. Poi Sapeto si diresse ad Assab e quindi ad Aden, territorio britannico, per procedere al cambio del denaro in talleri di Maria Teresa40. Da Aden l'Africa proseguì per Bombay e Sapeto, Issel, Beccari e Antinori, non vedendo giungere la Vedetta, si servirono di un sambuco per rientrare ad Assab. Era il 31 marzo e ai tre Sultani firmatari della Convenzione dell'11 marzo fu versata la somma prestabilita. Nei giorni seguenti non si verificarono fatti particolari. I tre scienziati partirono per la loro destinazione e Sapeto, rimasto solo, ebbe una serie di contatti con le popolazioni locali, mentre la Vedetta, che aveva tardato l'arrivo per un brutto incidente a Suez, compì alcuni lavori idrografici. Quando poi il 22 aprile il vapore Affrica fece ritorno da Bombay, Sapeto preferì restare ancora qualche giorno e imbarcarsi quindi sulla Vedetta il 25 aprile. La casetta, costruita appositamente nella rada di Buia, fu chiusa e affidata in consegna a due indigeni41. L'acquisto di Assab era costato al governo 104.100 lire di cui 55.000 a carico del bilancio dell'Interno e le rimanenti a carico dei Ministeri della Marina, Agricoltura, Lavori Pubblici ed Esteri. Più esattamente, delle 104.100 lire, 51.100 erano per il rimborso a Rubattino dei viaggi, 41.200 per i pagamenti ai Sultani, 12.000 per le competenze spettanti a Sapeto42. Al rientro in Italia Sapeto fu accolto da trionfatore dalla Camera di Commercio dì Messina: "Mercé vostra quest'Italia, che diede all'Europa un nuovo mondo, possiede anch'essa, al di là de' mari che la bagnano, un angolo su cui inalberò il tricolore; da cui propagherà i suoi commerci e la sua civiltà”43. Però, ebbe presto inizio il decennio dei dubbi e delle critiche. Sapeto da un lato cercò di dare un seguito alle sue iniziative, il governo italiano dall'altro temeva il già fatto e forse, potendo, sarebbe tornato indietro. Per molto tempo Assab cadde nell'oblìo44. Per di più, l'Egitto sollevò ampie riserve sul diritto dell'Italia ad occupare tenitori che il Khedivé egiziano e la Sublime Porta ritenevano intoccabili da altri45. Non a caso quattro giorni dopo la partenza di Sapeto da Assab, cioè il 29 aprile, la corvetta egiziana Khartoum effettuò un sopralluogo nella baia: i suoi marinai sfasciarono la casetta di Sapeto, minacciarono duramente i Sultani che avevano ceduto parte del litorale all'Italia, lasciarono a terra un distaccamento militare poi richiamato46. Inizio più incerto non si sarebbe potuto avere, ma l’Italia aveva messo piede in Africa Orientale, nel bene e nel male47.
APPENDICE DOCUMENTARIA
CONVENZIONE FIRMATA DA HASSAN BEN AHMAD E IBRAHIM BEN AHMAD, SULTANI DI ASSAB E DAL PROFESSORE GIUSEPPE SAPETO, PER LA VENDITA DEL TERRITORIO COMPRESO FRA IL MONTE GANGA, IL CAPO LUMAH ED I DUE SUOI LATI. Assab, 15 novembre 1869
Gloria a Dio. Essendo il giorno di lunedì undecimo del mese di sciaban dell'anno 1286 secondo il computo degli islamiti, e il giorno 15 del mese di novembre dell'anno 1869 secondo l'èra degli europei, Hassan ben Ahmad, Ibrahim ben Ahmad, fratelli, e il signor Giuseppe Sapeto, resisi a bordo del Nasser-Megid, barca di Said-Auadh, e fatto atto di presenza, stipularono quanto segue al cospetto dei testimoni: 1° I fratelli sopraddetti Hassan ben Ahmad ed Ibrahim ben Ahmad, Sultani di Assab, hanno venduto e vendono al signor Giuseppe Sapeto anzidetto il territorio compreso tra il monte Ganga, il capo Lumah e i due suoi lati; perlochè il dominio del detto territorio apparterrà al signor Giuseppe Sapete, tostoché questi ne avrà sborsato il prezzo avendoglielo essi spontaneamente venduto, volontariamente e con retta intenzione. 2° I fratelli suddetti giurano, sul Corano della Distinzione, che né essi né la gente loro faranno perfidie agli Europei che verranno ad abitare il paese proprietà del signor Sapeto.
