LETTERE ALLA REDAZIONE |
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Da: Alessandro Manara <manaradiozzano@gmail.com> A: Gian Carlo Stella <africanabiblioteca@gmail.com> Data: 24 Maggio 2020 alle 9.07 Salve Nicola, Come tante altre persone che hanno avuto parenti in AOI, scrivo da anni un libro nel quale parecchi capitoli sono dedicati alla vita di mio padre che credo arrivò da Genova a Massaua nel ’37 o nel ’38. Da quel poco che so, aveva un magazzino a Massaua e una casa ad Asmara. Siccome aveva fatto la scuola allievi ufficiali, quando l’Italia entrò in guerra nel ’40 fu richiamato, ecc, ecc, e poi fu fatto prigioniero e mandato in India, ritornando in Italia nel ‘46. Sarà possibile avere informazioni riguardo la data del suo arrivo e la sua permanenza in Eritrea? Esiste un archivio del Ministero delle Colonie per gli imbarchi e sbarchi, ecc? Nel libro "Chi è? dell’Eritrea” di Giuseppe Puglisi che tu fai riferimento, ci saranno dei dati? Qualsiasi tipo d’informazioni sarà molto gradita. Cordialmente Alessandro Manara
Salve. Rispondo alla richiesta del Sig. Alessandro Manara Ne’ appare quel cognome nella lista - che conservo -, degli ufficiali presenti e richiamati in AOI del giugno 1940. Se l’informazione è sicura lo sarà stato dopo. |
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Da: Andrea Semplici <andrea@andrea.semplici.it> A: Nicky Di Paolo <n.dipaolo@libero.it> Data: 24 Marzo 2020 alle 19.28 Caro Nicki, Non ci siamo mai incontrati. E ora me dispiace. Sarebbe stato un buon incontro. Ognuno fermo nel suo stile, io giornalista superficiale e lui puntiglioso nel suo 'sapere' infinito. Spero che, alla fine, mi abbia voluto bene. Io lo stimavo molto. E lo leggevo con attenzione. Solo oggi, quasi per caso, sono venuto a visitare il sito di Corno d'Africa e ho saputo della morte di Alberto. Una malinconia, un dolore che si aggiunge a quelli di questi giorni. Se ti è possibile, fai avere alla moglie di Alberto, un mio saluto affettuoso. E un abbraccio (questo non posso impedircelo) a tutti voi della redazione. Andrea
Caro Andrea, |
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Da: antonio graziano sorino <antonio.sorino@libero.it> A: "n.dipaolo" <n.dipaolo@libero.it> Data: 15 giugno 2019 alle 12.48 Oggetto: Articolo Corpo di Sicurezza della Somalia Buongiorno, |
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Buongiorno/sera, Mi chiamo Fabio, sono di Genova ma vivo a Panama, centro America. Vi scrivo in merito ad una vecchia pittura su tela, credo etiope, che ho avuto modo di ritrovare. Mi piacerebbe sapere se potete aiutarmi a saperne qualcosa in più in merito dandole un'occhiata; ve la invio in allegato. Raffigura un re (forse Lalibela) ed una regina che toccano i frutti di un albero che sembra essere il melograno della vita? Tengono in mano una sorta di fazzoletto con i colori rastafariani. La tela sembra aver fatto parte di un'altra molto più grande, in quanto si vede chiaramente che è stata tagliata (male). Altre immagini si vedono, come una luna col volto in un cielo blu cobalto e donne incappucciate invece senza volto. Su entrambe queste figure, brancolo totalmente nel buio. Sapete qualcosa di più? Sul retro della tela sono ancora presenti dei piccoli grumi di cemento secco. La tela era forse direttamente murata su una parete? Sullo sfondo si intravedono quelli che sembrano proprio essere caratteri dell'alfabeto amarico. Dico bene? Grazie mille in anticipo per la vostra attenzione! Cordialmente, Fabio Livoti, fabio@lapepitapanama.com
Caro sig. Livoti, I due personaggi rappresentati, visto che sono un re e una regina, dovrebbero essere Mentuab e suo figlio Yassu II, che regnarono a Gondar nel XVIII secolo. Il dipinto, secondo me, va collocato fra l’incoronazione di Yassu II (1730) e la morte di Mentuàb (1769). Essi si trovano dipinti insieme anche in un codice miniato del XVIII secolo. Il nome del re è scritto alla destra del suo viso, ma i caratteri sono quasi tutti scomparsi e quindi è illeggibile. L’albero è certamente il melograno, mentre non appare il nome della regina. Le scritte sono in ghez, lingua parlata dagli aksumiti, che è rimasta come lingua titurgica Le tele venivano dipinte su un telaio e poi incollate alla pareti. I fazzoletti hanno i tre colori della bandiera etiopica, che rappresentano la Trinità (i rastafariani qui non c’entrano per niente). La luna e le donne rappresentate a destra fanno parte di un altro soggetto che non sono in grado di descrivere. Spero di esserle stato d’aiuto. Cordiali saluti. Alberto Vascon |
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Da: Vittorio Robiati <vittorio.robiati@gmail.com> Carissimi della redazione ho trovato per caso questo sito. Stavo cercando delle foto del Forte Baldissera e relativo cimitero essendovi stati sepolti mio Nonno Ettore Sarrubbi nel 1944 e mio Zio Umberto nel 1964, perché sto scrivendo un libro sul padre di mia mamma appunto Ettore Sarrubbi, che uno dei primi piloti al mondo nel 1909 1910 e le due figlie pilotesse di alianti addestrate a Cantu di cui Carmen precipitò vicino a Linate e mori ed è sepolta a Como e Mercedes continò a volare fino al 39 quando con tutta la famiglia si trasferirono in Eritrea. Devo dire che il vs sito è estremamente bello e ben documentato e ben scritto. Complimenti. Mio padre Augusto Robiati collaborò nel 1935 alla costruzione della teleferica con la Ceretti e Tanfani e poi andò con la Colombo a fare strade in Ethiopia e poi iniziò la guerra e lui era un ufficiale del Genio e andò sul fronte di Cheren dove venne fatto prigioniero dagli inglesi e poi scappo dal forte Baldissera e incontrò mia mamma Alma Sarubbi che sposò nel 41 e da cui nacquero nel 43 e 44 4 rampolli Vittorio, le gemelle Anna Maria e Maria Grazia e Giuseppe l'ultimo nel 47. Suo sito augustorobiati.it Bene Era solo per complimentarmi con il sito ed attendo con entusiasmo i nuovi capitoli. Gli altri li ho letti molto ben fatti e documentati. Un caro saluto Vittorio Robiati
Caro Robiati, grazie per i complimenti. Sono impressionato dalla vita avventurosa della tua famiglia. Gradiremmo un tuo articolo che anticipasse la stesura del tuo libro specie se trattasse della nascita dell'aviazione civile in Eritrea. Naturalmente pubblicheremo la tua lettera nella corrispondenza del sito. Un cordiale saluto, N. DI Paolo |
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---------- Messaggio originale ---------- ciao niki, sono nipote cinquantenne di nonna asmarina (italiana) classe 1904. Sono cresciuta con berbere' e zighini' recuperato da amiche di mia nonna e vari ristoranti eritrei di Roma e Napoli. Negli ultimi anni il sapore del berbere' e' cambiato. Non e' piu' quello di mia nonna. L'ultimo berbere' l'ho acquistato da Lula, eritrea che abita a Napoli. Buono, ma non ha piu' l'aroma del mio 'BERBERE''! Motivo per cui ho deciso di trovare una ricetta su internet e provare a farlo da sola. Ho provato a seguire la tua ricetta (attenendomi minuziosamente) ma oltre al colore (un rosso scurissimo rispetto a quello a cui ero abituata) l'odore e' completamente diverso (ed e' piccantissimo, pur essendo abituata a mangiare peperoncino anche a colazione!) Dove avro' sbagliato??? Manuela Gentile signora, Sono poche le persone che incontro e che evitano di parlare della favolosa cucina eritrea. Tutti desiderano sapere i segreti per preparare un ottimo zighinì. Purtroppo non ho risposte semplici a questo quesito. Infatti la sostanza principale per preparare lo squisito piatto nazionale eritreo è il berberè, miscela di spezie, la principale delle quali è il peperoncino che cresce in Africa Orientale; il berberè contiene mescolate però almeno altre otto sostanze fra le quali ricordiamo lo zenzero e i il cardamomo. Tuttavia chi prepara questa fantastica spezia, non si avvale certo di precise ricette scritte né tanto meno utilizza precise bilance per assicurare un prodotto sempre uguale. Queste sono le ragioni principali perché sono così diverse le tonalità di gusti che si vengono a creare nella cucina eritrea. Personalmente acquisto o mi faccio comprare il berberè al mercato di Asmara sempre dallo stesso venditore e così ho più probabilità di poter preparare lo zighinì alla stessa maniera. Può ben capire che se utilizza le mie ricette, ma compra il berberè in luoghi diversi, avrà sempre risultati diseguali. A mio parere anche la lunga guerra tra Eritrea e Etiopia ha causato modificazioni nella preparazione dello zighinì sia per la difficoltà di reperire tutti i componenti del berberè, sia per la necessità di preparare la magica polvere rossa adeguandosi al gusto di genti diverse. Quindi, come ho detto prima, oggi il berberè viene preparato in vari modi: tutte le miscele hanno composizioni diverse e il mio consiglio quindi è quello di acquistare questa droga sempre dallo stesso fornitore e, con varie prove, arrivare a trovare il sapore giusto per il suo palato. Cari saluti, Nicola Di Paolo |
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Caro Niki Di Paolo, sono un geochimico, dell’Università di Cagliari in pensione, appassionato di storia e di Etiopia. Dal 1983 sino al 2003 ho partecipato ad un programma di Cooperazione Universitaria Promosso dal Dipartimento Cooperazione allo Sviluppo del M.A.E. Dal 2004 al 2011, data del mio pensionamento, ho partecipato a vari programmi di ricerca, organizzati dalla Regione Sardegna, legge 19 cooperazione decentrata, che coinvolgevano l’Università di Cagliari e quella di Addis Abeba. Dal 2012 sino ad ora mi dedico al volontariato presso, principalmente, l’Ospedale Rurale e Lebbrosario di Gambo occupandomi degli impianti di trattamento dei reflui ospedalieri e di potabilizzazione di acque inquinate con sistemi naturali ecosostenibili a bassissimo costo di impianto e di gestione. Solitamente, quando ho un dubbio circa vicende storiche non chiare, sono solito rivolgermi a noti professori che partecipano ai programmi televisivi di carattere storico e solitamente mi rispondono con cortesia e pazienza. Ho posto un quesito, che riguarda la storia italiana in Etiopia, a quattro Professori esperti in storia contemporanea ma, questa volta, non mi hanno risposto o si sono dichiarati incapaci di chiarirmi il dubbio. Seguo da lungo tempo il sito Il Corno d’Africa e penso che lei possa esaudire il mio desiderio di far luce sui fati a me non chiari. Desidererei, se ciò non le arreca troppo disturbo, che mi chiarisse un dubbio riguardante un avvenimento storico avvenuto in Etiopia durante gli anni 30. Le chiedo: dove si svolsero i fatti della strage dell’Amba Aradam, nell’Amezegna Washa, presso la città di Ankober a 100 Km a nord est di Addis Ababa nel 1939, come riportato in un articolo di “La Repubblica” del 2006 sulla tesi di laurea del Dr. Matteo Dominioni, che allego, o presso Maychew a sud di Macalle nel 1936, come la storia ci racconta? So per certo che presso Maycew si svolse una sanguinosa battaglia perché, quando passavo da quelle parti, il mio autista mi raccontava, sempre, che suo nonno vi partecipò perdendo il pollice sinistro. Esistono due ambe Aradam?
La ringrazio e Le porgo distinti saluti. Alessandro Rivoldini 30-3-2018
Caro Sig. Rivoldini, Strage di Zerèt Nell’articolo che mi ha inviato, pubblicato su “La Repubblica” del 2006, c’è un’evidente contraddizione fra il titolo e il testo. Il titolo è: AMBA ARADAM - Etiopia quella strage fascista all’interno c’è scritto: Ma quando sai cosa accadde nella battaglia dell'Amba Aradam, montagna fatale dell'Etiopia, quel termine sembra coniato apposta per coprire l'orrore. Qui si parla dell’Amba Aradam vicino a Mai Ceu, e non si capisce cosa significhi l’Amba Aradam del titolo, dato che si parla della strage di Zerèt.
L’Amba Aradam Nel Dizionario di Storia Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/africa-orientale-italiana_Dizionario-di-Storia/) si parla del massacro di Amezegna Washa presso il monte Amba Aradan (non so da dove abbiano ricavato questo nome, che fra l’altro è anche scritto sbagliato). Il paese di Zerèt, dove si trova la grotta, non è vicino ad Ancober come è scritto nell’articolo menzionato sopra, ma si trova nel Mens, 120 km in linea d’aria da Ancober e 210 km su strada. Da Addis Abeba bisogna prendere la strada di Asmara e girare a sinistra al passo del Terma Ber prima della galleria (km 170) sulla strada che porta alla riserva del Guassa, in direzione di Mahàl Mieda (da AA 270 km), dove si può alloggiare all’Hotel Netsannèt. Il giorno dopo si va a Zerèt (circa 20 km).
Qui parte la diramazione per Mahàl Mieda Zerèt si trova qua, come vede ben distante da Ancober:
Matteo Dominioni parla della strage di Zerèt nel libro Lo sfascio dell’impero - Gli italiani in Etiopia 1936-41. Se le interessa, può vedere il nostro commento alla pagina http://www.ilcornodafrica.it/rdc-02sfascio.htm. Le segnalo anche il libro La battaglia alla grotta del ribelle di Zeret (Etiopia) nell’Aprile 1939, di Gian Paolo Rivolta, speleologo di grande esperienza, diventato presidente della commissione Centrale di Speleologia del CAI, che ha visitato la grotta nel Dicembre 2008 e nel Febbraio 2009, facendone un rilievo completo sia topografico che fotografico. È un libro molto interessante di cui troverà la recensione fatta da Nicky Di Paolo alla pagina http://www.ilcornodafrica.it/b-ndpr1.htm Cordiali saluti. Alberto Vascon
Da: alessandro rivoldini <a.rivoldini@outlook.it> Carissimo Niki, la ringrazio della risposta esauriente al quesito da me posto riguardo ai fatti dell’Amba Aradam. Sono rientrato ieri dall’Etiopia, dove ho trascorso circa tre mesi presso l’Ospedale Rurale e Lebbrosario di Gambo a est di Arsi Neghelli per un periodo di volontariato, e solo oggi ho visionato la corrispondenza. Finalmente dopo essermi rivolto a famosi storici, che appaiono in TV, a giornalisti che curano trasmissioni storiche e perfino a Paolo Mieli, che ha commentato la mia domanda “bel quesito” ma non mi ha saputo rispondere, ho avuto una chiara esposizione dei fatti. Continuo a seguire le vostre rubriche su “il Corno d’Africa” e mi complimento per le pubblicazioni in esso contenute. Cordiali saluti. Alessandro Rivoldini |
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Sono Benito Romagnoli, un ex asmarino e forse abbiamo avuto modo di incontrarci in uno dei convegni del Mai Tacli. Innanzi tutto mi scuso per questa mia intrusione, resa possibile dall'amico Angelo Granara, che gentilmente mi ha trasmesso il suo indirizzo telematico. Dopo questo breve preambolo, vengo al dunque di questo mio scritto. Navigando sul sito il Corno d'Africa, sono stato attratto da un suo articolo sull'ALBERO DELLA VITA, dove fa riferimento all'esistenza di un grande affresco del XIV secolo presso il Presbiterio dell'Abbazia Benedettina di Santa Maria in Sylvis a Sesto al Reghena, vicino Portogruaro, probabile opera di Giotto. Come forse saprà, sono un artista dilettante e la fotografia del quadro mi ha dato l'ispirazione per avventurarmi un una scultura sull'Albero della Vita. Opera, realizzata in legno d'ulivo (tutte le mie sculture sono state realizzate esclusivamente con l'ulivo) che ho appena ultimato e della quale le sottopongo due fotografie per un suo commento e per l'uso che ne vorrà fare. Mi permetta ora, una mia interpretazione dell'opera. Nella facciata principale appare un Cristo crocefisso, pezzo unico (non sono in grado di dirle la natura del legno, era una pianta di fiori che avevo in giardino e che si è seccata) sospeso su una pianta di melograno che rappresenta l'Albero della Vita, così come appare nell'affresco anzi detto. Naturalmente al melograno ho dato una mia interpretazione, essendo impossibile riprodurre nei dettagli quello del quadro in questione. Il concetto che mi ha guidato nell'opera, è stata la considerazione che <CRISTO> ha due nature, quella divina datagli dallo spirito santo e quella umana derivata dal parto della Madonna. Tolti gli eroi ed i martiri, la maggior parte degli esseri umani non accetta la morte e così, secondo me, la natura umana del Cristo avrebbe voluto ribellarsi alla morte, ma nello stesso tempo ha accettato la morte per crocefissione, sublime sacrificio divino, trasferendo il suo corpo dalla croce all'Albero della Vita, per infondere all'umanità fiducia e speranza nel futuro. Il sottofondo bulinato, rappresenta l'umanità, che dal sacrificio di Cristo ha tratto vigore per moltiplicarsi e crescere come i tanti semi del frutto del melograno. Nel suo articolo, fa
riferimento alle caratteristiche delle croci etiopiche e nel retro
(molto semplice e lineare) ho voluto inserire soltanto il titolo
dell'opera ed una simbolica croce etiopica.
