I porti dell'Eritrea

Guglielmo Evangelista, 20-5-08

 

Come è ben noto, a partire dal 1882, con la cessione di Assab al Governo da parte della Società Rubattino, l’Italia si stabilì lungo le coste del Mar Rosso - sottraendole alla debole e lontana sovranità egiziana - e cominciò la lenta e meno facile del previsto penetrazione verso l’interno.

Il litorale eritreo era dotato di parecchi porti dai quali aveva origine un’intensa navigazione di cabotaggio verso Moka e Hodeida nello Yemen alla quale si sommò, dopo la nostra occupazione, anche il traffico commerciale con l’Italia: fu perciò necessario, partendo dal nulla, costruire infrastrutture moderne ed organizzare l’amministrazione marittima che ovviamente, come nella madrepatria, fu imperniata sulle Capitanerie di Porto .

Fin dal 23 marzo 1884 era stato istituito un Ufficio di Porto ad Assab,  che inizialmente non era presenziato dal personale dell’amministrazione della marina ma da quella del Ministero delle Finanze, così come lo fu, poco tempo dopo, anche la Capitaneria di Massaua – definita dall’enciclopedia Treccani il più bel porto del Mar Rosso – occupata nel 1885 e dove i servizi portuali e doganali furono in un primo tempo affidati alla Guardia di Finanza, il cui primo comandante fu l’ispettore (1) Carlo Melloni che svolgeva anche le funzioni di Capitano di porto. Nel 1887 fu istituito anche un servizio navale con cinque imbarcazioni al comando del brigadiere Salvatore Fusco con le quali, oltre alla vigilanza doganale, veniva svolta anche la sorveglianza della pesca.

A norma del Decreto del Governatore del 23 luglio 1890, i porti, la sorveglianza delle spiagge e i fari e segnali  vennero formalmente posti alle dipendenze del Consigliere delle Finanze e dei lavori pubblici, a sua volta dipendente dal Governatore della colonia.

Le necessità della navigazione mercantile non si esaurivano però con la sola costruzione di opere pubbliche né, tanto meno, con la creazione di un apparato amministrativo, ma era indispensabile anche una continua assistenza di tipo militare perché le acque del Mar Rosso erano endemicamente infestate dalla pirateria, rendendo necessaria una costante presenza della Regia Marina. Questa teneva di base a Massaua alcune navi da guerra del tipo già sperimentato da altre potenze per il servizio coloniale come cannoniere e avvisi, ma ben presto ci si accorse che il servizio di vigilanza poteva essere meglio svolto con i sambuchi, le tradizionali imbarcazioni indigene a vela latina. Venne così costituita una flottiglia di una decina di unità, in tutto e per tutto simili a quelle locali, anche se dotate di artiglieria, che ottennero dei buoni successi.

Purtroppo, risolto il problema della pirateria, le nostre acque restarono  ancora a lungo poco sicure a causa delle ostilità fra l’Italia e la Turchia, che aveva la sovranità  nominale sull’Arabia e sulla costa orientale del Mar Rosso che, praticamente, durarono ininterrottamente dal 1911 al 1918. La supremazia della nostra Marina in quello scacchiere era indiscutibile, ma fu egualmente messa alla prova e non mancarono gli scontri, fra cui quello vittorioso di Kunfida.

Tornando all’amministrazione portuale, vediamo che a Massaua, nel 1891, oltre alle Guardie di Finanza, erano in servizio 12 impiegati italiani e cinque indigeni: lo stipendio di questi ultimi, di 2200 lire annue, era una somma che venne rilevata…. eccessiva  per i loro bisogni, le loro abitudini e la capacità che si può in loro presumere. (2)

Va comunque tenuto presente, anche per rendersi conto dell’inusitato stipendio, di un livello tale da restare un miraggio anche per la maggior parte dei funzionari italiani, che verosimilmente queste persone non erano semplici indigeni eritrei, ma “consulenti” provenienti dalla precedente amministrazione egiziana.

La prima sistemazione provvisoria degli uffici della Capitaneria non fu ottimale perché erano situati all’interno dell’abitato e lontano dal mare: quando si rese indilazionabile disporre di una sede più adatta, dopo che in un primo tempo si pensò di prendere in affitto la “casa Luccardi”,  venne preferita una soluzione definitiva e già prima del 1895 gli uffici vennero trasferiti in un nuovo edificio in stile italiano, appositamente costruito (3).