3° II signor Giuseppe Sapeto compra il detto luogo per seimila talleri, lasciando perciò duecentocinquanta talleri di caparra ai venditori, obbligandosi a pagare i rimanenti cinquemila settecento cinquanta talleri fra cento giorni decorrenti dal primo di ramadan fino ai dieci del mese di heggiah. Ché se il signor Giuseppe non tornasse più, né altri venisse in sua vece nel tempo fissato, la caparra andrebbe perduta. I fratelli poi soprannominati non potranno vendere ad altri il detto luogo, avendolo già venduto al signor Giuseppe Sapeto, ed accordatogli cento giorni al pagamento del prezzo suo. Questo è in contratto passato tra il signor Giuseppe Sapeto, e i fratelli Hassan ben Ahmad ed Ibrahim ben Ahmad, alla presenza dei testimoni Mahamad Abdi, Ahmad Ali, Said Auadh, scrivano, Abd Allah ben Duran. Accettato e sottoscritto dai contraenti: hassan ben ahmad - ibrahim ben ahmad giuseppe sapeto
CONVENZIONE firmata dai sultani abdallah sciahim, hassan ben ahmad e ibrahim ben ahmad, e dai signori giuseppe sapeto e capitano andrea buzzolino, per la vendita del tratto di paese e di mare racchiuso fra ras lumah e la gola di mare alala e il monte ganga. Assab, 11 marzo 1870
Gloria a Dio.
Nel giorno nove del mese dell'heggi
dell'anno 1286 secondo l'èra musulmana, agli undici del mese di
marzo 1870 secondo l’èra volgare, il Sultano Abdallah Sciahim e i
Sultani Hassan ben Ahmad ed Ibrahin ben Ahmad
da una parte, e i signori
Giuseppe Sapeto ed Andrea
Buzzolino, capitano del vapore l'Affrica dall'altra,
radunatisi a bordo I suddetti Sultani vendono, come hanno venduto, ai signori Giuseppe Sapeto ed Andrea Buzzolino il tratto di paese e di mare racchiuso tra Ras Lumah e la gola di mare chiamata Alala e il monte Ganga, senza nessun onere né dipendenza da parte dei compratori, i quali sborsano ai medesimi venditori, sopra nominati, il prezzo convenuto, consistente in scudi o talleri di Maria Teresa ottomila e cento. Ma siccome i Sultani Sciahim, Hassan e Ibrahim suddetti non intendono essere pagati in lire sterline, ma in talleri effettivi di Maria Teresa, così si contentano per il presente di ricevere talleri di Maria Teresa seicento e rupie trecento ottantotto, dichiarando di aspettare il pagamento totale dei talleri ottomila e cento al ritorno del vapore da Aden. Intanto i suddetti Hassan ed Ibrahim, figliuoli di Ahmad, dichiarano e riconfermano che il signor Giuseppe Sapeto, secondo il contratto del 15 novembre 1869, venne, nel termine assegnato, allo sborso del prezzo di Lumah e riconfermano di aspettare il pagamento totale del nuovo territorio che, unitamente al Sultano Abdallah Sciahim, vendono, come hanno venduto, ai signori Giuseppe Sapeto e Andrea Buzzolino nei limiti sopradescritti, e ciò pel tempo che tornerà il vapore che sarà mandato in Aden per ivi cambiare le lire sterline in talleri di Maria Teresa; e confessano aver ricevuto l'acconto sudetto in talleri di Maria Teresa seicento e rupie trecento ottantotto, lasciando ai nuovi possessori dei paesi comprati ampia ed intera facoltà di ivi stabilirsi come credono meglio e di inalberarvi la loro bandiera nazionale in segno della sovranità assoluta sul luogo. Tanto fu stipulato dai Sultani Abdallah Sciahim, Hassan ed Ibrahim, e dai signori Giuseppe Sapeto ed Andrea Buzzolino, come rappresentanti dei signori R. Rubattino e C. Questo contratto essendo stato tradotto letteralmente in arabo ai suddetti Sultani, questi ne hanno approvato il contenuto e la vendita stipulata, hanno apposto la loro firma e sigillo, unitamente ai compratori Giuseppe Sapeto e Andrea Buzzolino, alla presenza degli infrascritti testimoni dichiarando aver stipulato il presente contratto in tutta buona fede, e di dargli perciò tutto il valore legale ancorché non sia redatto nelle forme usate in atti consimili. Infine Giuseppe Sapeto e Andrea Buzzolino, come rappresentanti dei Signori R. Rubattino e C., dichiarano che con questo contratto non intendono in nessun modo infirmare gli accordi che prima dell'atto presente fossero passati tra il Giuseppe Sapeto e il signor Raffaele Rubattino ed altri aventi causa o cointeressati. In approvazione di quanto retro sottoscrivono, mancando di sigillo.