Caro sig. Romagnoli, concordo perfettamente con le sue coclusioni, quindi non ho commenti da fare. Mi piacerebbe pensare che la base del suo Albero della Vita rappresenti, secondo la tradizione antica, la tomba di Adamo, morto per i suoi peccati e in attesa della resurrezione. |
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Dear Di Paolo, Thank you in advance. Regards, Wasim A. Elburawi Tripoli, Jan 3rd 2016 On 3 Jan 2016 10:15 am, "n.dipaolo@libero.it" <n.dipaolo@libero.it> wrote:
Dear Sir, In Eritrea there were many movie theatres. In Asmara: 1) Cinema Augustus (2002 seats) 2) Teatro Asmara (890 seats) 3) Cinema Impero (1950 seats) 4) Cinema Odeon (1874 seats) 5) Cinema Roma (1500 seats) 6) Cinema Santa Caterina of the Catholic Mission (300 seats) 7) Cinema Dante (580 seats) 8) Cinema Hamasien (850 seats) In Massaua: 1) Cinema Corso (850 seats) 2) Cinema Eritrea (700 seats) 3) Cinema Italia (500 seats) In Decamerè: 1) Cinema Teatro Imperiale (850 seats) In Assab 1) Cinema Impero (800 seats) In Cheren: 1) Cinema Impero (8oo seats) In Ghinda: 1) Cinema Buon Respiro (250 seats) In Adi Ugri: 1) Cinema ???? (250 seats) All building are of great architectonic value. Until recently, the men interested in Eritrean theater shows were still alive. Just to remember one, I will mention Cesare Alfieri who died few years ago. Personally, I remember two shows of the great illusionist Enrico Ceccarelli from Siena; in his world tours, he always stopped in Asmara because he was attracted by Eritrea. In order to assist you in your research, I will publish your mail on our website, in the hope that somebody gives us light on the theatre activity in Eritrea, while, regarding the movie activity, which to some extent is still active, the same has been always produced with subtitles at least in two languages, so that different peoples might enjoy the view. I send this mail also to Dr. Giancarlo Stella (African Library, Fusignano (Ravenna)) and to the Asmara journalist Angelo Granara, potentially important sources of news in this regard. Best regards. Nicola Di Paolo
----Messaggio originale---- Dear Editor, I heard about you from google.com. I am a researcher in musicology and I am currently working on a study on the Italian musical institutions in Libya during the colonial era, especially during the fascist regime. I deal with art music. I ask you to help me in my research through your network or through your personal knowledge. I am looking for information on musical and opera, concerts, tours of important Italian artists; then theaters, high school musical, or whatever initiatives could be an opportunity for musical performances. I need to know where they could find this information, photographs documents, and brochures. Right now they are aware of the main theaters of Tripoli (Teatro Miramare and Uaddan), Benghazi (Berenice and Alhambra Theatre) and Asmara (Asmara Theatre, Odeon, Empire), but I almost completely missing information on what was being done and shown, directors of music and theater, musicians, orchestras and singers.
Your help will be appreciated. Best regards, Wasim A. Elburawi |
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Benito Romagnoli: Racconti in Libertà. L’ultimo lavoro di Benito Romagnoli si presenta sotto le vesti di un libro, ma non è affatto un libro: è una teca, un forziere, un contenitore in cui l’autore ha racchiuso tutta la sua vita. Esperienze, sogni, illusioni, speranze, sofferenze, gioie, dolori, amori, avventure e amicizie che hanno forgiato la sua filosofia di vita. E, oggi, dopo le meditazioni di lunghe notti insonni e giorni di solitudine ha trovato la forza di dare sfogo al coacervo di sentimenti che continuava ad arrovellarlo senza avere una persona cara con cui confidarsi e da cui avere consiglio e conforto. E così il fiume dei sentimenti ha cominciato a defluire calmo e lento alternando placide anse a cascate, strettoie ed ampi alvei fino alla sospirata foce che si apriva liberatoria. Una autobiografia, alleggerita da fantasie, raccontata con la penna lieve di un artista che, dopo essersi cimentato con successo nella scultura del duro e tormentato legno d’ulivo, ha voluto affidarsi alla morbidezza della sua scrittura per dare sollievo al suo cuore, alla sua mente, alla sua anima. angra |
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Caro signor Niccolai, non mi dispiace parlare ancora di Scabbia perché mi ritengo fortunato essere stato un suo allievo. Tuttavia, da quello che ho capito, fino ad oggi, coloro che possiedono molti dipinti di Scabbia, non hanno intenzione di darsi da fare per portare avanti la riqualificazione di questo originale pittore. Riassumo alcuni suggerimenti proposti da me per dare una identità allo Scabbia uomo e alle sue opere: - i dipinti e i disegni di Scabbia sono molto vari, originali, espressivi, in certi momenti forti, in altri delicati ma con uno stile inconfondibile e un unico sentimento espresso: il suo grande amore per l’Africa. È indispensabile individuare un gallerista serio che prenda in mano la situazione effettuando un vero e proprio censimento delle opere esistenti, nonché una mostra antologica dei dipinti di Scabbia, - sono eredi diretti di Scabbia coloro che possiedono molti dipinti e disegni che sarebbero lieti di mettere in vendita a prezzi accettabili - se prima o dopo la mostra si cerca di far riconoscere ai media la personalità umana e pittorica di Scabbia, allora il gioco è fatto, tenendo presente che l’autore è morto da molti anni e un’eventuale lancio delle sue opere aprirebbe la possibilità di fare apparire copie false dei suoi quadri. - Purtroppo non possiedo opere di Scabbia. Mi auguro di essere stato esaustivo. Cordiali saluti
Nicky Di Paolo
----Messaggio originale---- Gentilissimo, ho letto il Suo articolo sul pittore Aldo Scabbia su "Il Corno d'Africa" ed essendo destinatario di un dono fattomi dallo stesso di un suo quadro "Ritratto di Arabo" olio su tavoletta cm 60x60 del 1956 mi sono interessato presso l' ANTICHITA' di Bologna per avere la valutazione e mi è stato risposto che il valore dei quadri del mio professore di Disegno è molto esiguo, sono rimasto molto deluso, non tanto per il valore intrinseco in sé quanto per la mancata valorizzazione del lavoro di Scabbia. Sono a Lei per avere la conferma di quanto dettomi e un consiglio a chi rivolgermi per avere una valutazione che sia più vicina possibile alla realtà. La ringrazio per l'attenzione e rimango in attesa di una sua cortese risposta Silvio Niccolai |
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Data: 20/04/2015 19.18
Gent.mo Signor Di Paolo, Le sono
molto grata per le notizie che così celermente ha trovato
sull'ALFA. Quando i miei Zii raccontavano, io ragazzetta stavo a
sentire con mezzo orecchio, ma quelle storie, ora che sono vecchia,
mi tornano in mente e mi rammarico di avere così pochi dettagli, ma
ecco che arriva Lei e l'ALFA assume dei connotati ben precisi.
Da: n.dipaolo@libero.it
invio la sua lettera e la mia risposta a Alberto Vascon perché la pubblichi sul nostro sito e a Giancarlo Stella per vedere se ha qualche notizia in più riguardo il panificio-pastificio Alfa di Asmara. Nel frattempo le trascrivo ciò che è scritto nel volume “200 Pagine sull’ Eritrea del 1952” di Giacinto Fiore:
“ l’ALFA, Società Anonima Azienda Lavorazione di Farine e Affini, è situata in Asmara, Via Casati 16, telefono 6274. Amministratore G. Battaglia. L’industria, in attività dal 1941, dispone di un impianto semi-meccanico, moderno e razionale, ubicato in ampi locali ove hanno sede il pastificio, la pasticceria, gli uffici, i magazzini e i servizi con docce e spogliatoi per le maestranze; complessivamente l’azienda copre un’area di 300 m. quadri. Nel settore panificio, la lavorazione avviene in varie fasi; le farine, immerse in una macchina mescolatrice e setacciatrice, passano da qui a tre impastatrici meccaniche e quindi alla spezzettatura eseguita da altre due macchine, una delle quali operante automaticamente; infine la forma viene data da altre tre apposite macchine. Subita la lievitazione, le forme passano per la cottura a un forno meccanico a tre camere. L’attrezzatura di questo reparto è completata da carrelli per il trasporto, madie, eccetera. L’impianto del settore pasticceria conta una raffinatrice a tre cilindri di granito, uno sbattiuova meccanico, una siringatrice ed un forno a fuoco diretto. Tutto il macchinario è azionato da motori elettrici: pur essendo fornita di energia dalla rete locale, l’azienda è dotata di un gruppo elettrogeno ausiliare con un motore Deutz. La capacità di produzione dell’impianto è di 20 quintali al giorno. L’azienda produce pane, biscotti, pasticceria e pasta fresca in una estesa varietà di forme e di tipi. Impiega 5 italiani e 23 operai nativi e dispone di propri automezzi per i trasporti. Ha due negozi di vendita ed uno di rivendita in Asmara".
Se ci invia il libro di sua madre, pubblicheremo volentieri una recensione, Molti saluti.
N. Di Paolo
la sorella di mia nonna e suo marito, Maria De Micheli ed Eugenio Toscano, vissero ad Asmara dal 1936 a fin dopo la guerra. Avevano una fabbrica di pane e dolci chiamata A L F A (Azienda Lavorazione Farine e Affini). Ho notato che "il forno Alfa (vicino a p.zza della Posta)" è menzionato in una delle lettere alla redazione pubblicate sul sito (Giuseppe Cordaro, 13-1-05).
Vorrei chiedervi se c'è il modo di
sapere se qualcuno si ricorda di questa fabbrica o addirittura dei
miei zii. Inoltre vorrei andare in Eritrea e, se possibile, mi
farebbe molto piacere ritrovare, se esiste ancora, l'edificio della
fabbrica o del negozio; qualcuno mi può dire dove erano ad Asmara?
(anche coordinate geografiche da Google Maps).
Foto di Laura Bertolotto
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----Messaggio originale----
la ringrazio per la tempestiva risposta e per le informazioni dettagliate che mi ha inviato. Nel caso ci fossero sviluppi interessanti la terrò informata. Io tratto antiquariato e devo dire che questo periodo esula un po’ dalle mie competenze, in ogni caso ho riconosciuto in Scabbia "una mano" molto abile e sapiente che riesce a trasmettere forti emozioni. Grazie ancora per la sua disponibilità. Buona giornata
g. maglia
Il giorno 29 gennaio 2015 11:29, n.dipaolo@libero.it <n.dipaolo@libero.it> ha scritto:
Egregio signore,
mi fa molto piacere poter parlare di Scabbia con un gallerista; sono stato un allievo di Scabbia in Africa, ho conosciuto il suo grande valore sia come uomo che come pittore; anzi una precisazione: ho conosciuto Scabbia come un disegnatore: per la maggior parte le sue opere erano ritratti di gente del corno d'Africa disegnati utilizzando gessetti e matite. Lui prediligeva disegnare in bianco e nero giocando con le ombre e gli sprazzi di luce. Nel Corno d'Africa tutti sognavano di avere un quadro dello Scabbia in casa, ma lui non commerciava le sue opere; la maggior parte lui le regalava mentre un certo numero sono andate agli eredi. Se lei visita il mio sito www.ilcornodafrica.it troverà nella corrispondenza, alcune lettere degli eredi di Scabbia che offrono i quadri del parente o chiedono lumi su come poterle vendere. Lo consigliavo, come potrà leggere, di rivolgersi a un serio gallerista per poter organizzare una mostra e presentare la complessa personalità dell'autore. Scabbia in Eritrea era amico del professor Biagetti, docente di filosofia e penso che la loro grande amicizia abbia maturato in entrambi quella passione per l'Africa che, uno negli scritti e l'altro nel disegno e nella pittura, riuscirono così bene a raffigurare. Il mio consiglio, se gli eredi non l'hanno ancora fatto, è quello di raccogliere le opere e farne una mostra importante perché, come si evince bene anche dalle opere in suo possesso, Scabbia era davvero un grande pittore e merita, anche se molto tardivamente, un grande successo. Le sarò grato se mi terrà informato sugli sviluppi di questa storia. Un cordiale saluto.
Nicola di Paolo
----Messaggio originale----
Buongiorno, mi chiamo Giampiero Maglia e sono un antiquario di Bologna. Mi permetto di scriverle in quanto ho letto il suo articolo sul pittore Aldo Scabbia. Sono appena entrato in possesso di due dipinti di Aldo Scabbia di cui le allego le foto. Le chiedo se l'artista può avere un mercato in Italia o se ha trovato gallerie disposte a promuovere il pittore inserendolo nelle loro mostre. La ringrazio per l'attenzione, e nella speranza di ricevere una sua cortese risposta, la saluto cordialmente.
Giampiero Maglia Antichità il leone tel. 335.5230431
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Egr. sig. Borg,
Aggiungo alcune note, oltre alla risposta di Di Paolo, alla sua e-mail del 23-1-2015.
La storia del Congo la conosciamo, e paragonare il colonialismo italiano nel Corno d’Africa al Congo Belga è fuori luogo. In Congo i belgi hanno lasciato solo schiavi e nient’altro. Lei non ha conosciuto né l’Eritrea né l’Etiopia.
Nel 1936 in Eritrea c’erano industrie, strade asfaltate e ferrovie. In cinque anni di occupazione dell’Etiopia, dal 1936 al 1941, gli italiani avevano creato la nazione africana più industrializzata dopo il Sudafrica. Avevano costruito ospedali, alberghi, uffici postali, linee telefoniche, aziende agricole, acquedotti, strade, officine, pastifici, cotonifici, chiese, moschee ad un livello inimmaginabile nelle colonie inglesi (basti pensare che Nairobi non aveva strade asfaltate, Khartoum non aveva fognature quando il Sudan ha avuto l’indipendenza nel 1953 e i liquami venivano raccolti nei cassoni aperti dei camion che poi attraversavano la città ancora negli anni ’70). La invito a leggere i nostri commenti su alcune pubblicazioni di storici e giornalisti odierni, in particolare http://www.ilcornodafrica.it/rdc-08-italianibg.htm, che la invito a leggere con attenzione, dato che riporta opinioni diverse da quelle di Del Boca. La invito anche a leggere la pag. http://www.ilcornodafrica.it/rdc-02sfascio.htm e la pag. http://www.ilcornodafrica.it/rdc-24-ilfattoquotidiano.htm. Mi aspetto da lei una risposta.
Alberto Vascon 28-1-2015
Egregio signor Borg,
mi sembra un po' eccessivo quando mi conferisce il titolo di partigiano; una cosa è certa, lei poco ha letto dei nostri scritti dove apertamente e senza alcun indugio esponiamo i nostri pensieri e non abbiamo reticenze a citare chiunque si occupi dell'argomento del Corno d'Africa. Penso che Del Boca, contrariamente a quanto lei scrive, sia il più citato dagli autori che spesso ricordiamo, citato sia nel nostro sito che nei nostri libri pubblicati negli ultimi 15 anni (11 volumi). Un'altra cosa importante è che nulla ho a che fare né hanno a che fare gli altri componenti della redazione con la rivista " Il reduce d'Africa", dove non ho mai scritto alcun articolo né espresso qualsiasi opinione. Quindi la invito amichevolmente a rileggere tutto ciò che è stato scritto nel nostro sito onde avere una corretta visione dei nostri pensieri. Buona lettura e molti saluti.