Nel frattempo il traffico del porto di Massaua, che venne attrezzato con 330 metri di banchine con alti fondali, di un deposito franco e che era stato collegato alla ferrovia che risaliva verso l’altipiano e che raggiunse Asmara nel 1911, continuò a crescere non tanto in dipendenza  dello sviluppo economico della colonia, di cui si potrà parlare solo dopo il 1900, ma per il traffico militare e per il commercio di transito che, attratto dalle opere moderne  e funzionali che vi stavano sorgendo, trovava comodo utilizzare questo scalo.

Nel 1899 si registrò il seguente movimento (4):

 

Navi arrivate e partite (n.)

Merci sbarcate e imbarcate (tonn.)

A vapore

A vela

Da/su  piroscafo

Da/su veliero

223

4374

19402

28080

 

Si trattava soprattutto di importazioni: le esportazioni coprivano meno del 10% del totale. Si importavano specialmente carbone, legname, macchinari mentre si esportavano  prodotti tessili e animali e soprattutto prodotti pregiati: perle e madreperla (molto richiesta in Gran Bretagna), aromi, cera.

Nel 1899 il servizio del Governo coloniale “Dogana e porto” comprendeva due funzionari e sette impiegati, oltre a dieci fra sottufficiali ed agenti della Guardia di Finanza e ad alcuni agenti indigeni: come si vede si trattava di un organico inferiore a quello del 1891, ma imposto da esigenze di economia e comunque insufficiente per poter far fronte anche alle incombenze relative all’amministrazione marittima, alla cui carenza si poté ovviare solo all’inizio del ‘900 quando fu inviato nuovo personale – questa volta dell’amministrazione della marina mercantile - e nel 1908  troviamo la Capitaneria di Massaua comandata da un Capitano di porto di terza classe.

Nel loro assetto definitivo le Capitanerie della Libia, dell’Eritrea e della Somalia erano poste  alle dipendenze del Ministero delle Colonie, che poi assunse il nome di Ministero dell’Africa Italiana, ma con molte attribuzioni di carattere locale demandate ai Governatori; apposite convenzioni regolavano fra i vari ministeri gli oneri occorrenti al funzionamento delle Capitanerie coloniali.

La Capitaneria dell’Eritrea era definita “autonoma” (nel senso che, a differenza di quelle madrepatria e della Libia, non dipendeva da nessuna Direzione Marittima, organi che, nell’amministrazione della marina mercantile, erano sopraordinati alle Capitanerie) e il suo comandante, a norma del Decreto Governatoriale  n. 5149 del 26 novembre 1930, aveva il titolo di “Capo dei servizi marittimi e portuali della Colonia Eritrea”. Dalla Capitaneria di Massaua dipendevano solo il Circondario Marittimo di Assab e la Delegazione di spiaggia di Thiò in Dancalia.

Nel 1938 il movimento di questi tre porti fu il seguente:

 

 

Navi arrivate e partite (n.)

Merci sbarcate e imbarcate (tonn.)

Passeggeri arrivati e partiti

 

A vapore

A vela

Piroscafi

Velieri

Piroscafi

Velieri

Massaua

1733

2259

882445

21154

176078

4339

Thiò

118

286

118

3125

1119

1562

Assab

634

3088

149959

4739

14979

60087

 

Altro traffico, che però non viene rilevato statisticamente, si svolgeva fra le molte isole dell’arcipelago Dahlac: anche se la navigazione era resa difficile dai bassi fondali,  erano tutte dotate di piccoli pontili e, a parte un servizio settimanale di piroscafo da Massaua, erano frequentate solo dai sambuchi.

Dopo il 1936, a seguito  della creazione dell’ Africa Orientale Italiana, si moltiplicarono anche i collegamenti con la madrepatria. Se all’inizio del secolo l’Eritrea era raggiungibile solo dalla corsa mensile del piroscafo della Navigazione Generale Italiana e ancora a fine degli anni ’20 la Compagnia Generale Transatlantica effettuava corse Genova-Massaua con i piroscafi Crispi e Mazzini di meno di 2000 tonnellate e che richiedevano 16 giorni di viaggio (5), dieci anni dopo la colonia si poteva raggiunge in 5 giorni, scegliendo fra un ampio numero di possibilità (6):

 

Armatore

Linea

Frequenza

Lloyd Triestino

Italia-Massaua-Estremo Oriente

Bimensile

Genova-Massaua-Mogadiscio-Chisimaio

Quindicinale

Genova-Massaua-Assab-Gibuti

Mensile

Venezia – Massaua – Gibuti

Quindicinale

Napoli-Massaua-Assab-Gibuti

Settimanale

Italia-Massaua-Australia

10 corse l’anno

Italia-Massaua-Assab-Sud Africa

Mensile

R.A.M.B.

