Lamberto Vannutelli

Manlio Bonati, aprile 2006

 
 

Il 5 maggio 1895 dalla Regia Accademia Navale di Livorno il sottotenente di vascello Lamberto Vannutelli scriveva al capitano d’artiglieria Vittorio Bottego per chiedergli di accettarlo come componente della sua seconda spedizione nell’Africa Orientale, adducendo tra le altre cose il fatto di non essere «completamente nuovo dei viaggi in Africa ». Infatti nel 1893, appena nominato sottotenente di vascello, domandò ed ottenne di essere destinato sullo stazionario a Massaua: “e così potei cominciare le mie prime esperienze africane con brevi gite nella nostra colonia”.

Vannutelli era nato a Roma il 24 giugno 1871, da Ugolino Vannutelli e da Adele Costa. Per i primi anni la sua educazione ed istruzione “furono fatte completamente in casa; ma, poi, feci i primi tre anni di ginnasio all’Istituto Massimo, alle Terme, ed un anno di preparazione all’Accademia Navale all’Istituto Verger. (…) Ebbi sempre una grande passione per la caccia e per la vita di campagna e mostrai sempre molta disposizione per le scienze matematiche e in modo speciale per la geografia e la conoscenza del mondo in generale”.

Nel 1885 fu ammesso al primo corso della R. Accademia Navale di Livorno e ne uscì guardiamarina nel 1891. Si distinse per l’amore allo studio dell’Astronomia, “tanto che fui pure soprannominato l’astronomo”. Dopo la parentesi in Eritrea, seguì il corso superiore di Livorno, che terminò nel 1895.

Giovanissimo si era appassionato alla storia delle esplorazioni; interesse scaturito per merito dei libri di Giulio Verne e del Mayne Reid, le sue “letture preferite”, come scrisse in una lettera del 31 dicembre 1906 a Onorato Roux, curatore dell’importante quanto oggidì raro volume Infanzia e giovinezza di illustri italiani contemporanei. Memorie autobiografiche, volume III – Scienziati (edito a Firenze da R. Bemporad & Figlio nel 1910). Naturale perciò il suo accostamento verso il Bottego che due anni prima aveva scoperto le sorgenti del fiume Giuba. In un primo tempo l’esploratore parmigiano aveva prescelto un altro giovane ufficiale, il guardiamarina Ugo Rua, ma un’accurata visita medica della direzione del servizio sanitario del ministero della Marina aveva riscontrato che il Rua era stato colpito precedentemente da una malattia venerea, con conseguente sua inidoneità. Ovvia fu la scelta del Vannutelli non soltanto perché occorreva per la spedizione un valido osservatore dei fenomeni atmosferici, ma anche in quanto «immune da infezione sifilitica e da malattie organiche degli apparati respiratorio e circolatorio» (come da dichiarazione del 4 giugno 1895 del medico di 1° classe Rosati).

Vannutelli, nella citata lettera al Roux, ricordava che “quantunque non incoraggiato da parenti ed amici, tanto feci e tanto dissi che ottenni di prender parte alla Seconda Spedizione Bottego. Fui uno degli ultimi ad offrirmi al capitano Vittorio Bottego, poiché, essendo occupato a dar gli esami del corso superiore, non avevo potuto presentarmi. Fortunatamente per me l’appello fatto dal Ministero per trovare ufficiali di Marina che intendessero partire per tale spedizione non era stato accolto con troppo entusiasmo, e, quindi, quantunque giunto ultimo, potei riuscire in ciò che era da anni il mio ideale, cioè di prender parte ad un viaggio di esplorazione. Questo ideale mi attraeva, e l’entusiasmo destato in me dalla lettura dei viaggi mi spingeva sempre più verso quella sospirata meta”.

Il 12 giugno il Regio Ministero degli Affari Esteri lo metteva a disposizione della Società Geografica Italiana di Roma, sotto i cui auspici si stava preparando il viaggio, per tutta la durata della spedizione. Nel frattempo già dal primo giugno si erano sottoscritti a Roma nella sede della Società Geografica, alla presenza del Presidente Giacomo Doria, i patti conclusi fra il capitano Bottego, comandante della spedizione geografica-commerciale, e gli europei che vi prendevano parte. Costoro, oltre il Vannutelli, erano il sottotenente di fanteria Carlo Citerni e lo scienziato Maurizio Sacchi. Il primo paragrafo del contratto stabiliva che i contraenti si obbligavano ad un’obbedienza cieca ed assoluta agli ordini di Bottego e quindi a seguirlo dovunque, qualsiasi fossero le condizioni nella quale si sarebbe venuta a trovare la spedizione.