Nicky di Paolo
----Messaggio originale---- Buongiorno Sig Di Paolo,
le confesso che leggendo la sua mail in risposta a quella del Sig Busi dello scorso marzo sotto riportata, mi pare di notare una presa di posizione molto "partigiana". Come lei stesso afferma "è difficile dimostrare che noi siamo stati meno crudeli e meno razzisti di tutti gli altri popoli". Il mito dell'italiano buono è appunto un mito e a parte le efferatezze del Congo belga, il colonialismo italiano ha avuto i suoi meriti ma anche le sue inconfessabili colpe al pari di quello inglese e francese. Quello che è mancato invece a mio parere, e non solo mio, è proprio un'approfondita revisione critica di quella esperienza così come avvenuto in altri paesi europei. Infine lei parla di giornalisti e studiosi che a suo parere hanno avuto una visione critica unidirezionale ma non fa alcun nome, perchè non ne cita almeno qualcuno? Se vuole un nome lo faccio io: Del Boca, forse il più preparato sull'argomento che dopo anni ha visto riconosciute le sue accuse sull'utilizzo dell'iprite in Etiopia da Montanelli e dal governo italiano. E dei criminali di guerra italiani (a partire da Graziani) sempre coperti dallo stato italiano cosa ne pensa? Veda io non mi ritengo tra coloro che vogliono attribuire a tutti i costi tutte le responsabilità degli eccidi e dei tanti misfatti perpetrati in Africa unicamente al colonialismo o al postcolonialismo europeo, è evidente che le colpe vanno ripartite anche tra i governi e le classi dirigenti dell'Africa postcoloniale ma leggere sulla sua rivista ancora oggi termini come civiltà benessere cristianità quali unici contributi dati con grande altruismo alle popolazioni africane, mi sembra molto lontano dalla realtà. Una realtà complessa che andrebbe guardata senza gli occhiali dell'ideologia o dell'appartenenza politica. Credo che una rivista come "Il Reduce d'Africa", con il suo ricco archivio di documenti storici, farebbe un miglior servizio ai propri lettori se si sforzasse di aprirsi a una lettura più attenta e articolata di quegli anni che fanno parte di un passato che purtroppo hanno visto l'Italia responsabile di tragedie riconducibili a un ben preciso regime politico, anzichè prestarsi a interpretazioni che rievocano nostalgie di tipo nazionalistico quando non apertamente fascista. Il mio nome non le dirà nulla ma sono nato a Mogadiscio nel 1952 e mio padre è nato e vissuto per oltre 40 anni tra Egitto, Eritrea, Somalia e Kenia ed è vostro lettore.
Ps: se posso consigliare una mia recente lettura scevra da ideologismi vari e molto documentata: "Congo" di David Van Reybrouck Cordiali saluti
Enrico Borg
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----Messaggio originale---- Spett.le redazione. Ho letto con grande attenzione la denuncia da voi fatta riguardo la pubblicazione delle fotografie in oggetto. Se ce ne era bisogno è una ulteriore dimostrazione di quanto pressapochismo sia infarcita una certa ricerca storica italiana. Questi presunti giornalisti (guarda caso quasi sempre di una certa tendenza politica) non perdono occasione di gettare fango su tutto un periodo storico ben specifico nel quale fu coinvolto il nostro paese. Aldilà delle convinzioni di parte trovo assolutamente ingiustificato e assai povero intellettualmente un simile atteggiamento da parte di chi, almeno per onestà professionale, dovrebbe invece divulgare la verità. La Verità (quella con "V" maiuscola) sia essa nel bene e nel male non dovrebbe fare paura a nessuno. Il colonialismo di casa nostra, come del resto quello di tutte le altre nazioni, ha avuto indubbiamente delle pagine oscure ed atroci che sono state ampiamente divulgate nel corso degli anni, e si sa che la storia di norma non la scrivono i perdenti. Ma a così tanta distanza di tempo dai fatti avvenuti bisognerebbe almeno essere obbiettivi. I giornalisti, o gli autori, che desiderano trattare di questo argomento dovrebbero almeno darsi la pena di andare a consultare TUTTO quello che è stato scritto prima e specialmente da chi fu protagonista. Spesso mi trovo a discutere di questi argomenti con conoscenti ed inevitabilmente scattano le dichiarazioni che noi abbiamo solo fatto del male alle popolazioni delle nostre colonie. Il discorso è ovviamente lungo e complesso, ma basta ricordare come è ridotta adesso la Somalia e Mogadiscio in particolare. Ho amici nati laggiù nel dopoguerra e ricordano come fosse bella ed accogliente, oggi non è altro che un cumulo di macerie. Mi chiedo: era poi così tanto peggio quando era amministrata da noi? Vorrei precisare, a scanso di equivoci, che non mi sento di appartenere a nessuna corrente politica. Grazie per l'attenzione. Claudio Busi - Bologna
----Messaggio originale---- Spett.le redazione. Ho letto con grande attenzione la denuncia da voi fatta riguardo la pubblicazione delle fotografie in oggetto. Se ce ne era bisogno è una ulteriore dimostrazione di quanto pressapochismo sia infarcita una certa ricerca storica italiana. Questi presunti giornalisti (guarda caso quasi sempre di una certa tendenza politica) non perdono occasione di gettare fango su tutto un periodo storico ben specifico nel quale fu coinvolto il nostro paese. Aldilà delle convinzioni di parte trovo assolutamente ingiustificato e assai povero intellettualmente un simile atteggiamento da parte di chi, almeno per onestà professionale, dovrebbe invece divulgare la verità. La Verità (quella con "V" maiuscola) sia essa nel bene e nel male non dovrebbe fare paura a nessuno. Il colonialismo di casa nostra, come del resto quello di tutte le altre nazioni, ha avuto indubbiamente delle pagine oscure ed atroci che sono state ampiamente divulgate nel corso degli anni, e si sa che la storia di norma non la scrivono i perdenti. Ma a così tanta distanza di tempo dai fatti avvenuti bisognerebbe almeno essere obbiettivi. I giornalisti, o gli autori, che desiderano trattare di questo argomento dovrebbero almeno darsi la pena di andare a consultare TUTTO quello che è stato scritto prima e specialmente da chi fu protagonista. Spesso mi trovo a discutere di questi argomenti con conoscenti ed inevitabilmente scattano le dichiarazioni che noi abbiamo solo fatto del male alle popolazioni delle nostre colonie. Il discorso è ovviamente lungo e complesso, ma basta ricordare come è ridotta adesso la Somalia e Mogadiscio in particolare. Ho amici nati laggiù nel dopoguerra e ricordano come fosse bella ed accogliente, oggi non è altro che un cumulo di macerie. Mi chiedo: era poi così tanto peggio quando era amministrata da noi? Vorrei precisare, a scanso di equivoci, che non mi sento di appartenere a nessuna corrente politica. Grazie per l'attenzione. Claudio Busi - Bologna
Caro signor Busi, sono anni e anni che il nostro sito e le nostre pubblicazioni sono impegnati a cercare di far capire agli italiani di oggi che i loro padri e i loro nonni hanno operato in Africa orientale per il bene di quelle popolazioni più che per conquistare terre e ricchezze. È difficile dimostrare che noi siamo stati meno crudeli e meno razzisti di tutti gli altri popoli che agli inizi del secolo decimonono si gettarono con bramosia e senza alcuna delicatezza a dividersi l'Africa fino allora, salvo poche azioni, rimasta integra e indipendente. In Africa orientale rimasero tanti italiani sia perché il Negus li invitò a rimanere, sia perché gli italiani che avevano lasciato la loro patria per vivere nel Corno avevano ben capito la bellezza dei luoghi e l'ospitalità della gente che li abitava. Essi si erano innamorati degli altipiani, dei bassopiani, del mare, delle barriere coralline e dei popoli autoctoni; il tutto sembrava fosse stato creato per vivere con noi. Il mal d'Africa, che trovo bruttissimo come concetto per definire quel violento sentimento che lega l'europeo alla terra d'Africa che tutto è all'infuori di “male “, ha colpito tutti gli italiani che sono andati laggiù o come militari o meglio ancora come civili e, continueremo a ripeterlo fino alla nausea, hanno vissuto tutti assieme un'esistenza straordinaria, unico esempio in tutta l'Africa, dove un forte legame tra bianchi e neri ha permesso di scrivere assieme pagine di storia esaltanti. A dire il vero di bianchi non c'erano solo gli italiani, ma esisteva anche una folta comunità statunitense, anche quella ben integrata pur se costituita da personale militare accompagnato dalle proprie famiglie. Comunità più modeste erano costituite da indiani, israeliani, greci, etc. e quasi tutti parlavano un buon italiano. I cinematografi, i club, gli stadi, i ristoranti, i bar, le chiese erano frequentati indifferentemente da eritrei e da stranieri e in tutti i settori vigeva una grande libertà. Alla fine degli anni 60 tutti gli stranieri abbandonarono il corno d'Africa infiammato da guerre intestine, durate decine di anni ed ancora non del tutto sopite. La memoria degli anni che vanno da subito dopo la guerra mondiale fino alla fine degli anni 70 è rimasta viva nella mente e nel cuore di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di abitare in quei tempi quella parte della Africa. Purtroppo di tutto questo non c'è stata una onesta e veritiera presa di visione da parte degli Istituti di storia delle università italiane: di quel periodo della nostra esistenza, che non fu insignificante perché ricco di umanità e di un modus vivendi che potrebbe anche oggi essere di esempio per tutti i popoli della terra, si è palato e se ne parla ancora poco e male. Siamo perfettamente d'accordo con lei che i pochi storici che si sono occupati dell'argomento si sono solo preoccupati di sostenere l'ideologia che erroneamente attribuiva ai militari e ai civili italiani che avevano operato nel Corno d'Africa una matrice di destra che andava denigrata in tutti i suoi aspetti con esaltazione di immaginarie e inenarrabili sofferenze perpetrate contro gli abitanti di quelle terre. Si ignora volutamente la realtà che tra Eritrea ed Italia non c'è mai stata guerra e alcuni deprecabili episodi di crudeltà bellica furono perpetrati solo in Etiopia e di quelli dobbiamo fare ammenda. Ma per il resto l'Italia e gli italiani si comportarono in Africa in modo ammirevole, osteggiati non dagli africani, ma da altri popoli europei che vedevano nel nostro comportamento una pericolosa diversificazione dei loro metodi colonialisti tendenti solo allo sfruttamento delle terre e delle popolazioni. Purtroppo, malgrado la nostra volontà di correggere gli scritti dei pochi storici che fino ad oggi si sono occupati di quella parte di vita italiana, ci sono ancora individui che in malafede, in quanto non documentati e non edotti, scrivono imbecillità e falsità che oltre alla nostra rabbia, suscitano ilarità per la loro totale errata revisione di fatti ed episodi accaduti nel Corno d'Africa.
Alcuni nostri redattori contestano parola per parola e rigo per rigo
le affermazioni di novelli storici che arrivano a sbagliare perfino
la collocazione di posti e villaggi; ma non si vergognano e per la
maggior parte non riconoscono gli errori banali in cui incorrono le
loro relative deduzioni. Recentemente dobbiamo riferire in verità
che qualche passo indietro da parte degli storici italiani è stato
fatto, ma sempre pochissimo rispetto ai grandi danni morali causati
a tutti gli italiani che avevano portato il Corno d'Africa ad un
livello che ancora oggi è ben evidente malgrado decine di anni di
guerra abbiano distrutto buona parte dell'operato di allora. |
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Da: tanca@moto.it
Data: 18/02/2014 12.12 Buongiorno, mi chiamo Maurizio Tanca, sono un giornalista di Milano e poco tempo fa ho letto la notizia della morte del cavalier Valentino Campagnolo, avvenuta pochi mesi dopo la pubblicazione del suo avvincente racconto sull’ultima missione del cacciatorpediniere Tigre, tragicamente affondato nel Mar Rosso nell’aprile del 1941. Il racconto, redatto dalla collega Valeria Isacchini e pubblicato su “Marinai D’Italia” lo scorso aprile, cita il Cavalier Campagnolo come “l’ultimo (forse) superstite del Tigre”. In effetti non è così: mio padre, Giorgio Tanca, veneziano nato il 26 ottobre del 1919, era anch’esso a bordo del Tigre in quel tragico giorno, e mentre scrivo si trova serenamente a casa sua, a Milano. Vorrei ricordare anche che il 21 ottobre dello stesso anno persero la vita nel Mar Rosso anche il Comandante Costantino Borsini, cugino di mia madre e medaglia d’oro, assieme all’attendente Vincenzo Ciaravolo, entrambi affondati con la nave. Grazie per l’attenzione, e cordiali saluti. Maurizio Tanca |
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Da: stefano.martinelli@csv.como.it
Data: 25/12/2013 17.35
Viaggio in Etiopia sulle orme di un mio prozio
Gent.mi,
Vi scrivo su suggerimento di un amico etiopico residente in Italia, a Como. Fra pochi giorni partirò per un viaggio di alcune settimane in Etiopia. Questa meta è sempre stata nei miei pensieri, perché i racconti di mio padre sui viaggi di un mio prozio in quelle terre hanno coltivato in me, fin da bambino, l'animo del viaggiatore. Per questo vi scrivo, forse potete aiutarmi ad avere qualche informazione su questo mio parente.
Si chiamava Aldo Martinelli, era meccanico e autista di camion, è stato in Etiopia fra il 1935 e il 1940, anno in cui, nel mese di giugno è stato ucciso in un'imboscata. Dai racconti ho riassunto in questo modo la storia: nei primi mesi del 1940 acquistò un camion entrando in società con il signor Bastoni di Rho (le iniziali sono B.V.; non se Bastoni sia un nome di fantasia o reale), nei mesi successivi il suo camion, con lui come autista, fu utilizzato dall'esercito per trasferire alcune truppe; in occasione di uno di questi trasferimenti (in realtà in una lettera diceva che comunque avrebbe effettuato viaggi verso l'interno perché pagavano di più, quindi non so quanto la storia della confisca da parte dell'esercito sia veritiera) finì disperso. I funerali furono celebrati nel giugno 1940 nella cattedrale di Addis Abeba. Altri nomi che compaiono in una lettera sono "Onorevole Baragiola" e "Ing. Ferrero", legati alla ATE (che non so cosa sia, ma era legata al lavoro del mio prozio).
So che le informazioni sono poche, ma vale la pena per me fare un tentativo prima di partire.
Vi ringrazio per l'aiuto e resto disponibile, se siete interessati, ad inviarvi scansione delle foto e delle lettere in mio possesso. I miei più cordiali saluti.
Stefano Martinelli
Da: africana@agmenquadratum.net Dai dati in mio possesso il suo prozio Aldo MARTINELLI (nato a Como il 30 settembre 1906 da Giuseppe e da Elisabetta Uri), era un autista civile che perse la vita in un attacco di ribelli presso il Guado T. Lemani - Malca Condurras, il 5 giugno del 1940. Alla sua memoria venne concessa la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Nessuna notizia per BASTONI (forse nome di fantasia). Il deputato (XXVIII legislatura), industriale e colonizzatore Carlo BARAGIOLA (nato a Como nel 1890, mutilato del braccio sinistro) si trovava all'epoca in AO, e venne catturato dagli inglesi scontando la prigionia a Mombasa. L'ingegnere Carlo FERRERO (nato a Cuneo nel 1889) era in Eritrea dal 1919 presso la Direzione della Società Mineraria Coloniale per i Sali Potassici di Dallol. Poi, dal 1922, fu Capo dell'Ufficio Tecnico di Massaua e dal 1923 al 1941 direttore delle Saline Eritree. Scontò la prigionia in Egitto e nel Sudan e rimpatriò nel marzo del 1946.
Gian Carlo Stella
Caro sig. Martinelli,
Voglio aggiungere anch'io due righe alla sua lettera.
Nel 1959, ai lavori della diga di Koka, c'era un padroncino di nome Aldo Martinelli che faceva il trasporto di pietrisco. Era noto che Aldo Martinelli non era il suo vero nome perché gli inglesi, dopo il ritorno di Hailè Sellassiè (1941), avevano limitato a cinquecento il numero degli italiani che potevano rimanere in Etiopia: persone necessarie per gestire gli acquedotti, le centrali elettriche, i trasporti; Hailè Sellassiè ne voleva molti di più, e ne aveva nascosti alcuni perfino nel ghebbì; anche molti ras e dignitari avevano nelle loro case italiani in fuga; i 500 diventarono alla fine 5000, molti si erano rifugiati in posti lontani, avevano trovato asilo presso donne etiopiche e avevano cambiato nome per non farsi individuare; le donne etiopiche non tradirono mai i loro compagni, e gli italiani d’Etiopia avevano finito con l’amare il paese e con l’avere una vera venerazione per l’Imperatore.
L'Aldo Martinelli di Koka era sardo, e si chiamava in realtà Salvatore Masala. Le do questa notizia perché la coincidenza del nome e del lavoro che facevano è straordinaria, forse ha conosciuto il suo parente e, per sfuggire agli inglesi, ha cambiato il suo nome con quello del suo prozio. È rientrato in Italia durante la rivoluzione di Menghistù e il suo indirizzo nel 1994 era:
Salvatore Màsala, Bauladu (CA), tel. 0783-51226,51004
Cordiali saluti.