Genova-Massaua-Mogadiscio

Settimanale

Venezia-Massaua-Mogadiscio

Bisettimanale

Ignazio Messina

Genova-Massaua-Assab

Quindicinale

 

Ebbe impulso anche il servizio locale che da una corsa mensile Massaua-Assab-Mogadiscio venne ristrutturato con una linea Intercoloniale e una linea Circolare del Mar Rosso che toccavano tutti i principali porti dell’Eritrea, della Somalia, delle coste sudanesi, saudite e yemenite.

Tutto il materiale utilizzato era confortevole e modernissimo, come le grandi motonavi Conte Biancamano, Victoria, Esquilino, Viminale o le navi bananiere della R.A.M.B.

A questi servizi regolari si affiancava un prezioso e capillare servizio da parte dei sambuchi che - anche se con poca sicurezza e in modo occasionale – assicuravano i collegamenti con gli scali minori, spesso privi di qualsiasi altra comunicazione via terra.

Alla fine degli anni ’30 erano previsti grandi lavori pubblici per migliorare la ricettività portuale della colonia: a Massaua era prevista la costruzione di una moderna Stazione Marittima, un ampliamento dei magazzini e nuovi raccordi ferroviari; anche la ricettività della più eccentrica baia di Gherar doveva essere migliorata con la costruzione di nuove banchine.

Particolarmente ampia doveva essere la riqualificazione del porto di Assab, destinato ad essere il capolinea di una grande strada e di una ferrovia per l’interno, il cui nuovo scalo avrebbe dovuto comprendere 2000 metri di banchine e moli in grado di ospitare contemporaneamente quattro grandi piroscafi.

Tutti questi programmi, già abbastanza avanzati nel 1940, vennero frustrati dallo scoppio della seconda guerra mondiale e Massaua, dopo i bombardamenti e dopo la quasi completa distruzione della Marina Militare (7), nel 1941 venne occupata dagli inglesi.

Il personale delle Capitanerie restò al proprio posto fino all’ultimo divenendo prigioniero di guerra.

Il porto di Massaua negli anni '50

 

Note:

1)       In quell’epoca il personale della Guardia di Finanza, come quello delle Capitanerie, non era militare ed aveva proprie denominazioni di grado. Il grado di ispettore, nell’esercito, corrispondeva a quello di maggiore.

2)       Cfr. “Relazione generale politica ed amministrativa della Commissione Reale di inchiesta sull’ Eritrea” in Suppl. alla Gazzetta Ufficiale  n. 277 del 26.11.1891, pag. 4551.

3)       In quel periodo Massaua era in pieno rinnovamento edilizio dopo un incendio che l’aveva in gran parte devastata. La casa Luccardi e la casa Andreoli erano i nuovi palazzi più prestigiosi. V. Angelo del Boca “Gli italiani in Africa Orientale dall’Unità alla Marcia su Roma, Laterza, Bari 1975. Pag. 364

4)       I dati statistici sono ricavati dall’Annuario Italiano di statistica

5)       A Massaua faceva scalo anche la linea mensile Trieste-Estremo Oriente del Lloyd triestino e la linea 

     quindicinale Venezia-Calcutta della Società Veneziana della  Navigazione a vapore.

6)       I dati sono ricavati dalla Guida dell’Africa Orientale Italiana della C.T.I. Milano, 1938

7)       Nel Mar Rosso venne persa la quasi totalità delle navi che vi si trovavano: si salvarono solo la nave coloniale Eritrea che, con un viaggio fortunoso, riuscì a rifugiarsi in Giappone, e pochi sommergibili.

Meritano però di essere ricordate le due piccole navi cisterna Sebeto e Sile, abbandonate volontariamente al nemico in perfetta efficienza con l’encomiabile intento di non interrompere i rifornimenti idrici alla popolazione delle isole Dahlac e gli inglesi, con altrettanto spirito umanitario, le riutilizzarono per lo stesso scopo.

 

 
 

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