Tutti i firmatari rispettarono questa e le altre dieci condizioni del documento sino alla conclusione della pericolosa esplorazione, che costò la vita allo stesso Bottego e al dottor Sacchi.

La lealtà di Vannutelli verso il suo superiore non venne mai meno, neppure quando ricevette a Massaua una strana lettera firmata dal capitano Matteo Grixoni, compagno di Bottego nel 1892-93 al tempo dell’esplorazione del Giuba e disertore dalla medesima sia per incompatibilità di vedute e di metodi con il collega sia per disaccordi economici. In questa lettera, spedita da Roma il 26 luglio 1895, Grixoni allegava il fascicolo in bozza di stampa intitolato Pro Veritate dove sfogava il proprio odio per Bottego, raccontando – a modo suo - come si era svolta la prima spedizione. Il Grixoni, dopo aver scritto di aver messo personalmente in guardia il Rua, cercava con tale lettera di convincere il Vannutelli allo stesso modo, pregandolo di non mostrare a nessuno l’opuscolo, «al più al suo collega Dottor Sacchi che è interessato, non al Citerni satellite di Bottego, il quale a dire il vero credo sia stato messo costì solo per fiutare nascostamente gli altri due: Lei e Sacchi. Questo lo dico con cognizione di causa. (…) A buon intenditor poche parole». Naturalmente la sorpresa di Vannutelli fu enorme, ma la sua fede, come quella del Sacchi, verso Bottego fu superiore a questo grave tentativo di insubordinazione. Bottego, messo al corrente di ciò, rispose a questo colpo mancino dando procura a suo cognato, il capitano Pio Citerni, per una querela di diffamazione contro Grixoni.

Finalmente da Brava, porto somalo sull’Oceano Indiano, il 12 ottobre si iniziava l’agognato viaggio che li avrebbe portati in territori dove l’uomo bianco non aveva ancora messo piede. La carovana, a cui si era aggiunto l’esploratore Ugo Ferrandi, che si sarebbe stabilito in novembre a Lugh per edificarvi un emporio commerciale sotto il protettorato italiano, procedeva tra difficoltà innumerevoli, tra combattimenti, malattie e diserzioni degli ascari. Nel maggio 1896 scoprivano dall’alto di un colle un vasto specchio d’acqua, che fu battezzato lago regina Margherita. Invece il 29 giugno vedevano balenare un riflesso argenteo fra gli alberi: era l’Omo. Si misero subito a seguire il fiume fino alla sua defluenza nel lago Rodolfo (oggi Turkana). Ormai non avevano più dubbi: l’Omo si getta nel Rodolfo, il cui bacino non ha emissari. La parte più importante della missione si era conclusa con una vittoria, ormai si pensava al ritorno. Bottego intanto, per ragioni di sicurezza, aveva diviso in due la spedizione. Sacchi doveva seguire una via diversa. Purtroppo il 5 febbraio del 1897 fu trucidato dagli abissini nei pressi del Regina Margherita. Ugual sorte doveva toccare più di un mese dopo, il 17 marzo, al grosso della spedizione. Ancora una volta gli abissini attaccavano in forze e uccidevano sul colle Daga Roba, nei pressi di Ghidami, Bottego e gran parte degli uomini di scorta. Vannutelli e Citerni iniziavano così drammaticamente i loro giorni di prigionia, che complessivamente sarebbero stati novantotto, trascorsi in catene. Probabilmente si salvarono perché ritenuti dei medici. Nella loro nuova professione fecero miracoli, finché non vennero condotti ad Addis Abeba, al cospetto del Leone di Giuda, il re dei re Menelik II.

Nella capitale etiopica, era il 22 giugno, finalmente liberi si incontrarono con il plenipotenziario italiano, maggiore Cesare Nerazzini, che aveva l’incarico di ricondurli in patria. I due superstiti avrebbero voluto fossero liberati anche gli ascari rimasti prigionieri del degiacc Giotè, tre dei quali erano stati evirati per essere “schiavi delle sue mogli”; inoltre temevano che i diari e il materiale scientifico raccolto dalla spedizione andasse perso. Vannutelli e Citerni desideravano restare in loco per risolvere queste questioni, ma gli ordini perentori provenienti dall’Italia li costrinsero a partire. Loro, militari, non potevano trasgredire.