Alberto Vascon |
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Da: energyapadova@hotmail.com
Gentile sig. Di Paolo, ho appena terminato di leggere un suo articolo su mio zio Aldo Scabbia e mi sono sentito toccato. Purtroppo io l'ho conosciuto durante glia anni a Padova in quanto aveva sposato mia zia Anna e non durante il periodo asmarino. Mi piacerebbe leggere anche gli altri articoli che ha scritto sullo zio ma non gli ho trovati. Ha pienamente ragione su tutto, noi parenti non conosciamo il valore delle opere, pensi che ne abbiamo in cantina circa 60 con foto cimeli ecc, che si stanno impolverando in quanto alle nostre pareti ormai da decenni fanno bella mostra di sé le sue opere. Ho provato a stimarle ma alcuni mi dicono 0 alcuni 2000, sta di fatto che piuttosto di lasciarle imbruttire al buio vorrei cederle a chi sa veramente apprezzarle ad un giusto prezzo. Data la stima che ha per mio zio le chiedo un consiglio ed un aiuto su questo.
Cordialmente, Alberto Favaro, Padova
Egregio signore, non so se a lei, ma ho già risposto in tal senso ad uno degli eredi di Scabbia. Ora come ora non può avere valore un quadro pur bello che sia, se non ha una quotazione ufficiale. Quindi l'unica cosa da fare è cercare un gallerista che sappia apprezzare le opere di Scabbia e organizzi una mostra in una grande città; in quel momento si potrà attribuire ai vari dipinti il prezzo che il gallerista ed i proprietari concorderanno. Non c'è altra via, altrimenti il vostro parente rimarrà un illustre sconosciuto e le sue opere non avranno un mercato. Oggi è un momento molto difficile per le arti in generale in quanto non c'è denaro e comprare un quadro diventa sempre di più una spesa eliminabile. Ad esempio io possiedo una importante collezione di francobolli del corno d'Africa e dell'Italia, ereditata da mio padre. La vorrei vendere, ma il mercato dei francobolli è del tutto fermo e non trovo nessuno interessato all'acquisto anche se mi contenterei di ricavare il 10% del valore di catalogo. I francobolli non trovano spazio nell'arredamento della casa, ma i quadri, specie se belli, si possono appendere alle pareti della propria abitazione e goderseli per tutto l'anno. Di certo non li lascerei ammuffire in cantina. N. Di Paolo |
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Caro Corno d’Africa, in questi ultimi tempi ho notato un lento, progressivo e, a quanto pare, inarrestabile sopore letargico in tutto ciò che riguarda gli asmarini. Pare che la morte di Marcello Melani, che con la sua linfa vitale irrorava le ormai quasi vetuste radici della pianta asmarina, abbia prosciugato ogni fonte, ogni soffio di energia. Tramontati i raduni, che pur nel loro costante declino di numeri, riuscivano a tenere accesa la fiamma attorno alla quale si riunivano gli asmarini alla ricerca di quel calore umano che era la cosa più preziosa che si erano portati dietro lasciando l’Eritrea, è calato il grande freddo. La grande rete tessuta dal Mai Taclì, rete che teneva uniti gli asmarini sparsi nei cinque continenti, si è lacerata in modo irreparabile e i “pesci” si sono sparsi in un oceano di silenzio. Qualche sparuto gruppo tenta, con sempre più flebili colpi di coda, di fare qualche rattoppo, ma non si può ricucire con un ago da ricamo ed una spoletta di refe uno sbrego così grande. Il tempo, il grande nemico, ha sconfitto anche lo spirito degli asmarini: ci eravamo illusi di essere immortali come gli eroi omerici e, invece, ci siamo scoperti inermi ed incapaci di reazioni. La morte del condottiero ha portato alla rotta delle truppe che si sono disperse nelle nebbie del silenzio. Si scrive ancora qualche libro di ricordi, più o meno attendibili, ma i lettori sono sempre più scarsi e disinteressati e ancora di più gli eventuali editori. La saga degli asmarini si è conclusa e difficilmente lascerà traccia di sé. A noi superstiti rimane come eredità una profonda malinconia striata di tristezza per gli insostituibili amici che ci hanno lasciati portandosi via quell’ineffabile legame che da sempre ci univa. Io, non so gli altri, mi sento tanto stanco e senza più voglia di camminare da solo lungo l’impervio cammino dei ricordi ormai fragili come sottili porcellane. Ti saluto, caro Corno, e ti ringrazio per quello che mi hai dato. angra, 7 ottobre 2013 |
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Data: 30/03/2013 21.09 Ogg: Abissinia
Gentile Nicky Di Paolo,
scrivo a proposito di "Abissinia" (terza voce dell'elenco degli Editoriali), sperando di non risultare importuno con delle osservazioni... minute, e che alla Redazione appariranno ovvie. D'altra parte, anche se è passato un po' di tempo dalla stesura, la motivazione della nota citata non ha forse perso di attualità, gli errori avendo la capacità di propagarsi assai più della verità. Leggendo la quale, mi è ritornato alla mente un fatterello personale, che sparisce rispetto alle considerazioni storiche da voi giustamente proposte, ma che potrebbe mettere il cuore in pace a qualcuno dei Lettori che la pensasse diversamente, come avvenne a me. Arrivato dunque per la prima volta ad Addis Abeba nel 2000 con quella vaga impressione che Abissino fosse parola, per essere di moda diciamo "non politicamente corretta", avevo visto un bel "Caffè Abissinia" [sono passati diversi anni e può darsi che nella memoria abbia italianizzato una scritta inglese] (e qui poteva essere un qualche etiope nostalgico); ma poi una nuova agenzia della "Bank of Abyssinia". Sicché ho pensato dover essere non del tutto giustificata la mia idea iniziale, perché un banchiere sarà difficile che metta alla sua banca un nome portante una connotazione negativa... E infatti, cercando "Bank of Abyssinia" uno casca ora nel sito - abbastanza nuovo si direbbe - della nuova Bank of Abyssinia, rinata nel '96, ma che desidera ricollegarsi a quella di Menelik del 1906; e proprio nella prima pagina si trova un bel commento ad hoc (v. link).
Un cordiale saluto Ernesto Milanese
http://www.bankofabyssinia.com/aboutus/thenewbank.html
P.S. - Mi aveva anche colpito il fatto che la vecchia sede (penso quella fatta per la Bank of Ethiopia, quando la B. of Abyss. con Haile Sellassiè ha cambiato nome, e poi Banca d'Italia [e dove c'era una parte degli uffici del servizio statistico]) sta in una strada, da noi battezzata via Galliano - poi nella carta vecchiotta che ho (1996) General Wingate - che naturalmente nessuno per la strada sapeva dov'era, fino a quando uno s'è illuminato e ha detto qualcosa come hari bekemtu (non conosco l'amarigna) e l'autista s'è messo a ridere e poi mi ha spiegato che sarebbe "inutile gridare [al soccorso]" se ti rapinano, perché lì covo di ladri: proprio il posto giusto per una banca! Chiedo scusa per la digressione che si è allungata sotto i tasti. Di nuovo tanti saluti (e buone feste).
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Caro sig. Milanese, anzitutto grazie per gli auguri, che ricambiamo.
Oggi in Etiopia il termine Abissinia non è considerato negativo ed è portato con orgoglio dagli etiopici. A differenza del passato, quando il nome indicava i territori abitati dai discendenti degli aksumiti, cioè i tigrini e gli amara, oggi con questo nome gli etiopici indicano tutta l’Etiopia. In giro per il paese lei troverà innumerevoli volte il termine “Habescià”, cioè “Abissino” e “Abyssinia” nel senso di “Etiopia”. Oltre alle varie agenzie della Bank of Abyssinia, bar, ecc. sparsi per l’Etiopia, lei potrà troverà orologi da muro, magliette e altre cose sulle quali in nome “Abissinia” ha il significato di “Etiopia”:
Ie-habescià ligg, figlio di abissino, etiopico
Iheccì nat habescià, questa è abissina
Ie-habescià ligg, figlio di abissino, etiopico
Abissinia, Etiopia
In quest’ultimo esempio il nome “Abissinia” chiaramente si riferisce all’intera Etiopia. D’altra parte l’antico regno di Aksum era anche chiamato “Regno degli Habesciat”, che è il nome di una delle tribù sudarabiche che lo avevano fondato, e qui ha ragione la Bank of Abyssinia quando dice “As “Abyssinia” is the ancient name of our great nation…”.
Cordiali saluti.
Alberto Vascon |
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Da: angelo.granara@gmail.com |
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Ogg: Richiesta informazioni
Gentile Dott. Di Paolo mi sono imbattuto quasi per caso nel suo sito e un mondo mi si è aperto davanti agli occhi. Le premetto che sono un ingegnere stradale con velleità letterarie e da qualche tempo sto cercando documentazioni sulla realizzazione delle strade nell’Africa Orientale Italiana realizzata dall’AASS. Ho letto il suo scritto in proposito e mi sono reso conto che per meglio comprendere dovevo conoscere tutta la storia del periodo… ed il suo sito è una miniera assoluta. Premesso che probabilmente mi permetterò di disturbarla ancora con delle mail, ho iniziato a leggere il suo scritto “Eritrea per forza e per amore”; ho visto che sul sito ci sono solo le prime puntate e che sul sito MAI TACLI, dove se non ho capito male, furono pubblicate, non vi sono più. Pertanto le chiedo se sono reperibili in altra forma o se sono contenute in qualcuna delle sue pubblicazioni. A tal proposito ho letto che “Medre Bahr” dovrebbe contenere tutta la storia dell’Eritrea. Ho trovato ciò che ho letto sinora di “Eritrea per forza…” assolutamente unico e davvero utilissimo per chi come me sta iniziando adesso ad avere un contatto con la materia, essendone affascinato e volendo cercare di conoscere per quanto possibile la storia. Sarei pertanto grato se potesse darmi qualche delucidazione in merito sia su come poter reperire il resto delle puntate della pubblicazione di cui le ho parlato, sia un suo consiglio su come approcciarmi e con quali letture, a questa mia ricerca. Le evidenzio che sono particolarmente interessato alla realizzazione delle strade da un punto di vista tecnico ed umano. La ringrazio dell’attenzione e rinnovo i miei complimenti sentitissimi per i contenuti del suo sito. Cordialmente,
Nico Mele, 08-02-2013 nicomele@libero.it
Egregio Ingegnere,
grazie innanzitutto per le cortesi parole rivolte al nostro sito. Per quanto riguarda le strade costruite dagli italiani in Africa sono stati pubblicati molti documenti peraltro interessanti che considerano il lato tecnico e quello umano, come lei desidera. Le documentazioni più numerose le potrà trovare presso la Biblioteca Africana di Giancarlo Stella che contiene oltre 10.000 volumi sull'avventura italiana in Africa. Nel nostro sito troverà l'indirizzo e l’e-mail di Giancarlo Stella che fa parte del nostro comitato di redazione. Oltre ad essere ferratissimo in questo campo è anche molto disponibile e gentile. Sarà lui stesso ad indicarle, se necessario, altri siti dove reperire materiale particolare. Se pubblicherà qualcosa ce lo faccia sapere. Per ora tanti saluti e buon lavoro.
Nicola di Paolo. |
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Data: 08/12/2012 10.52 Ogg: Africa Orientale
Ciao, complimenti per il sito www.ilcornodafrica.it. E' fatto molto bene, con materiale ed immagini che altrimenti non sarebbe possibile trovare facilmente tutti assieme. Mio nonno, ancora vivo e vegeto a 93 anni, ha la fissa dell'Africa. Non perde l'occasione per parlarne con chiunque. Come d’altronde molti che hanno vissuto dapprima quei bei momenti da civili in Eritrea e poi purtroppo da militari nella Regia Marina Militare sempre nell'Africa Orientale. Per capirci era a bordo del "Tigre" in quell'ultima missione senza ritorno. Avvenimenti che avete benissimo riportato alla luce nel vostro sito ma che in Italia, forse, non sanno neanche cosa sia mai successo.
Mi è sempre rimasta una domanda: la gente, anche oggigiorno, sa che avevamo delle colonie e che comunque c'era un ottimo rapporto tra civili italiani e popolazione del posto? Non voglio parlare dell'occupazione militare italiana ma del dopo. Mio nonno parla sempre bene di quel periodo (5 anni senza mai tornare a casa) senza polemiche. Purtroppo quando si perde la guerra si tende a cancellare sia le cose negative ma anche quelle positive.
La mia paura è che con il venire a mancare dei nostri "vecchi", scomparirà del tutto anche la memoria storica. Mi sarebbe sempre piaciuto riportare mio nonno in quei posti. Ma purtroppo la sua immagine di Massaua, di Asmara, del trenino con le scimmie sul tetto etc. resterà quella del tempo. Ma forse è anche meglio così. Al tempo li ricorda come posti moderni ed addirittura alla moda, forse adesso avrebbero perso questo fascino.
Un'altra cosa di cui parla sempre è la prigionia in Arabia Saudita dopo i fatti dell'ultima missione. Cosa che magari potreste aggiungere nel sito, anche se geograficamente sconfiniamo. Anche qui pazzesco come gli italiani fossero riusciti, nella drammaticità dei fatti, ad organizzarsi nel campo di prigionia (nell'isoletta di El Wasta vicino Gedda) riuscendo a produrre cose di prima necessità e addirittura a fare una sorta di commercio di grappa di datteri da loro distillata e di sambuk (sandali o borsette in pelle). Vendevano la grappa ai soldati di guardia e pescatori che notoriamente, essendo munsulmani estremi, non avrebbero potuto bere alcolici. E finivano con l'ubriacarsi. Tanto da dove potevano scappare 'sti poveri prigionieri, intorno il Mar Rosso era pieno di squali (uno l'hanno anche pescato ma la carne non era buona, hanno usato però la pelle come carta vetrata).
Vabbè, di storie e vicessitudini ormai mio nonno me ne ha raccontate talmente tante da quando ero piccolo... Bellissimo quando si mette a parlare in arabo, si ricorda ancora qualche frase. Se vi interessa, fino a quando è in vita o ragiona, mio nonno è a vostra disposizione. E ne sarebbe felice. Se avete anche una raccolta di foto ed immagini del tempo sia sulla guerra che sulle città dell'Eritrea ve ne sarei grato. Logicamente mi dite cosa costa e ve la pago.
A presto e continuate così con il sito e con la memoria.
Caro Zanatta, siamo perfettamente coscienti che gli individui come tuo nonno sono gli ultimi testimoni di un'importante parte della storia italiana che purtroppo andrà perduta nella sua vera realtà ma rimarranno solo gli scritti di storici che mai hanno cercato la verità se non fra gli archivi di un governo che metteva sulla carta solo ciò che poteva tornare di conto alla sua ideologia. Ben vengano i ricordi di suo nonno: noi li pubblicheremo con piacere perché, essendo vissuti a lungo in Africa orientale, non possiamo fare altro che pensarla esattamente come lui. Attendiamo quindi con ansia i racconti di questo vispo sopravvissuto che saranno sicuramente piacevoli ed utili nello stesso tempo. Molti saluti e auguri. Nicky Di Paolo |
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Caro Corno d’Africa, hai ragione da vendere quando dici che il coinvolgimento degli asmarini si sta illanguidendo e che la miniera dei ricordi è, inesorabilmente, in via di esaurimento. È, ormai, inutile cercarvi pepite, se si è fortunati ci si può imbattere in qualche pagliuzza. La scomparsa del Mai Taclì ha dato, forse, il colpo di grazia ai vecchi asmarini che hanno perso, con il giornale, quel cordone ombelicale che li teneva legati ai ricordi eritrei artificialmente tenuti in vita proprio dalle pagine del bimestrale. Il “vecchio” asmarino Marcello Melani ha dimostrato un’energia ed una vitalità che i “giovani”, che avrebbero dovuto raccoglierne l’eredità, non hanno mostrato di avere preferendo dedicarsi alle loro incursioni sul sito del Chichingiolo volutamente ignorando che moltissimi dei “vecchi” non usano questo strumento. I siti, come i libri, sull’Eritrea hanno una diffusione molto limitata ed una altrettanto ridotta partecipazione di collaboratori asmarini. E non danno neppure quella strana ed indefinibile sensazione che si provava all’apertura della busta contenente il Mai Taclì solitamente atteso con una certa ansia. Si ripete, in sedicesimo, la storia della nostra Colonia primogenita: i vecchi coloniali, con sacrifici, volontà ed energia crearono un paese da cui, poi, molti trassero benefici fino a quando, anche qui, i vecchi vennero meno ed i giovani scelsero altre strade per il loro avvenire. Eppure, Marcello aveva organizzato tutto: c’era la tipografia, c’era il conto postale, c’era l’elenco degli abbonati, c’era la testata, c’era il formato e c’erano, almeno, un migliaio di asmarini pronti a rinnovare gli abbonamenti, c’erano i collaboratori. È mancata l’energia, la passione, la volontà di continuare a far vivere quel “fenomeno” che Marcello ha fatto nascere e crescere per quasi quattro decenni. Io penso che il ringraziamento più apprezzato e gradito da Marcello sarebbe stata la continuazione della sua opera. Però, come tu ben dici caro Corno d’Africa, il tempo passa e tenere in vita le memorie diventa sempre più difficile e faticoso. Noi “vecchi” siamo stanchi e malandati e l’immanente presenza di un traguardo che si fa sempre più vicino, non ci stimola certo a ricordare ma, piuttosto, a riflettere. I “giovani”, invece, hanno altri impegni, altri svaghi, altro senso della comunicazione. L’era di Facebook e Twitter ha cancellato la gioia di scrivere e meditare: un breve e asettico messaggio nel nuovo linguaggio computerizzato basta ed avanza. E libera anche dalla consecutio temporum. Che sollievo. Un caro saluto dal vecchio angra.
