Il caffé nel Corno

Nicky Di Paolo, agosto 2005

 

La storia del caffé comincia almeno 1000 anni prima della nascita di Cristo. Sicuramente il caffé è comparso nel mondo  sui monti dell’ l’Etiopia, dove cresce  spontaneamente a 1000/1300 metri di altitudine e dove prende il nome dalla città di Caffa. A parte il fatto che scavi archeologici sugli altopiani etiopici hanno dimostrato che l’uomo  mangiava chicchi di caffé già 100.000 anni fa, numerose  leggende avvalorano tale ipotesi. Ricordo quella di Kaldi, un giovane pastore il cui gregge saltellava giorno e notte, sempre in agitazione. Interpellato un uomo saggio, questi si accorse che quelle pecore si nutrivano di bacche di un certo arbusto. Il  saggio assaggiò le bacche e trattone anche lui vigore, imputò loro poteri eccitanti.

E’ interessante che di questa leggenda esiste una versione abissina ed una yemenita, del tutto simili. Un’aggiunta a questa è la storia di un prete abissino che ritenendo i chicchi di caffé opera del diavolo li gettò nel fuoco. Subito un profumo intenso si diffuse nell’aria: era la prova che non poteva trattarsi di cosa diabolica. Recuperati i chicchi preparò il primo infuso di caffé.

La  polpa intorno al chicco  di caffé possiede infatti un alto contenuto  di zuccheri. Essendo appunto dolci e  nutritivi, rappresentavano  una buona fonte calorica.

Prima che fosse introdotta la tostatura, i chicchi verdi, nel Corno e nei paesi che si affacciano nel Mar Rosso, venivano macinati e miscelati con grasso, per formare piccole palline ad uso voluttuario e dei viaggiatori durante lunghi viaggi.

Proprio per il loro alto contenuto di zuccheri,  i chicchi di caffé  possono essere anche fermentati e  gli arabi si avvalsero a lungo di questa caratteristica, tanto che in Europa il caffé fu chiamato inizialmente "il vino d' Arabia". La fermentazione dei chicchi di caffé viene ancora oggi praticata in alcuni paesi orientali.

Intorno alla fine del 1600, il caffé come bevanda invase l' Europa.

Oggi in tutto il mondo il caffé lo si tratta utilizzando macchine sofisticate che lo tostano alla perfezione, lo macinano e preparano la bevanda nelle dosi ottimali.

Il caffé è stato ed è ancora oggi un qualcosa che ha contribuito nei paesi occidentali  a rendere la vita più piacevole e a ha favorito la socializzazione.

E nel Corno? Troverete da tutte le parti bar che preparano ottimi espressi, ma, se andate laggiù, vi consigliamo di non perdere l’occasione di assistere alla preparazione del caffé secondo la tradizione popolare. La cosa fantastica  è che nell’interno e spesso anche nelle famiglie in città, si continua a preparare il caffé nell’identica maniera di come lo videro preparare i primi esploratori  europei alla fine del settecento.

 

La preparazione del caffé nel Corno segue rituali ben precisi, necessita di tempo e crea in chi assiste sensazioni molto piacevoli.

Due sono le componenti emozionali di questo rito: i profumi ed i sapori.

 

Cosa necessita:

 

1) Un fornello a carbone

2) Un padella bucherellata per tostare

3) Una gebenà : anfora di coccio  con un collo stretto ed allungato che contiene circa mezzo litro di liquido. Non va mai lavata con detersivi, ma solo sciacquata.

4) Fingiàn: piccole tazzine senza manico dai colori   sgargianti

5) Zenzero grattugiato

6) Caffé da tostare

7) Zucchero

8) Incenso

 

Preparazione:

Gli Eritrei e gli Etiopici vivono con intensità il momento della preparazione del caffè e quindi danno sempre uno spazio adeguato alla fanciulla o alla donna che si accinge a tale compito.

Ho visto preparare il caffé su uno spazio di terra ricoperto di fiori,  sopra un bel tappeto, ed in genere in luoghi dove chi assiste possa godersi l’evento.

Per prima cosa  viene ravvivato il fuoco dove viene deposto qualche piccolo granulo d’incenso.

Viene scelto il caffé e messo dentro la padella che non verrà più deposta fino alla fine della tostatura, ma continuamente rimescolata.

Il profumo del caffé tostato si diffonde solleticando il desiderio della bevanda.

Sono necessari alcuni minuti per compiere la tostatura, ma si trascorrono in una piacevole sensazione di attesa. Posata la padella si immette ancora incenso nel fuoco dove si pone anche il gebenà con acqua e zucchero e in attesa dell’ebollizione si procede alla polverizzazione del caffé in un mortaio di pietra. Gli odori dell’incenso e del caffé si mescolano, mentre chi assiste è sempre più  preso dal desiderio della bevanda.

Quando l’acqua è in ebollizione, viene aggiunto lo zenzero grattugiato (quantità variabile a seconda del gusto) e dopo qualche minuto la polvere del caffé.

Il profumo del caffé speziato diventa fortissimo e quindi si passa finalmente a versare nei fingiàn il liquido che viene filtrato con lo stesso gebenà da un piccolo tappo di stoppa  infilato dentro il beccuccio. Tutte queste operazioni hanno richiesto circa quaranta minuti.

I giri devono essere per lo meno tre. Il “gingibil”, questo è il nome etiopico dello zenzero, conferisce al caffé un gusto del tutto particolare: ne esalta sicuramente il sapore con una sensazione di lieve pizzicore ed il profumo che diventa inebriante.

Possono essere usate altre droghe aggiuntive, ma non portano allo stesso risultato.

Unico problema è il rischio di berne troppo.
 

Fotografia di Alberto Vascon

 

Fotografia di Alberto Vascon

Il gebenà

 

index

 

© 2004 Il Corno d'Africa

Tutti i diritti letterari e fotografici riservati