Per fortuna i risultati dell’eroico ed importante viaggio non svanirono nel nulla. Infatti nel dicembre dello stesso anno la Società Geografica ricevette dal Negus Menelik tre casse contenenti documenti e collezioni di grande interesse, tra cui quasi tutti i taccuini di Bottego (in particolare mancava l’ultimo). Con l’aiuto di questi diari, di quelli di Sacchi, dei loro personali appunti e naturalmente dei ricordi indelebilmente scolpiti nella memoria, Vannutelli e Citerni fecero dare alle stampe il resoconto completo del viaggio di esplorazione. Il voluminoso libro, edito nel 1899 da Ulrico Hoepli, si intitolava L’Omo – viaggio di esplorazione nell’Africa Orientale.

In questo periodo Vannutelli aveva continuato ad interessarsi della sorte degli ascari, che in seguito furono messi in libertà.

Nel settembre 1897 fu promosso tenente di vascello, “un anno dopo dei miei compagni di studii, poiché, al tempo della loro promozione, fui creduto morto; e, conseguentemente, perdetti tutti i vantaggi relativi agli anni di anzianità nel grado derivanti da tale ritardo, senza lamentarmene”.

Al termine del 1899 si imbarcò sull’Elba e rimase in Cina un paio di anni, facendo molte escursioni.

Nel 1903 si sposò con Elisa Carra, “la quale, invece di ostacolarmi nei miei propositi, mi fu d’incitamento e di aiuto”.

Nel 1904 e nel 1906 il Vannutelli tornava a disposizione della Società Geografica per due missioni nell’Asia Minore, che descrisse in articoli nelle pagine del Bollettino della Società geografica Italiana e in volumi sempre da questa editi: In Anatolia, aprile-agosto 1904. I Vilajet settentrionali del 1905 e Anatolia meridionale e Mesopotamia del 1911. Successivamente abbandonava l’interesse in prima persona per le esplorazioni, per dedicarsi a combattere con valore nella guerra italo-turca del 1911 e nella prima guerra mondiale. Decorato di medaglia d’argento per il suo comportamento durante la spedizione Bottego ed in particolare per lo scontro del marzo 1897, brillantemente raggiungeva i vertici della carriera militare. Infatti veniva collocato a riposo per limiti di età dopo aver ottenuto il grado di Ammiraglio di Divisione.

Aveva una figlia che nel 1945 fu fucilata dai francesi in Corsica. Questo tragico evento ebbe molte ripercussioni nella sua vecchiaia quando, rimasto vedovo, si trovò in salute ma del tutto solo ad attendere il grande passo1.

Nel 1960 la città di Parma lo invitava per i festeggiamenti del Centenario della nascita di Bottego, che si svolsero sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica (le solenni cerimonie furono in buona parte organizzate dall’allora maggiore Silvio Campioni, autore della biografia I Giam Giam. Sulle orme di Vittorio Bottego, Parma, Casa Editrice Luigi Battei). Impossibilitato ad intervenire spedì la seguente lettera del 6 luglio al presidente del comitato per le onoranze, generale Bernardo Valentino Vecchi (fondatore nel 1946 a Milano de Il Gruppo Vittorio Bottego): «Ho gradito molto la cortese lettera, e sono ben lieto di partecipare di tutto cuore al vostro Comitato. E’ un onore per me l’invito del Sindaco della cara Parma di cui conservo sempre migliore memoria. Purtroppo però debbo farvi considerare che ho novant’anni e perciò mio malgrado non posso muovermi da Roma. Per me sarebbe stato un immenso piacere rivedere la vostra città. Però non posso fare altro che inviarvi i miei migliori auguri con la speranza di avere il piacere di vedervi qui a Roma».

Lo andò a trovare la RAI che lo intervistò in occasione di un documentario, trasmesso il 21 luglio 1960, interamente dedicato al suo antico comandante. La commossa voce di Vannutelli ricordava ai telespettatori gli anni della sua avventurosa giovinezza in terra d’Africa ed il tragico epilogo sul Daga Roba.

La sua forte fibra si spegneva a Roma il 5 aprile 1966.

 

Bibliografia:

Franco Bandini, Vidi Bottego cadere colpito da una pallottola, in Tempo, n. 17, 27 aprile 1963, Milano, Aldo Palazzi Editore, pp. 48-49;

Manlio Bonati, Vittorio Bottego, un ambizioso eroe in Africa, Parma, Silva Editore, 1997;

Manlio Bonati, Vittorio Bottego. Ricordi e lettere, in Aurea Parma, Parma, SEGEA, gennaio-aprile 1999, pp. 91-130.