4-11-2012 |
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Salve a tutti,
- potete cortesemente indicarmi dove trovare le primissime foto o
disegni di Asmara? Francesco, 29-8-2012
Egregio Sig. Pecorari,
1) Lei mi pone una questione controversa. Molti traducono Asmara come “Bosco Fiorito” (La stessa guida dell’AOI del 1938 riporta tale definizione), altri sostengono la traduzione di “Unione di 4 villaggi”. Ho sentito un eritreo, per lui Asmerà vuol dire “Bosco fiorito“. 2) Un testo da me molto consultato è “L’Eritrea nel passato e nel presente“ di Achille Bizzoni del 1897 (Società Editrice Sonzogno, Milano, di circa 600 pagine), ricchissimo di splendide illustrazioni rappresentate da circa 150 incisioni dell’epoca con i primi passi della Colonia Eritrea. Insieme ai testi di Ferdinando Martini (anche loro ricchi di bellissime immagini) sono i libri che preferisco consultare riguardo la nascita della Colonia Eritrea. Se desidera acquistarli, le consiglio una seria libreria antiquaria, se si contenta di consultarli può rivolgersi alla Biblioteca Africana di Giancarlo Stella a Fusignano. 3) Licata Antonio: c’è un evidente errore di stampa, l’anno è il 1918. 4) La descrizione della bufera è del Bizzoni. 5) Mi auguro di avere risposto ai suoi quesiti. Cordiali saluti,
N. Di Paolo |
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Egr.Dott. Di Paolo, da pochi giorni mi sono imbattuta nel sito ilcornodafrica... meraviglioso... ho sentito parlare tanto di questa stupenda terra da mio padre che vi trascorse ben undici anni della sua vita dal 1936 circa al 1947. Lui avrebbe voluto rimanere ma purtroppo l'amore per la sua famiglia lo spinse a tornare. So che gli costò non poco in sentimenti... Durante il breve periodo che rimase con me parlava sempre della meravigliosa Massaua, di Addis Abeba, Debra Marcos e tante altre località... nessun giorno della sua vita rimase senza un pensiero per la sua Africa... mio padre Francesco Seta classe 1915 è morto nel 1970 con un solo desiderio non evaso... ritornare nella sua amata Etiopia. Grazie per avermi portato con il Vs. sito in quei posti tante volte descritti dal mio adorato padre... grazie dal profondo del cuore.
Rosanna Seta 1-8-2012 |
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Buonasera, sono la figlia di Cesare Bonetti, nato ad Asmara il 2/9/1946 da padre italiano (Arnaldo Bonetti) e madre eritrea (non so scrivere il nome, a parte il cognome Selassie). Mio padre è il più "grande" di quattro fratelli: Gianfranco del 48 (purtroppo deceduto nell'86) e Anna Maria (del 50) sono venuti in Italia con lui, nel '55. L'altra sorella di nome Lucia, nata presumibilmente nel 52, è rimasta in Eritrea con la madre. Di entrambe non si è più saputo niente. Mio padre e i suoi fratelli in Italia sono stati cresciuti dagli zii e il padre non ha più dato informazioni riguardo alla parte di famiglia restata in Africa. Come possiamo fare per sapere qualcosa, dopo così tanti anni? Sarei molto felice se questo sito potesse aiutarmi! Grazie!!
Federica Bonetti, 20-7-2012 federica.bonetti77@libero.it
Gentile Signora, Lo abbiamo stressato fino alla nausea; lo abbiamo ripetuto in tutte le lingue; noi della redazione del www.ilcornodafrica.it non siamo una propaggine del Ministero degli Affari Esteri né una associazione sorta per fare ricerche su militari dispersi in Africa o su persone che si sono recate in Africa oltre mezzo secolo fa e non hanno dato più notizie di sé. Non so come sia nata l'idea che il nostro sito potesse lavorare e per giunta gratis per fare inchieste lunghe e costose a favore di chiunque si alzasse la mattina e decidesse di cercare di fare luce su un ascendente che aveva fatto perdere volontariamente le sue tracce o che era sparito senza spiegazione alcuna. Proviamo a ripeterlo ancora una volta; questo sito è nato e lavora per i popoli del Corno cercando di aiutarli a focalizzare la propria identità, favorendo aiuti umanitari e tentando di proporre loro programmi di lavoro che gli italiani avevano programmato o iniziato, ma che non erano riusciti a portare a compimento. Quindi i nostri obiettivi nulla hanno a che fare con quei compiti che dovrebbero compiere le ambasciate e i consolati italiani del Corno oppure il Ministero degli Affari Esteri. Sappiamo benissimo che queste istituzioni non attuano questo servizio, vuoi per la mancanza di archivi efficienti, vuoi per la scarsezza di personale. Fa parte dei nostri redattori Giancarlo Stella, titolare della favolosa Biblioteca Africana di Fusignano dove sono raccolti migliaia di volumi pubblicati sull'Africa orientale italiana e tonnellate di manoscritti ricchi di notizie di ogni tipo. Il dottor Stella è una persona, oltre che preparatissima nella storia del Corno, anche uno squisito individuo che spesso, toccato dalla drammaticità delle lettere spedite al nostro sito, dedica alcune ore del suo lavoro a ricercare quanto richiesto e talvolta con successo. Ma è solo Stella a dedicare un po' del suo tempo prezioso ai quesiti che giungono alla nostra redazione. Quindi continueremo a pubblicare le lettere che ci giungono con tali richieste, ma ripetiamo ancora una volta che noi non dedicheremo il nostro tempo per rispondere, primo perché, a parte Stella, non siamo assolutamente preparati per queste ricerche, secondo perché vogliamo utilizzare il nostro tempo principalmente per i bambini eritrei che sono vivi e hanno un grande bisogno di essere aiutati. Nicky Di Paolo |
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Egr.Dott. Di Paolo, da pochi giorni mi sono imbattuta nel sito ilcornodafrica... meraviglioso... ho sentito parlare tanto di questa stupenda terra da mio padre che vi trascorse ben undici anni della sua vita dal 1936 circa al 1947. Lui avrebbe voluto rimanere ma purtroppo l'amore per la sua famiglia lo spinse a tornare. So che gli costò non poco in sentimenti... Durante il breve periodo che rimase con me parlava sempre della meravigliosa Massaua, di Addis Abeba, Debra Marcos e tante altre località... nessun giorno della sua vita rimase senza un pensiero per la sua Africa... mio padre Francesco Seta classe 1915 è morto nel 1970 con un solo desiderio non evaso... ritornare nella sua amata Etiopia. Grazie per avermi portato con il Vs sito in quei posti tante volte descritti dal mio adorato padre... grazie dal profondo del cuore.
Rosanna Seta 1-8-2012 |
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Egr. Sig. Stella,
sono più di vent’anni ormai che sono alla ricerca dei Resti Mortali di mio nonno BASSI AGOSTINO. Partì, da civile, per Addis Abeba nel 1937 come autista, collaudatore-meccanico di auto e vendita di veicoli. Durante un forte nubifragio, non esitando nel continuare le sue riparazioni, venne colpito da una forte bronco-polmonite. Venne curato nell’Ospedale Principessa di Piemonte dove morì dopo una settimana. Morì nel giorno del compleanno di mia madre! Tanto è vero che mio nonno era solito scrivere a casa per dare sue notizie, ma quel giorno tutti credevano fossero gli auguri per la piccina di 4 anni ed invece era la lettera che annunciava la sua morte. Ogni anno, il 29 luglio, un velo di tristezza ricopre il volto di mia madre oggi 78 enne. E’ una lunga e commovente storia come del resto tutte le altre che ho letto. Spero di trovare in voi un grande aiuto. Mio nonno si chiama BASSI AGOSTINO è nato a Vietri sul mare (SA) il 10 novembre 1902. Residente in vita nel Comune di Cava dei Tirreni (SA) dal 23 novembre 1936 in via T. Di Savoia n° 2. Partito per Roma ed eliminato dai contatti italiani sempre a Roma il 20 aprile 1937. Da Roma poi è partito per ADDIS ABEBA in Etiopia (AFRICA) dove il 29 luglio 1938 muore. La comunicazione che si evince dagli atti di morte del Comune di Cava dei Tirreni indica la morte presso L’ospedale Principessa di Piemonte alle ore 19,30 con atto interno n° 160 XVII p. II. E’ stato seppellito nel Cimitero di Addis Abeba credo vicino all’Ospedale in questione, se esiste ancora. La sua tomba è la n° 213. Grazie di cuore.
CAROTENUTO PIERPAOLO VIA LUCIO PETRONE 77/A 84129 SALERNO 320/8716047 – lacattolicamarmi@virgilio.it 25-6-2012 |
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Gentile dott. Di Paolo, anch’io sono capitata nel vs. bellissimo sito. Ne ignoravo l’esistenza e la sorpresa di conoscerlo è stata veramente molto piacevole. In funzione delle varie lettere che ho avuto modo di leggere, mi chiedo se mi potrete essere d’aiuto. Mio papà MARIO BOARINI ha partecipato dal 5 ott. 1935 al 22 febb. 1937 alla guerra A.O.I nella Divisione Gran Sasso al comando del Gen. A Terziani e A. di Savoia–Genova. Avrebbe quindi partecipato alla battaglia dello Scirè. Tutto questo e relativi spostamenti (Tacazzè - Passo AF GAGA ecc.) l’ho dedotto dalle foto che mi sono rimaste, con qualche luogo e data. Ma dai vari testi non mi tornano i movimenti. Quando papà Mario era vivo, poco mi ha raccontato della sua avventura africana. So ad es. che un certo UBALDINI di Bologna (come mio papà) in una tragica ritirata (quale?) gli ha salvato la vita. Mi piacerebbe molto sapere di più di quel periodo e mi affido ai ricordi di chi ha ricevuto il testimone dei fatti di quei tempi, figli, nipoti… Sono felice di condividere l’amore per l’Etiopia con Voi. Grazie Marisa Boarini, 18-4-12 pasa2007@alice.it Gentile Signora, trasmetto la sua richiesta al Sig. Stella e al Sig. Vascon perché il primo è l'unico a poter essere informato, mentre il secondo potrà pubblicare la sua lettera nel ns. sito con la speranza che qualcuno abbia notizie per lei. Cordiali saluti, N. Di Paolo |
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Preg.ma sig.ra Rosalba Rizzo, riceviamo questa segnalazione dalla sig.ra Donatella Simeone:
Da: donatella.simeone@alice.it IL CIMITERO EBRAICO DI ASMARA THE JEWISH CEMETERY OF ASMARA
2. Defunti sepolti nel Campo Misto, in tombe con lapide iscritte nel Registro Deceased buried in Mixed Field, in tombs with tombstone listed in the Register
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Ogg: melani caro nicola, sei veramente bravo. credo che nessuno altro sarebbe riuscito a distillare un simile elisir al tempo stesso corroborante e stimolante. marcello vedrà giustamente riconosciuta e lodata la sua lunga e faticosa attività e si sentirà spronato a tirare avanti anche stringendo i denti. gli asmarini dovrebbero ringraziarti in massa per il tuo scritto che racchiude il pensiero e gli auspici di tutti. comincio io con il ringraziarti, un abbraccio, angelo angelo.granara@gmail.com, 10-3-12 |
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Cari Nicola e Alberto, ho letto con molto interesse le vostre riflessioni sulle tre Arche, riflessioni che hanno riportato alla mia memoria alcuni pensieri che mi passavano per la testa già molti anni fa. Comincio con la prima Arca, quella di Noè. Non sono mai riuscito a capacitarmi come il patriarca ed i suoi figli abbiano potuto costruire un natante capace di ospitare una coppia di tutti gli animali viventi con gli opportuni spazi per dividere i carnivori dagli erbivori e via dicendo. Poi bisogna tenere in considerazione lo spazio per stivare il cibo per quaranta giorni di navigazione. Problema forse solubile per gli erbivori, ma per i carnivori del tutto impossibile. Anche sulla seconda Arca (quella dell'Alleanza) ho qualche dubbio anche se è più probabile che sia esistita date le dimensioni e la relativa facilità di costruzione . Mettiamo pure che sia esistita e che sia passata indenne attraverso i suoi perigliosi spostamenti. Certamente, secondo me, non può essere sopravvissuta ai secoli data la sua composizione e considero mere fantasie le saltuarie voci su suoi ritrovamenti. Se fosse veramente ad Axum, costituirebbe un tale richiamo per milioni di visitatori che nessuno rinuncerebbe al fiume di denaro che ne conseguirebbe! Mi piace, invece, molto la vostra riflessione sulla terza Arca ( la Madonna) che porta in grembo Gesù. Mi ha fatto venire in mente il tanto controverso romanzo di Dan Brown nel quale si adombra l'idea che il Santo Graal non sia una coppa, un vaso, ecc. ma il bambino portato in grembo dalla compagna di Gesù. Devo ammettere che i vostri scritti sono sempre molto interessanti e molto stimolanti e mi piacerebbe potervi incontrare per fare belle e lunghe chiacchierate. Ciao, Angelo
angelo.granara@gmail.com, 10-3-12 |
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Buongiorno Sig. Di Paolo, sono
Emanuela e lavoro da anni a Ortisei in Val Gardena (BZ). Che
strana la vita, oggi mi sono intestardita a cercare dove poter
acquistare la polvere “BERBERE’ ” per preparare un buon piatto allo
zighinì. Piatto imparato da “mio suocero” quando lavorava in Africa
e che ha conquistato tutti. Così
senza trovare risposta mi sono addentrata e perduta nel vostro
Cornodafrica.it Il mio
compagno è nato in Etiopia, un mondo che mi ha sempre incuriosito e
che, grazie a lei , oggi ho conosciuto un po’ di più.. Grazie per le vostre esperienze.