NOTE 1 L. CARPI, Delle colonie e dell'emigrazione italiana all'estero, Milano 1874, vol. II, p. 17. 2 MINISTERO AFFARI ESTERI, L'Italia in Africa, serie storica, vol. 1°, Etiopia-Mar Rosso, tomo I (1857-1885), a cura di C. GIGLIO, Roma 1958, p. 101. 3 Sulla storia del Canale di Suez, cfr. MINISTERO AFFARI ESTERI, L'Italia in Africa, serie storica, voi. IV, Luigi Negrelli e il Canale di Suez, tomi I e II (1846-1869), a cura di A. Scaglione, Roma 1972. 4 F. BANDINI, Gli italiani in Africa (Storia delle guerre coloniali,1882-1943), Milano 1980, p. 11. 5 GIGLIO, op. cit., pp. 101-102. 6 Ivi, pp. 102-103. Per più ampie notizie biografiche su Giuseppe Sapeto, cfr. G. PUGLISI, Chi è? dell'Eritrea, Asmara 1952, p. 267. Sempre sul Sapeto, cfr. l’Allegato “Viaggi e viaggiatori” all’indirizzo internet www.economia.it/Economia+Bologna/paginedafrica.htm esplicativo della Mostra “Pagine d’Africa” (Il primo colonialismo italiano nelle biblioteche dell'università da Assab a Massaua 1869-1885), tenutasi dal 9 al 23 aprile 2005 presso l’Università di Bologna. Altri allegati che potranno essere utilmente letti sono “Cronologia”, “Quadro storico” e “Assab”. 7 G. GIACCHERO-G. BISOGNI, Vita di Giuseppe Sapeto, Firenze 1942, p. 187 (citato in MINISTERO AFFARI ESTERI, L'Italia in Africa, serie storica, vol. II, Le prime ricerche di una colonia e la esplorazione geografica, politica ed economica, a cura di E. DE LEONE, Roma 1955, p. 78). 8 A. DEL BOCA, Gli Italiani in Africa orientale (Dall'Unità alla marcia su Roma), Bari 1976, p. 36. 9 Si era nel terzo Gabinetto Menabrea (13 maggio-14 dicembre 1869). 10 GIGLIO, op. cit., pp. 103-104. 11 R. BATTAGLIA, La prima guerra d'Africa, Torino 1958, p. 80. 12 GIGLIO, op. cit., p. 104. 13 G. SAPETO, Assab e i suoi critici, Genova 1879, pp. 15-16. 14 GIGLIO, op. cit., p. 104. 15 BATTAGLIA, op. cit., p. 81. 16 DE LEONE, op. cit., pp. 78-80; ma GIGLIO (op. cit., p. 125, nota 7) nega l'esistenza di questo contratto per Amera, attribuendolo soltanto alle “contraddizioni e vanterie infondate non infrequenti nella condotta e negli scritti del Sapeto”. 17 Guglielmo Acton proveniva dalla marina napoletana e aveva combattuto a Lissa. Era un buon conoscitore di arabo. 18 DE LEONE, op. cit., p. 80. 19 Ivi, p. 81. 20 SAPETO, op. cit., p. 16. 21 Su queste vicende, cfr. DE LEONE, op. cit., p. 81. 22 Nel suo volume Assab e i suoi crìtici (del 1879) è scritto che Assab è la parte dell'Abissinia "dove scorre miele e latte" (citato in A. DE JACO, Di mal d'Africa si muore, Roma 1972, pp. 13-15). 23 GIACCHERO-BSISOGNI, op. cit., p. 201. 24 Lo si legga nell'Appendice del presente lavoro, documento n. 1. 25 L'originale di questo contratto non è stato mai rinvenuto in nessun archivio. Fu, comunque, stampato in MINISTERO AFFARI ESTERI, Trattati, convenzioni, accordi, protocolli ed altri documenti relativi all'Africa, vol. I, Roma 1906, pp. 25-26 (è reperibile in numerose altre pubblicazioni). 26 GIGLIO, op. cit., p. 106. 27 BATTAGLIA, op. cit, p. 86. 28 DE LEONE, op. cit., p. 82. 29 Così DEL BOCA, op. cit., p. 38. 