Manlio Bonati, Vittorio Bottego. Coraggio e determinazione in Africa Orientale, Torino, Il Tucano Edizioni, 2004;

Silvio Campioni, I Giam Giam. Sulle orme di Vittorio Bottego, Parma, Casa Editrice Luigi Battei, 1960;

Rinaldo De Benedetti, Vittorio Bottego e l’esplorazione del Giuba, Torino, Paravia, 1931;

Rinaldo De Benedetti, Vittorio Bottego e l’esplorazione dell’Omo, Torino, Paravia, 1933;

Paolo Giudici, Maurizio Sacchi e la 2a Spedizione Bottego, Pavia, Mario Ambaglio, 1935;

Aroldo Lavagetto, La vita eroica del capitano Bottego (1893-1897), Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1934;

Onorato Roux, Infanzia e giovinezza di illustri italiani contemporanei. Memorie autobiografiche, volume III – Scienziati, Firenze, R. Bemporad & Figlio, 1910;

Renato Trevis, Sulle orme della seconda spedizione Bottego, in Rivista delle Colonie Italiane, n. 6, Sindacato Italiano Arti Grafiche, Roma, giugno 1931, pp. 425-441;

Giorgio Torelli, Alla ventura col capitano Bottego, Parma, Monte Università Parma Editore, 2003;

Angelo Umiltà, Gli Italiani in Africa. Con appendici monografiche su esploratori e personaggi che calcarono il suolo africano dal 1800 al 1943, a cura di Giorgio Barani e Manlio Bonati, Reggio Emilia, T&M Associati Editore, 2004,

Lamberto Vannutelli e Carlo Citerni, La seconda spedizione Bottego nell’Africa Orientale, in Memorie della Società Geografica Italiana, volume VIII, parte II, Roma, 1898, pp. 199-223;

Lamberto Vannutelli e Carlo Citerni, L’Omo. Seconda spedizione Bottego. Viaggio d’esplorazione nell’Africa Orientale, Milano, Ulrico Hoepli Editore, 1899. Una seconda edizione, molto ridotta e ricca di grossolani errori, è stata ristampata con nuovo titolo nel 1987: Esploratori. Alla ricerca delle sorgenti del fiume Omo (1895), Milano, Sugarco Edizioni. In questa sede Vannutelli si chiama Luigi e la ricerca della defluenza dell’Omo si tramuta in quella delle sue sorgenti!

Lamberto Vannutelli, Intorno all’ultima spedizione Bottego. Conferenza del tenente di Vascello L. V., in Atti del Terzo Congresso Geografico Italiano tenuto in Firenze dal 12 al 17 aprile 1898, volume primo, Firenze, Tipografia di M. Ricci, 1899, pp. 221-236.


1 Dopo la morte dell’amata consorte, avvenuta nel 1950, le dedicò una biografia intitolata L’enigma di Elisina Carra e la sua vita intima (1875-1950), pubblicata in un numero limitato di copie a Roma nel 1951 dalla Tipografia Ferri. Ormai in pensione, nel 1959 diede alle stampe (sempre in tiratura limitata), ancora per i tipi della Ferri, le sue memorie militari: Sguardo retrospettivo sulla mia vita nella Marina.

 
Lamberto Vannutelli

Veduta parziale del lago Ruspoli (lago Ciamò) fotografato nel 1896 dalla Seconda Spedizione Bottego

Alveari degli Occiollo sugli alberi presso le rive ovest del lago Regina Margherita.
Nel centro della fotografia del 1896 Vittorio Bottego è di spalle.

Lamberto Vannutelli e Vittorio Bottego nel 1896 al Lago Stefania

 Memorie della Società Geografica Italiana del 1898 con articolo di Vannutelli e Citerni

Copertina del libro L'Omo del 1899 di Lamberto Vannutelli e Carlo Citerni

Dedica autografa di Lamberto Vannutelli

Esempio di articolo di Vannutelli per il Bollettino della Società Geografica Italiana (raro estratto del 1900)

Copertina del libro del 1905 sull'Anatolia di L. Vannutelli

Copertina del libro del 1911 sull'Anatolia di L. Vannutelli

Copertina del libro del 1910 di Onorato Roux

Prima pagina del libro di Onorato Roux dedicata a Vannutelli

Particolare dell'articolo del 1963 per la rivista Tempo scritto da Franco Bandini

 Frontespizio dell'opuscolo del 1951 di Vannutelli dedicato alla memoria della moglie Elisina Carra

Frontespizio dell'opuscolo del 1959 di Vannutelli dedicato alla sua vita in Marina

 

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