Emanuela Frison
Gentile Signora, il berberè, e anche l'ingera, si può acquistare in qualsiasi ristorante etiopico o eritreo. Noi le possiamo dare l'indirizzo di un ristorante eritreo di Milano:
Ristorante Africa Via Lazzaro Palazzi 9 tel. 0229525984
Cordialmente. Nicky Di Paolo |
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Buongiorno signor Di Paolo, le avevo scritto qualche tempo fa sulla ricerca di informazioni sui miei bisnonni vissuti ad Asmara. Sono riuscita, tramite padre Protasio e lo storico Marco Cavallarin (che ha scritto Shalom Asmara), a ritrovare qualche elemento della storia lacunosa dei miei bisnonni: la data di nascita e di morte del mio bisnonno e la fede ebrea (cosa che sconoscevo del tutto). Vorrei poter domandare aiuto al signor Gian Carlo Stella, che potrebbe, forse, a partire dalla data di nascita e dal nome del mio bisnonno, avere delle informazioni supplementari (il luogo di nascita per esempio, il mestiere). Ho provato a contattarlo via mail, ma l'indirizzo appare fuori uso. Mi permetto quindi di allergare (sotto), quanto gli avevo scritto al riguardo, pregandola di recpitarlo al signor Stella.. La ringrazio e le porgo distinti saluti. Cordialmente Rosalba Rizzo, 9-2-12
Fusignano, 10 febbraio 2012 Preg.ma Sig.ra Rosalba Rizzo,
ricevo dal Prof. Nicola Di Paolo la Sua richiesta di notizie circa la presenza di Suo nonno Giacomo (Jacobo) Ventura in Eritrea. Ritengo che Suo nonno sia giunto in Eritrea dopo la battaglia di Adua, durante il governatorato civile di Ferdinando Martini, come centinaia di altri italiani in cerca di lavoro. Non escludo che fosse un militare congedato e rimasto in Colonia, oppure che sia stato chiamato da qualcuno. Nell’800 non era semplice andare in Eritrea, occorrevano permessi e richieste specifiche. Fu una colonia militare e militarizzata sino all’avvento del Martini. Il nome di Giacomo Ventura, purtroppo, non è presente nella non eccessiva produzione letteraria riguardante l’Eritrea dell’800. Le liste che conservo di quegli anni dei commercianti, vivandieri, locandieri, ecc., italiani, greci, levantini impegnati nel Mar Rosso, ed in Eritrea in particolare, non contengono alcun nome Ventura o Venturi. Non è nemmeno presente come concessionario agricolo. Quindi doveva svolgere una attività lavorativa abbastanza semplice, come operaio o impiegato. Un Giuseppe Ventura fu in Eritrea nel 1889 ed ancora nel 1892, ma era un ufficiale dei Reali Carabinieri. Ha forse chiamato in Colonia qualche parente? Un civile Venturi [sic, ma può essere anche Ventura] era rimasto bloccato con altri 11 italiani e 7 greci nel forte di Adigrat, riuscendo a raggiungere l’Eritrea pagando a ras Sebath una “tassa” di circa 500 talleri (poco più di 25 talleri a testa). Ho però buone ragioni di ritenere che Suo nonno Ventura, od un suo figlio, ebbe una causa civile presso il Tribunale di Massaua in data 26 novembre 1902, citato da certo Sangiorgi [ritengo Vincenzo], che allora aveva una concessione di terreno a Ona Menassiè nell’Hamasien. Mi permetto consigliarLa di scavare più a fondo all’Asmara, presso i vari registri di nascita, matrimonio, morte e sepoltura di tutti i Ventura, in modo da ricostruire l’albero geneaologico. Spesso in quelle vecchie righe sono aggiunte notizie importantissime. Sfogliando il mio “Dizionario Biografico degli Italiani d’Africa”, trovo diversi Ventura: Attilio, Demetrio, Ernesto, Ettore, Gennaro, Rocco, Tullio e Umberto. Attilio: autorizzato dal Ministero dell’Africa Italiana nel giugno-luglio del 1937 ad operare nell’AOI; un altro rag. Attilio venne convocato nel giugno del 1939 all'Ufficio della Produzione e del Lavoro - Sezione Professionisti ed Artisti -, ad Asmara; Demetrio aveva una casa per il commercio autorizzata dal Ministero dell’Africa Italiana nell’agosto del 1937 ad operare nell’AOI; Ernesto da Virle Treponti (Brescia) fu un operaio deceduto in AOI per infortunio o malattia tra il 1936 ed il 1937; Ettore aveva una sartoria per uomo (civile e militare) nel 1938-41 in Tripoli in via Vercelli, 8 ed in via Lazio nel palazzo SAFIL; Gennaro nel 1915 era operaio di 3a classe del personale delle Officine della Rete libica delle Ferrovie dello Stato; Rocco aveva una attività di autotrasporti a Tripoli nel 1940-41 presso il III Lotto delle Case Operaie; Tullio era Applicato nel 1915 dell’Ufficio Costruzioni delle Ferrovie dello Stato della Rete Libica; Umberto aveva una Azienda omonima commerciale alimentare autorizzata nel giugno-luglio 1937 dal Ministero dell’Africa Italiana ad operare nell’AOI. Quanti di questi Ventura possono essere figli o parenti diretti di Jacobo o Giacomo Ventura ? Se a questi aggiungiamo anche i VENTURI (l’errore è possibilissimo), abbiamo: Eugenio, nato a Camugnano (Bologna), oeraio deceduto nell'AOI per infortunio o malattia tra il 1936 ed il 1937; Giorgio, pittore a Tripoli nel 1938-41 in via Sonzini; Giovanni, colono capo famiglia del villaggio agricolo “Baracca” (Cirenaica) nel 1940-41, podere N. 108; Giulio, domestico del viaggiatore Ferrari. Rischiò nel 1885 di morire sulla strada verso Ambasciarà dopo aver bevuto l'acqua di Ailet; Giuseppe, nato a Bologna da Aldo. Operaio deceduto nell'AOI per infortunio o malattia tra il 1936 ed il 1937. Purtroppo ritengo che le famiglie siano le uniche che devono conservare questi ricordi; in alternativa rimangono, per fortuna, libri e carte. I vari registri sono da interrogare per ricostruire quanto sinora sembra scomparso, ma è solo nascosto. La particolarità essere questo Giacomo ebreo, può del pari risultate di molto aiuto. Provi a contattare sia in Asmara che in Italia qualche Istituto, Centro di documentazione o di Ricerca ebraico. Sono molto informati. Sugli ebrei di Sicilia [ricorrente è il cognome Ventura] si è svolto a Palermo nel 1992 il V Convegno Internazionale organizzato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni archivistici, i cui Atti sono stati stampati nel 1995.
Sempre a disposizione: Gian Carlo STELLA |
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Egr. Dott. Di Paolo, ho conosciuto da poco il vostro sito e mi permetta di porgerle i miei pur modesti complimenti. Mi chiamo Alfonso Sergio Terrasi e sono nato ad Asmara nel 1948. La mia famiglia si è trasferita a Genova, dove vivo tutt’ora, nel 1950 e quindi non ho alcun ricordo di quella terra. Quando sono nato mio padre era un sottufficiale della polizia italiana, con un passato vissuto quasi esclusivamente in Africa. Nato a Palermo, ma cresciuto al Cairo, si ritrova a 20 anni nella PAI ad Addis Abeba, Mogadiscio, Dire Daua, Asmara e Massaua, dove cade prigioniero degli inglesi e portato a Nairobi fino alla fine della guerra. Rimpatriato torna ad Asmara, dove ha la famiglia di origine e dove forma la sua nuova famiglia. Sposa mia madre Tina Turco, figlia di Gioacchino, che risiede ad Asmara dal 1935 e che possiede un’impresa edile ed i pozzi di acqua. Forse qualcuno lo ricorda, senz’altro la famiglia Fenili, che da bambino avevo conosciuto in Toscana. Voglio anche ricordare mio zio Giuseppe Puglisi, giornalista e scrittore, che ha pubblicato almeno tre libri: "Chi è? dell’Eritrea", "Il Merito" e con Alessandro Bruttini "L’Impero Tradito". I miei genitori parlavano spesso dell’Africa con la stessa nostalgia che ritrovo in tutti coloro che aderiscono a codesto sito, ma nel mio bagaglio di conoscenze della terra in cui sono nato è rimasto ben poco se non quella nostalgia trasmessami dai miei, che mi pervade soprattutto ora che i miei genitori non ci sono più. Mi sento in colpa per non averli subissati di domande e per non aver ricostruito i loro percorsi di vita in un momento storico così importante, ma sposatomi giovane guardavo al futuro senza pensare troppo al passato. Errore! Ora sono in pensione, ho un nipotino di 10 mesi e desidero che egli conosca la storia dei miei genitori e se non la scrivo io andrà sicuramente perduta. Senza alcuna presunzione mi sono quindi impegnato in questa impresa, senza alcuna nozione personale, se non il foglio matricolare di mio padre e qualche ricordo di due mie zie. Non mi rimaneva altro da fare che leggere libri sull’argomento e così ho fatto. Ma più leggo e più mi rendo conto della difficoltà di raccontare cose che non conosco. Ciò nondimeno non voglio rinunciare ed il taglio romanzesco del libro, necessario a collegare la cronologia dei movimenti di mio padre, spero giustifichi le libertà che mi sono concesso, mai del tutto frutto di immaginazione. Tra i libri acquistati, sto leggendo il vostro "Abissinia, Impero nascosto" ed ho appena appreso che la Prof. Gusmano era un’Asmarina. Ho lavorato quasi 40 anni al Gaslini, ero il capotecnico del Laboratorio Centrale e l’ho conosciuta solo superficialmente, durante qualche riunione di lavoro, e tra noi si era stabilità una naturale cordialità, che non è mai scontata, ma che si instaura più facilmente tra chi ha un cuore gasliniano. Mi rammarico di non averlo saputo prima. Mi scuso per la lunghezza del mio messaggio ed invio un caro abbraccio a tutti gli asmarini!
Alfonso Sergio Terrasi, 2-2-2012 |
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Romanzo
a puntate - Motonave Africa mi chiamo Federico Spano, sono uno dei pronipoti della pittrice sarda Edina Altara. Cercando su Internet, mi sono imbattuto nel suo romanzo a puntate in cui si parla degli ambienti della motonave Africa. Da anni sto cercando di scoprire se le opere di quella nave si siano salvate o meno. Ma ancora le mie ricerche non hanno avuto esito.
Questo è tutto ciò che so sulla nave e che ho pubblicato nel blog dedicato alla pittrice http://edinaaltara.blogspot.com/2010/01/transatlantici-45-motonave-africa.html
Vorrei sapere se lei per caso è stato in quella nave o se conosce qualcuno che l'abbia vista, o magari abbia fatto fotografie delle opere della Altara (ne ho alcune che mi ha fatto avere il professor Paolo Piccione di Genova).
Nell'attesa di un suo riscontrole porgo un cordiale saluto e ne approfitto per augurarle buon anno nuovo.
Federico Spano, 29/12/2011 federicospano@gil.com
Federico Spano
Egregio Sig. Spano,
grazie per la sua lettera che mi giunge gradita in un momento di riflessione sulla storia degli italiani in Eritrea dove le navi hanno giocato un ruolo importantissimo in un primo momento, trasportando uomini e materiali, per creare le colonie nel Corno d'Africa, e poi per riportare in patria militari e civili delusi ed affranti. C'è stato però anche un ventennio, tra il 1945 e il 1965, di relativa tranquillità dove i piroscafi attraccavano a Massaua carichi di merci e passeggeri a testimoniare un lungo periodo dove italiani e eritrei lavoravano in buona sintonia dando vita ad un Paese attivo e tranquillo. Le navi del Lloid Triestino hanno avuto un ruolo importante e sono state le testimoni di quel particolare e unico momento africano di benessere postcoloniale. La motonave Africa, nonché l'Asia e l'Europa, operanti fino al Sud Africa e all'Estremo Oriente, attraccavano spesso a Massaua. Ho viaggiato più volte sull'Africa e mi sono rimaste impresse le deliziose pitture sulle specchiere del salone principale dipinte dalla sua prozia. Non so nulla di più di ciò che ho scritto nel mio romanzo e di quello che lei riporta nel suo sito. Invio per conoscenza questa mia risposta a Vascon perché la pubblichi sul nostro sito e a Stella per sapere se lui ha altre notizie sulla nave Africa e sui dipinti di Edina Altara. Cordiali saluti,
N. Di Paolo |
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Gentile dott. Di Paolo,
mi chiamo Letizia Santangelo, sono un diplomatico in servizio presso la nostra Ambasciata in Addis Abeba. Ho trovato il suo indirizzo e-mail sul sito "Il Chichingiolo". Le scrivo a proposito di una ricerca che sto facendo sulle attività imprenditoriali italiane e gli imprenditori in Etiopia ed Eritrea negli anni tra il 1941 ed il 1974. Sto lavorando insieme ad un ricercatore dell'Università di Cagliari, il quale si occuperà della parte culturale e sociale della vita della comunità italiana di quegli anni. L'ispirazione della mia ricerca è di conservare la memoria di un'attività, quella degli imprenditori italiani, che ha dato valore aggiunto al territorio etio-eritreo, oltre ad essere stata testimonianza di grande passione, operatività, genio in molti casi. Un'attività che rischia di esser dimenticata, che sopravvive nelle memorie degli italiani residenti o che hanno vissuto qui, ma difficilmente in studi "scientifici" o che siano considerati tali. Ed un'attività che per molti versi e da più parti sembrerebbe oggetto di una vera e propria rimozione. Per ciò che riguarda le fonti del mio lavoro, mi baserò sulle memorie degli italiani qui residenti, che intervisterò, ma mi servirebbero anche documenti che è difficilissimo trovare. Mi riferisco a documenti cartacei di vario tipo, anche pubblicazioni, che descrivano le attività imprenditoriali italiane in Etiopia ed Eritrea, i loro inizi, le loro vicissitudini, i vantaggi e gli ostacoli che incontrarono, l'impatto sul territorio in termini di produzione, di impiego e formazione della mano d'opera locale ed ogni tipo di dato (anche dati numerici da fonte affidabile) che possa descrivere oggettivamente l'entità e la rilevanza delle imprese italiane in Etiopia ed Eritrea, ed anche il loro peso relativo, intese come gruppo, rispetto ad imprese di altre nazionalità (ad es. quale percentuale di attività imprenditoriali esistenti in Et-Eritrea in quegli anni era italiana e quale di altre nazionalità). Inoltre vorrei cercare di ricostruire la storia delle maggiori imprese produttive che, se non erro (la prego di correggermi se sbaglio) sono state quelle di Melotti, De Nadai, Barattolo, Casciani in Eritrea (più alcuni costruttori come Varnero e architetti come Mezzedimi) e Rizzo, Montanari, Croce in Etiopia... Ha suggerimenti e sue memorie da darmi? La ringrazio moto per l'attenzione. Cordiali saluti.
Letizia Santangelo, 6-12-2011 Consigliere Ambasciata d'Italia Addis Abeba Responsabile Ufficio economico e commerciale
Gentile Signora,
due cose importanti, a mio parere, per lei: 1) nel nostro sito www.ilcornodafrica.it potrà trovare un bel po' di materiale. 2) inoltro la sua mail a Giancarlo Stella, titolare della favolosa Biblioteca Africana di Fusignano, dove esistono molte delle documentazioni che lei sta cercando. Buon lavoro e auguri,
N. Di Paolo
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Egregio Dottor Di Paolo,
facendo varie ricerche su internet ho trovato il sito corno d'Africa. Da qualche tempo sto cercando informazioni su un cimitero militare e civile italiano a Decamerè (Eritrea) dove nel dicembre del 1936 è stato seppellito mio nonno. Malgrado i miei sforzi non sono riuscita a capire se questo cimitero esista ancora o se i corpi siano stati trasferiti e raggruppati in altri cimiteri. Purtroppo non ho molte informazioni, mia zia possedeva una lettera che attestava che mio nonno Scaglione Pietro partito volontario nel 1936 era seppellito lì. Non so se Lei è in grado di aiutarmi. Resto fiduciosa e attendo un suo gentile riscontro.
Distinti saluti
Teresa Scaglione, 27-9-11
Preg.ma Sig.ra Teresa Scaglione,
Dalle carte in mio possesso, Suo nonno Pietro SCAGLIONE, di Salvatore, nato nel 1892 ad Alessandria della Rocca (Agrigento), era un soldato di artiglieria deceduto per malattia il 28 novembre 1936 presso l'Ospedale N. 178 di Decamerè. La salma venne tumulata in quel cimitero. Per sapere se la salma è ancora in quel cimitero, deve rivolgersi presso l'Ambasciata Italiana in Asmara.
Molto cordialmente, Gian Carlo STELLA |
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Gentile
Sig. Di Paolo,
Caro Sig.Rompietti, invitiamo anche lei a contattare Giancarlo Stella, titolare della Biblioteca africana di Fusignano, l'unico che potrebbe essere in grado di aiutarla. Troverà i contatti nel nostro sito, dove pubblicheremo la sua richiesta. Cordiali saluti,
N. Di Paolo
Preg.mo Dr. Rompietti, ogni storia è importante. Ho controllato (solo la sezione "Civili" del mio dizionario) ed ho trovato che il cognome DELFINO è abbastanza presente nell'Africa ex italiana. Purtroppo nessun Placido. Un ROMPIETTI Attilio mi risulta Capo Sezione Agraria di Cirene negli anni 1938-39. Comunque si dovrebbero ricostruire porzioni di vita del suo parente. Come punto di partenza, se non ha altro, identificare il reparto di appartenenza attraverso le eventuali fotografie di carattere militare, o seguire altre tracce dai documenti disponibili. Sarebbe meglio per prima cosa radunare tutti i ricordi, anche quelli orali, e procedere poi sistematicamente a ricercarne le fonti od il contesto. Una ricerca non facile, che può regalare molte sorprese, che solo la caparbietà di un parente o di una persona interessata può fare. Rimango a disposizione per quanto posso. Cordialmente, G.C. Stella
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Mi chiamo Ida Lucia Grimaldi e
sono figlia di un uifficiale di Cavalleria che ha fatto servizio
in Eritrea-Etiopia nel 38/39.
Tra le cose di mio padre ho trovato
anche delle foto di cimiteri, alcuni dei quali sono riuscita ad
identificare grazie anche alla guida della CTI del 39,
altri invece sono ancora sconosciuti. Probabilmente
questi cimiteri sono ora abbandonati, anche perché il Governo
italiano ha raccolto molte delle salme negli ossari di Asmara,
Addis Abeba, etc. Reduci di quel periodo ho paura che ce ne
siano pochini, ma forse qualcuno è stato in quelle zone prima
degli anni 60 e ricorda di averli visti. La ringrazio per la
cortesia.
Monumento alla divisione I° Febbr.
tomba della medaglia d'oro Azzi
e tombe di cui non niente:
Ida Lucia Grimaldi, 4-8-11
Gentile Signora, può contattare Giancarlo Stella, titolare della Biblioteca africana di Fusignano, l'unico che potrebbe essere in grado di aiutarla. Troverà i contatti nel nostro sito, dove pubblicheremo la sua richiesta con la speranza che qualcuno riconosca i luoghi. Cordiali saluti,
N. Di Paolo |
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Gentile Sig. Di Paolo,
ho già mandato questa mail ad africana1@tele2.it ma l'indirizzo risulta fuori uso perciò scrivo a lei... Sono un insegnante del Liceo Italiano di Asmara e sto cercando di ricostruire la storia della
Scuola Italiana in Eritrea.