30 BATTAGLIA, op. cit., p. 82. Sulla personalità del Rubattino, cfr. le pp. 82-84. Si veda, inoltre, G. ROCHAT, // colonialismo italiano, Torino 1973, pp. 20-21. 31 DE LEONE, op. cit., pp. 82-83. 32 Sono riprodotte integralmente in MINISTERO AFFARI ESTERI, L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo II, Documenti (1859-1882), Roma 1959, pp. 7-8. 33 Per le notizie biografiche su questa interessante figura, cfr. F. SURDICH, Alcune lettere inedite di padre Stella, in "Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria", n.s., XV, (1981), pp. 227-230. Note biografiche su Issel e Beccari, in S. ZAVATTI, Uomini verso l'ignoto, Ancona 1979, rispettivamente p. 215 e 46. 34 A Suez o ad Alessandria d'Egitto l'Affrica accolse a bordo un altro personaggio, il marchese Orazio Antinori, anch'egli noto esploratore, sul quale cfr. ZAVATTI, op. cit., pp. 28-29. 35 Su queste vicende, cfr. MINISTERO DELLA GUERRA, Comando del Corpo di Stato Maggiore (Ufficio Storico), Storia militare della Colonia Eritrea, Roma 1935, vol. I, pp. 24-25. 36 Anche questo mai rinvenuto negli archivi, come avverte GIGLIO, op. cit., p. 128, nota 22. Lo si legga nell'Appendice del presente lavoro, documento n. 2. 37 GIGLIO, op. cit., p. 108. 38 SAPETO, op. cit., p. 32. 39 GIGLIO, op. cit., pp. 108-109. Lo stesso Giglio avverte che questa è l'unica stipulazione di Sapeto che non è stata mai pubblicata. 40 Ivi, p. 109. 41 Ivi, p. 110. 42 DEL BOCA, op. cit., p. 40, nota 16. 43 Ivi, p. 40. 44 Sulle polemiche e sul silenzio cfr. GIGLIO, op. cit., pp. 110-114. Si vedano anche R. RAINERO, L'anticolonialismo italiano di Assab ad Adua, Milano 1971, pp. 21-42 e, in un ambito più ampio, M. ROMANDINI, II problema coloniale in Italia dopo l'acquisto di Assab, in "Quaderni di Studi Etiopici" (Asmara), 5,1984, pp. 20-33. Sulla politica italiana del raccoglimento dopo il 1870, cfr. J.L. MIÉGE, L'imperialismo coloniale italiano dal 1870 ai nostri giorni, Milano 1976, pp. 24-27. 45 GIGLIO, op. cit., pp. 115-121. 46 DEL BOCA, op. cit., pp. 43-44. 47 Giuseppe Sapeto ritornò ad Assab il 25 dicembre 1879 per saldare i canoni di affitto dell'accordo col Sultano Berehan di Raheita e per firmare altri contratti (cfr. DE LEONE, op. cit., pp. 90-93), ma non si trattò di una missione facile. In Italia Cairoli era presidente del Consiglio. Il 26 gennaio 1881, fatte le consegne al R. Commissario Civile Giovanni Branchi, Sapeto rimpatriò e restò in servizio come professore di arabo fino al 1° ottobre 1891. Morì, praticamente dimenticato, il 25 agosto 1895. La Convenzione 10 marzo 1882, firmata a Roma, determinò poi la cessione dei territori acquistati in Eritrea dalla Socieà Rubattino al R. Governo ormai intenzionato ad agire in prima persona (si veda il documento in MINISTERO AFFARI ESTERI, L'Italia in Africa, serie storica, La politica coloniale dell'Italia negli atti, documenti e discussioni parlamentari, a cura di G. PERTICONE, Roma 1965, pp. 183-185). |
![]()
|
Carta di Assab dal libro del Sapeto disegnata da
Guido Cora
|
Assab e zone geografiche limitrofe
|
Particolare di un disegno di Walter Molino del
1965
|
Libro con dedica autografa di Giuseppe Sapeto
|
Tutti i diritti letterari e fotografici riservati
|