Sarei molto interessato a visionare foto che possano riguardare questo argomento, ma anche altri
materiali che contengano informazioni sull'argomento. |
Vi sarei molto grato se potessi ricevere un vostro aiuto.
Complimenti per il sito.
Cordiali saluti.
Roberto La Cordara, 12-6-2011
roberto.lacordara@gmail.com
Preg.mo Prof. La Cordara, Sulla storia della scuola in Eritrea manca un’opera esaustiva e la bibliografia esistente è molto scarsa e di difficile reperimento. Ignoro le sue ricerche cosa hanno prodotto e quali testi sinora ha consultato. Se risiede in Asmara consiglio di rivolgersi a Fratel Ezio Tonini del Pavoni Center, che per la competenza unica (e la fornitissima biblioteca) potrà darle tutto l’aiuto possibile. Per parte mia, non sapendo cosa sinora ha rintracciato, posso segnalarle questi due testi che può consultare con profitto e dove, nel primo, può trovare anche delle immagini: PICCIOLI Angelo, La scuola e le istituzioni educative [nelle Colonie], in: La nuova Italia d’oltremare, Vol. II, Milano, Mondadori, 1934, pp. (1093)-1165; CIAMPI Gabriella, La scuola nelle colonie, in: Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, Fonti e problemi della politica coloniale italiana. Atti del convegno. Taormina-Messina, 23-29 ottobre 1989. II [volume], (Roma, Officine Carte Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, luglio 1996, pp. (669)-690. Saprà che scuole italiane esistevano e funzionavano prima ancora che nascesse la colonia Eritrea. Rimango a disposizione se vorrà entrare nel dettaglio delle cose.
Cordialmente, Gian Carlo STELLA Africana@agmenquadratum.net |
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Gent. Dr. Di Paolo, la Sua recensione al testo della Saini Fasanotti (non so staccarmi dall’uso di dire “della” quando riferito a signore: forse sarebbe stato più aggiornato scrivere “il testo di Saini Fasanotti”, come vedo di moda, ma tant’è…), dicevo, la Sua recensione ad “Etiopia 1936-1940” mi ha ulteriormente spinto a sottrarre quel volume dalla colonnetta di “libri da leggere” ed a spostarlo sullo scaffale, al suo debito posto, tra i “libri letti”. Anzi, la lettura mi ha ricordato pur di procurarmi un libro della stessa autrice che da qualche tempo avevo in mente (che sto leggendo in questi giorni) "La gioia violata: crimini contro gli italiani 1940-1946" Condivido con Lei l’apprezzamento per l’equilibrio dimostrato dall’Autrice nel trattare un argomento che, dopo settant’anni, a quanto pare, è ancora spinoso; ne ho steso anch’io una recensione per un sito in cui anni fa, prudentemente, mi iscrissi con lo pseudonimo di “Malaparte” (ma ormai quasi tutti sanno chi sono, e mi rispondono in genere citando il vero nome…)
http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=36406 Tuttavia mi permetto di dissentire riguardo alla supposta “resipiscenza” di Del Boca. Del Boca ha semplicemente ripetuto quel che da anni sostiene: “mi sono schierato dalla parte degli etiopici. Sono da sempre un nemico del colonialismo e mi sembrava giusto sottolineare soprattutto le nostre responsabilità di Paese cosiddetto civile” Ha semplicemente ripetuto e ribadito quale era la sua posizione. Anzi, a me pare di cogliere un certo orgoglio nella sia affermazione. È una scuola storica che esiste da decenni (io ero ancora all’ultimo anno di Liceo, quando il supplente ne parlò): dichiarare apertamente la propria posizione, onde non essere poi accusati di tradire l’obiettività. Forse a questo (chissà) alludeva Dominioni quando parla di un lavoro vecchio, di stile coloniale. Anche se a me non è parso per nulla di "stile coloniale". Attendiamo specifiche. Mi fermo e saluto cordialmente
Valeria Isacchini, 29-5-2011
Gentile Signora, colgo l'occasione innanzitutto per ringraziarla della sua preziosa e attiva collaborazione con il nostro sito. Grazie anche di avermi inviato la sua riflessione sul libro della Saini Fasanotti perché mi permette un' altra considerazione. Tutti gli scritti di Del Boca sono caratterizzati da una assoluta sicurezza del sé: le sue opinioni in fondo in fondo sono sempre quelle giuste, ignora le critiche e così via. L'articolista del "Corriere della Sera", che conosce lo storico, non si fa scappare la frase che inizia con "Lo ammetto..." e la riporta tale e quale. Anche lei nella sua mail, riporta la stessa frase, ma tralascia "Lo ammetto..." che personalmente considero la parte più importante della frase perché in questo contesto, chi l'ha pronunciata, può aver solo voluto "ammettere" di aver sbagliato fino a oggi nei suoi giudizi, considerando solo una delle parti in causa. Quindi viva Saini Fasanotti, se con il suo onesto libro, è riuscita a solleticare gli inconsci di molti personaggi, compreso Del Boca, che, a mio parere, dovranno tutti necessariamente rivedere i loro giudizi. Un caro saluto,
N. Di Paolo |
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Vana ricerca?
Gentile signore,
ho scoperto da poco il sito web "corno d'Africa". Bello perché, tra tutti quelli che si interessano di questo argomento, mi sembra l'unico che sappia conciliare il rigore dello storico e l'emozione per quest'angolo della terra. Invidio tutti voi nati in Eritrea o discendenti degli italiani d'Eritrea che potete completare il puzzle della vostra identità con i nomi, fatti, avvenimenti umani e storici, non raccolti sui libri o documenti, ma tramandati dalla memoria familiare. Mia nonna è nata ad Asmara, da padre e madre italiani, i quali furono tra i primi coloni italiani ad Asmara. (Nel primo censimento su 800 italiani circa, 500 erano siciliani. Tra questi i miei bisnonni) e probabilmente finirono la loro vita in quella terra. Di loro so poco, perché mia nonna, Ventura Luna, ha raggiunto nel 1935 circa Catania, e colà è morta 8 anni dopo, lasciando mia madre orfana e senza molte storie di famiglia da tramandare. I genitori di mia nonna, quelli che si sono stabiliti ad Asmara, pare fossero commercianti. Conosco solo il nome del mio bisnonno, Jacobo Ventura; della mia bisnonna, levantina di Smirne, si figuri, non conosco neanche il nome. Tutti sono finiti nell'oblio... e con loro quella parte di me che viene da loro.
Purtroppo mia nonna asmarina ha concepito mia madre al di fuori del matrimonio e, secondo le leggi dell'epoca, non ha avuto il diritto d'apporre il suo nome, e la sua data di nascita, sul certificato di nascita di mia madre. Tento allora di raccogliere e ricostruire un poco di questa storia, che è storia mia personale, ma anche storia di un'Italia senza memoria, che preferisce cacciare gli eritrei, piuttosto che ricordarsi che il sogno degli emigrati eritrei è lo stesso che ebbero i nostri padri, ma nell'altra direzione. Certo, degli orrori sono stati compiuti dall'esercito italiano di allora, questo non si deve dimenticare, ma non si deve dimenticare neanche che questa terra per alcuni è stata patria (o matria, se mi permette il gioco di sillabe) e tomba. E finché esisteranno dei discendenti che conservano non foss'altro che un frammento di questa storia, questo paese sarà sempre un poco il nostro.
Io cerco ancora, e chiedo a tutti quanti possono aiutarmi, di farlo. È una bottiglia in mare che le mando. Probabilmente lei non potrà fare nulla per me... ma io provo, provo. Cordialmente.
Rosalba Rizzo, 6-5-2011 ablasor@sfr.fr
Cara Sig.ra, non possiamo fare altro che pubblicare la sua bella lettera, nella speranza che qualcuno la legga e la possa aiutare. Cordialmente.
Nicky Di Paolo |
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Egregio Dott. Vascon, Innanzi tutto vorrei complimentarvi per il vostro sito "IL CORNO D'AFRICA", veramente fatto bene, e che seguo molto spesso (anche per la mia associazione di scritti d’Africa www.scrittidafrica.it cui sono co-fondatore. Oppure mi è sfuggita una sua acuta osservazione sul volumetto La terra di Punt: "Ahi la Geografia!"… Le assicuro l’errore non è stato mio ma della Redazione EMI che poi hanno riconosciuto già nel 1996. Cordiali saluti Habtè Weldemariam Caro Habtè, mi dispiace che sia successo, ma non potevo mica lasciar scorrere l'Auasc in Eritrea. Cordialmente. Alberto Vascon |
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Gli abitanti del corno
angra, 20-1-11 |
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Biagetti
Cara Ester,
La tua lettera mi ha commosso. Da quello che scrivi e come ti esprimi, devi avere circa 20 anni e il tuo pensare, maturandosi con il tempo, è venuto oggi in contatto con quella profonda e sana realtà interiore che albergava nell’animo di Baldo Biagetti, il tuo nonno che stai cercando, con tanta buona volontà, di conoscere meglio. Senza dubbio alcuno era un grande personaggio perché, come hai potuto constatare da te stessa, riesce ancora oggi a stimolare l'inconscio di chi, in un modo o nell'altro, viene a contatto con i suoi scritti, con i suoi ricordi, con le gesta della sua vita movimentata, con la sua storia, sempre alla ricerca della bellezza e della sapienza. Quell' “omino”, come tu dolcemente lo descrivi, era in realtà un gigante: eccezionale pensatore, bravissimo insegnante, raffinato maestro di vita, generoso dispensatore di affettività, era un uomo che imponeva la sua presenza non solo per il possesso di un’ impressionante cultura ma soprattutto, a mio parere, per quella incredibile forza interna che irradiava su tutti quelli che gravitavano intorno a lui. Come suo allievo nel liceo Ferdinando Martini in Asmara, ho il ricordo di un professore di filosofia solo apparentemente severo, e al contempo ho viva l’ immagine di un insegnante amato dagli studenti, tutti convinti che nessuno fosse in grado di comprendere completamente la complessa realtà interiore di Baldo Biagetti; d’altra parte eravamo in molti ad intuire che ciò che insegnava era qualcosa di particolare e di molto profondo e ciò che elargiva a noi ragazzi era scuola di vita, capacità di vedere e di capire la realtà che ci circondava; nei momenti più lirici, quando era certo di tenerci in pugno, allora veniva fuori il suo grande amore per l'Africa, frustrando le nostre coscienze che a suo dire erano indifferenti di fronte a tanta bellezza ed umanità. Personalmente devo molto a tuo nonno: per me non era solo un personaggio da ammirare, era un uomo che riusciva a destare dentro di me invidia buona, quella che stimolava a crescere e a nutrire la speranza di giungere un giorno ai livelli dove operavano Biagetti e Scabbia, due grandi amici. Eppure paradossalmente Biagetti e Aldo Scabbia, questo ultimo professore di disegno allo stesso liceo dell’Asmara, erano due personalità che apparivano a prima vista agli antipodi senza alcuna possibilità di riuscire ad incontrarsi. Tuo nonno andava sempre vestito distintamente, l'aspetto molto curato e la gentilezza con cui trattava il prossimo, lo ponevano all'opposto di Scabbia, sempre disordinato nel vestire, incurante del suo aspetto, burbero e scontroso con tutti. Oggi ricordo ancora le lezioni di filosofia di tuo nonno e quelle di disegno di Scabbia, ambedue così poco scolastiche, ma piuttosto paragonabili a riunioni di gruppo, tanto di moda oggi, che hanno finalità poco didattiche ma più che altro stimolative; in altre parole, a mio parere, tuo nonno ed anche Scabbia anticipavano realmente i tempi dando vita a gruppi di studio, ignorando completamente le vecchie regole dell’insegnamento classico, sterile e noioso, ma mirando solo a farci fare un salto di qualità. Biagetti e Scabbia, appena potevano, lasciavano l’Asmara e s’inoltravano lontano dai centri abitati, ponendosi direttamente a contatto con la natura e gli abitanti di quelle terre. Dormivano nei tucul, si nutrivano di pietanze indigene, vivevano l’Africa immergendosi nella sua essenza e nella sua vera realtà. Scabbia disegnava e ha lasciato le sue opere, mentre tuo nonno elaborava pensieri profondi che possiamo ritrovare nei suoi scritti. Chi è stato allievo di Biagetti, se recettivo, era sollecitato a trasformarsi demolendo quella corazza di indifferenza che ci avvolgeva vivendo in un ambiente che favoriva la vita tranquilla, ignorando il mondo circostante. Quei due ambivano quindi alla trasformazione interna dei loro studenti mirando alla loro rinascita; impegno difficile per qualsiasi insegnante ma non per quei due favolosi individui che avevano accanto una grande alleata qual era l'Africa, che rappresentava non solo un inno alla bellezza ma anche il mezzo per poter giungere all'interno dell'anima dei loro allievi onde aprissero gli occhi e prendessero visione e coscienza di quello stupendo continente che noi ragazzi abitavamo senza conoscerlo e capirlo. Baldo Biagetti e Aldo Scabbia sono stati per me gli insegnanti migliori che io abbia mai avuto e devo a loro se mi sono avvicinato all'Africa umilmente senza alcuna bramosia ma solo con la volontà di cogliere a piene mani tutto quel bello che la natura e gli abitanti di quelle magnifiche terre offrono a chiunque accetti la loro umanità e rispetti l’identità con la quale si presentano al resto del mondo. Come vedi, cara Ester, se scrivo del tuo “omino”, la penna mi prende la mano annotando pensieri e riflessioni che forse non è agevole seguire. Quello che ti posso dire è che devi essere fiera di tuo nonno e sono certo che farai di tutto per tenere vivo il ricordo del suo pensiero. Ti garantisco che qualsiasi tuo scritto o altri documenti che riguardino Baldo Biagetti, troveranno sempre spazio in questo sito.
Un caloroso saluto,
Nicky Di Paolo |
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Baldo Biagetti
Ciao... mi ha fatto molto piacere leggere ciò che hai scritto su mio nonno... Hai confermato ogni mio pensiero, ogni mio pensiero felice di lui. Beh, non sapevo tutte queste cose, non conoscevo le storie del corno d'Africa però qui sulla mia scrivania nel cassetto ho la sua foto che tiene per mano la mia mamma quand'era piccola e la foto di un cammello che teneva nel comodino. Di là invece c'è quel ritratto quello di cui parla in quella pagina insieme a altri due uno di cammelli e uno di un ragazzo credo dell'Africa. Non posso che ringraziarti per avermi regalato una bella serata con quelle parole che mi hanno fatto riflettere sulla persona per la quale ogni sera prima di andare a letto penso e ringrazio per tutto ciò che mi ha dato. Lui è il mio esempio di vita. Con lui ho tagliato l'erba, ho giocato a scacchi, tutto UN NONNO, uno vero, non il classico che ti regala soldi, ma uno che ti sa dare molto di più di tutto ciò. Mi diceva che ho gli occhi buoni, mi raccontava di quando era in guerra, parlavamo del motore progettato di cui magari avrebbe voluto avere dei risultati. Stasera ho chiamato la mamma con stupore per farle vedere la testimonianza sul nonno e non era stupita, questo perchè era a conoscenza della fantastica persona che era. Grazie, grazie davvero! giovannimarco_95@hotmail.it |
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Gent.ma Redazione de "Il Corno d'Africa",
siamo due nipoti di Caldiron Luigi Gino, che fu tra le vittime dell'affondamento del Nova Scotia nel 1942. Allo scopo di rendere maggiormente visibile questa tragedia, dove perirono oltre 650 italiani tra militari e civili, abbiamo creato un blog con la descrizione della vicenda e la pubblicazione di documentazione inerente in ns. possesso. L'indirizzo del blog è il seguente: http://navenovascotia.blogspot.com/.
Nel caso lo riteneste utile, siamo quindi a richiedere
cortese segnalazione ai Vs. lettori e Vs. eventuale molto
bene accetta collaborazione.
Grazie per l'attenzione e cordiali saluti.
Antonio e Fiorenzo Zampieri, 4-12-2010
Via Puccini, 22 35031 Abano Terme (PD) cel: 333.4766171 |
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Alla redazione de Il Corno d’Africa.
Sono un vostro abituale frequentatore ed un discreto lettore di cose eritree. Non voglio nascondervi il mio stupore nello scoprire come stia proliferando inarrestabilmente la razza degli “storici e degli studiosi” di quel lembo di terra africana di cui si occupa il vostro sito. Questi appassionati, a quanto pare, viaggiano instancabilmente attraverso l’Eritrea e l’Etiopia – si salva la Somalia grazie alla pericolosità della sua situazione altrimenti anche qui ne sentiremmo delle belle – e raccontano le loro esperienze e le loro avventure con la convinzione che i loro scarsi lettori siano totalmente ignoranti in materia. Prendono topiche storiche e geografiche e le scodellano come verità assodate e raccontano di marce che avrebbero fatto morire di invidia anche Michele Strogoff. Confesso la mia ammirazione per Alberto Vascon per l’improbo compito che si è assunto di confutare gli errori più grossolani e le contraddizioni più evidenti ma credo che la sua sia una lotta contro i mulini a vento. La vanità e la superficialità di questi pseudo studiosi non è scalfibile e continueranno imperterriti a raccontarci improbabili verità. D’altronde anche il Barone di Münchausen raccontava convinto le sue mirabolanti avventure. Un cordiale saluto.
angra, 19-10-2010 |
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Buona sera,
sono rimasto affascinato nel leggere alcune delle lettere e risposte trovate sul vs. sito. Sono anni oramai anni che non visito più Asmara e mi piacerebbe sapere se esiste qualche documentazione fotografica storica che riguarda i miei avi, quindi mio nonno Krikor Seferian, suo fratello Edward, il cugino Yerwant Hussissian, la famiglia Mouradian e infine mio padre Agop Krikor Seferian. Credo che mio nonno Krikor circolasse a dorso di mulo alla fine del 1800, comprando raccolti, pelli ecc. e per contro importando filati dall’Inghilterra. Questa attività la svolse in tutto il “Corno d’Africa” Mio padre sviluppò altre attività prettamente di commercio di materiale industriale tedesco ed italiano nel dopoguerra, oltre al solito commercio di caffè ed altre commodities locali. Oltre ad essere socio a Massawa nelle saline credo fosse socio anche in una fabbrica di scarpe… di italiani, ma mi sfugge il nome, forse Cipollini Per lui hanno lavorato tra altri Fulvio Serapioni, il dott. Sommariva, Carlo Mainardi e tanti altri connazionali. Mi faccia sapere se riesce a trovare qualche cosa di interessante. La ringrazio
Raffi Seferian, Milano, 22-9-2010
Caro sig. Seferian,
abbiamo girato la sua richiesta al nostro collaboratore Giancarlo Stella, che potrà anche contattare nel sito africana@agmenquadratum.net Cordialmente.
Nicky Di Paolo
Ecco la risposta di Giancarlo Stella:
Preg.mo Sig. Sefarian, ho letto con interesse la Sua lettera, interessandomi da molti anni alla presenza degli italiani in Africa. Premetto che, generalmente, il luogo deputato per la conservazione di notizie, dati, informazioni, immagini, ecc. di ogni personaggio è la propria famiglia, unico custode-depositario di ciò che lo riguarda. Oltre alla famiglia, vi sono i parenti, i colleghi e gli amici, che possono sapere ed avere immagini. Altre notizie, seppur limitate, pertinenti al servizio di leva si possono trovare negli stati di servizio o ruoli matricolari se militari, oppure nelle camere di commercio se furono dediti ad attività lavorative, oppure negli archivi giudiziari nel caso fosse stato oggetto o promotore di cause civili o penali. Nel Suo caso, avendo svolto una attività commerciale, può provare a cercare informazioni in Eritrea, e nel contempo sondare qualche altro archivio, oltre la stampa locale che solitamente pubblicava brevi profili di persone industriose. Insomma, una ricerca senz’altro non facile, ma queste sono le uniche strade da percorrere, che solo un parente può intraprendere per via dell’eccessivo impegno di tempo, di spostamenti ed anche finanziario che una tale ricerca può determinare. Posso solo darle alcune informazioni prendendo spunto dalla sua lettera: che in effetti esisteva la fabbrica di calzature aperta dall’industriale Giuseppe CIPOLLINI in Asmara nel 1939; che il Rag. Fulvio SERAPIONI fece parte del Comitato per il Commercio dell'Asmara Expo del 1969 (può chiedere notizie a suo figlio, l’architetto Sandro Serapioni); Carlo SOMMARIVA nel dopoguerra assunse la direzione della "Seferian" (sic), che era agente per la Wolskwagen in Eritrea. Sommariva rimpatriò con la famiglia nel 1959 stabilendosi a Milano e morì nel 1985. Aveva però tre figli: Paolo, Andrea e Francesco, che credo potrà contattare. Ed infine lo sportivo monzese Carlo (“Carlino”) MAINARDI, che fu Direttore generale della “Seferian” (sic) S.p.A. negli anni ’80 in Addis Abeba. Insomma, qualche spunto su una ricerca non impossibile ma che richiede quel tempo, quella pazienza e quella cura che solo un parente affezionato può avere.
Cordialmente: Gian Carlo STELLA |
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Egregio sig. Di Paolo,
Mi chiamo Massimo Visentin e vivo a Venegazzù frazione di Volpago del Montello (TV), paese che ha dato i natali a Jacopo Gasparini Governatore dell'Eritrea dal 1923 al 1928, sto cercando materiale (documenti, libri, foto, ecc.) di questa figura per allestire una mostra ed una pubblicazione nel Comune di residenza. Vi cito alcune informazioni del Gasparini:
Jacopo Gasparini nato a Volpago del Montello il 23 marzo 1879 morto ad Asmara, 16 maggio 1941 è stato un diplomatico italiano. Fu Governatore d'Eritrea, Ambasciatore nello Yemen e reggente in Somalia, si distinse nella diplomazia durante tutto il Ventennio, quasi interamente passato in terra d'Africa. La carica di Governatore d'Eritrea, che ricoprì fino al 1928, gli fu conferita nel 1923, ed ebbe un'importanza fondamentale nelle trattative fra il sovrano dello Yemen, Imam Yahyà ("El Ymam Jahia"), ed il Governo italiano. Si impegnò in quello stesso periodo nella ricostruzione di Massaua, colpita da un forte terremoto; la città divenne un importante centro per la commercializzazione dei prodotti e delle materie prime provenienti dall'Etiopia, e nella bonifica di 15.000 ettari di terreno (Tessenei), a ridosso del fiume Gash, per la produzione di caffè, cotone e china. Rimasero famosi alcuni filmati, conservati dall'Istituto Luce, fatti girare a San'a dal governatore, si ricordano: "Aspetti e ricordi di S.A.R. il Duca degli Abruzzi nel suo viaggio in Abissinia", "Trasporto in Eritrea delle Salme degli Italiani caduti in Adua" girato fra il 1926 e il 1928, "Viaggio di S.M. il Re in Eritrea" girato negli anni venti e prodotto nel 1932. Jacopo Gasparini, inoltre, passa alla storia per tentare un colpaccio che avrebbe reso l'avventura in Eritrea ben diversa: acquistare un protettorato sullo Yemen. Gli inglesi, ovviamente riuscirono ad ostruire l'operazione, ma il peggio lo compì Mussolini, che tergiversò e si lasciò sfuggire il controllo di un'interessante area petrolifera.
Caro sig. Visentin,
potrà trovare notizie di Jacopo Gasparini nel secondo volume dell'opera di Del Boca "Gli italiani in Africa Orientale"; per il resto le consiglio di rivolgersi a Gian Carlo Stella, e- mail africana@agmenquadratum.net
Cordiali saluti
Nicky Di Paolo |
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Mi chiamo Alessandro Pacini, abito negli Stati Uniti, ma sono nato a Firenze nel 48. Il motivo di questa mia e per sapere di più sulla capitaneria del porto di Massaua. Mio padre lavorava lì duranti gli anni 30 (se mi ricordo bene cominciò a lavorare alle fine degli annni 20) fino alla sua cattura da parte delle truppe Inglesi. Da piccolo negli anni 50 incontrai il Capitano Lolini di Livorno e mi ricordo bene che parlavano della loro esperienza in Africa. Mio padre si sposò con Mariotti Gisella tramite la procura di Firenze, il fratello di Gisella scrisse un libro, che se si intitolava " le Ambe Alagi". Vorrei sapere di più sulla giovinezza di mio padre e se è possibile dove
potrei rivolgermi. Ho anche delle foto di Massaua e se vi interessano ve le potrei inviare.
In attesa di una vostra vi invio i miei più cordiali saluti
A.Pacini, 30-4-10
Egregio Sig. Pacini |
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Alla cortese attenzione di Di Paolo, il mio nome é Martino Cipriani e sono uno studente di Torino. vi scrivo per motivi di carattere personale e di studio, sto infatti conducendo delle ricerche su quelle che furono le vicende e la vita coloniale di mio nonno Ugo Borio. Purtroppo le informazioni in mio possesso al momento non sono molte ma so per certo che egli era il direttore generale dell'ospedale INFAIL ad Addis Abeba. Ricostruire questa parte della sua vita sarebbe molto importante per me e la mia famiglia ma purtroppo,ripeto, al momento non so molto di più. La mia ricerca non è solo personale in quanto sto preparando un progetto di carattere documentaristico su ciò che concerne la vita coloniale in Addis Abeba durante gli anni imperiali, 1937/1941. Insieme a miei colleghi e soci dell'associazione culturale Mataleòn, da me presieduta, stiamo conducendo le nostre ricerche in Italia ed abbiamo in programma un viaggio in Etiopia per un confronto sul luogo con l'argomento trattato. Qualsiasi informazione ed aiuto sarebbe graditissimo e prezioso, confido in un vostro contatto, grazie dell'attenzione.
Martino Cipriani, 25-4-10
tel 3480321886, mataleon@live.it
Caro Cipriani,
per
noi è un grande piacere constatare che ci sono ancora dei giovani
interessati alla storia delle ex colonie italiane. Da ciò che mi
scrive sembra intenzionato a intraprendere delle ricerche serie e
non finalizzate a scopi propagandistici. Potrà contare sulla nostra
revisione finale dei testi (correzione di descrizioni dei luoghi,
usi e costumi locali, storia antica del Corno etc.) nonché sulla
possibilità di consultare la fantastica Biblioteca Africana di
Fusignano (Ravenna) di proprietà e diretta dal Dr. Giancarlo Stella
al quale giriamo per conoscenza la sua lettera. Il Dr. Stella è
l'unica
persona inoltre che potrà aiutarla nella ricerca di notizie di suo
nonno.Molti saluti e auguri.
N. Di Paolo
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Egregio Dottor Di Paolo,
non posso che condividere il suo editoriale "Quaranta anni di guerra". Coraggiosa e autorevole (anche per la doppia firma ) presa di posizione del sito da lei diretto. Nell'anno appena trascorso più volte sono stato tentato di segnalarle articoli o reportage della stampa italiana che raccontavano il progressivo peggioramento della situazione in Eritrea, tutti univoci nel denunciare la trasformazione del governo nazionale eritreo in un "regime" repressivo. Non l'ho fatto proprio per non darle l'impressione di sentirsi costretto a prendere una posizione politica che, a torto o ragione, è sempre una posizione di parte in un sito pubblico che si rivolge a tutte le persone interessate. Inoltre la sapevo, per le vicende autobiografiche raccontate nei suoi libri e per quanto precedentemente scritto, vicino al movimento resistenzial-socialista oggi al potere. Il sottoscritto, quando è stato in Eritrea nel 1993, era libero di girare nell'intero paese, da solo, con mezzi pubblici e di fortuna, con in tasca solo una lettera di presentazione di una suora. Leggere che oggi alla moglie del nostro ministro è proibito allontanarsi da Asmara mi ha profondamente turbato. Quando gran parte della popolazione soffre ed è costretta al silenzio è giusta e doverosa ogni forma di denuncia. Presto si celebreranno i 150 anni dell'Unità d' Italia. Per avere una parvenza di democrazia abbiamo dovuto vedere le guerre risorgimentali, due guerre mondiali, venti anni di regime, l'occupazione tedesca e una guerra civile. E ancora oggi dobbiamo vigilare e stare in guardia per non ricadere nei vecchi errori. Il cammino per le libertà civili è lungo e doloroso. Certamente oggi non ci incantano più il "Minculpop" o la propaganda di regime che dir si voglia.
Cordiali saluti.
Lorenzo Varaldo (bis bis bis nipote di un caduto di Adua), 3-3-2010 lorenzo.varaldo@virgilio.it Egregio Sig Varaldo,
La
ringraziamo per la sua cortese lettera e per la lucidità con la
quale ha voluto tratteggiare la nostra filosofia. Ci sembra ben
chiaro che lei ha ragione su tutto quanto ha evidenziato. Come ha
perfettamente compreso, noi vogliamo tenerci al di fuori delle
politiche interne del Corno. Ciò non toglie che di rado si manifesti
in noi l’assoluta necessità di dire, o meglio di ribadire, qualcosa
che ci sconvolge e che al contempo ci umilia. L‘amore che nutriamo
verso il Corno non può tapparci gli occhi e impedirci di vedere come
stanno le cose, e tanto meno possiamo tollerare che ci sia qualcuno
che ci prenda per degli imbecilli.
Ci chiediamo come mai si possa ignorare di proposito la massa di dati forniti in continuazione dall'ONU, dall’UNICEF, dalla FAO, da Amnesty International. Ultimamente poi (meglio tardi che mai) bisogna essere ciechi per non prendere visione di articoli e servizi realizzati da quotidiani o periodici e da reti televisive di tutta l’Europa che focalizzano la situazione politica attuale del Corno d’Africa. Infine sono degli ultimi mesi le tragiche avventure occorse a gruppi di eritrei e somali che se la sono dovuta vedere con un Mediterraneo infuriato che si è inghiottito molti di loro; le storie dei sopravvissuti avevano tutte come base di partenza situazioni locali che costringevano alla fuga. In Eritrea è oggi in funzione la carta annonaria e per spostarsi all’interno necessitano permessi su permessi.
Si può catalogare tutto ciò come spazzatura, sostenendo al contempo che la verità è un’altra? Oppure le nostre fonti di informazione sono diverse da quelle che altri ottengono in forma diretta e privata? Lei chiama bonariamente minculpop i sostenitori dell’attuale regime, coloro che avversano qualsiasi scritto o documento che contraddica quanto loro sostengono. A noi non sembra una coincidenza che il motto eritreo "Hadè libbì, hadè hizbì, hadè meharì" sia quasi la traduzione letterale del motto tedesco ai tempi di Hitler "Ein Volk, ein Reich, ein Fuhrer".
A questo punto chiudiamo questa parentesi senza raccattare altre provocazioni. Chiunque voglia, potrà documentarsi con facilità e trarre le proprie conclusioni. Noi auguriamo alle genti del Corno tempi migliori. Nicky Di Paolo e Alberto Vascon
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Gentili Nicky Di Paolo e Alberto Vascon
Ricordo il giorno in cui “il Corno d’Africa” fece il suo esordio sul web con la presentazione di una lettera aperta al Presidente Isaias Afworki. Dopo poco con un rapido dietrofront la lettera scomparve definitivamente non so dire se per effetto delle proteste dei lettori o per un tardivo ripensamento sull’indirizzo culturale o politico da dare alla vostra opera, e questo fu un bene.
Fatto è che da allora di politica non ne avete più parlato e nonostante dall’impostazione generale del sito trapeli una sostanziale tendenza filo etiopica, questo è via via cresciuto contribuendo in maniera autorevole all’arricchimento culturale di quanti si avvicinino alla conoscenza di quello splendido scorcio d’Africa.
Leggendo il vostro editoriale “Eritrea: Quaranta anni di guerra” tuttavia devo constatare che con un imprevedibile cambio di tendenza vi siete avventurati nuovamente in un campo evidentemente a voi ostico costituito dall’analisi politica dell’Eritrea moderna che lungi dall’essere come la presentate voi in realtà è estremamente più articolata e rappresenta un esempio unico e virtuoso dal quale l’Africa dovrebbe prendere esempio.
Sorvolando sulle varie affermazioni antigovernative tanto false quanto trite e ritrite delle quali non vale la pena neanche tornare a parlare, vorrei attirare la vostra attenzione su una frase in particolare: “…è indispensabile che l’Eritrea decida una buona volta di trattare con l'Etiopia una pace vera…”. Possibile non vi rendiate conto che l’Eritrea non ha nulla da trattare? Non vi risulta evidente che l’Eritrea avendo totalmente aderito al meccanismo democratico della mediazione internazionale ha esaurito nella sede di Algeri ogni suo obbligo e che ora esiste un verdetto definitivo e immodificabile della Commissione Confini al quale è la sola Etiopia a non attenersi? Possibile non vi siate accorti che l’Etiopia e non l’Eritrea occupa illegalmente territori a sovranità eritrea determinando uno stato di “non guerra non pace” che mina la sicurezza dell’intero Corno d’Africa?
La chiave di volta dei problemi del Corno d’Africa è con tutta evidenza l’Etiopia che dopo aver tentato illegalmente di riappropriarsi dello sbocco al mare innescando una guerra senza speranza con l’Eritrea ha poi devastato la Somalia in una guerra inutile, indegna e vergognosa. All’Etiopia vanno dunque inviate le esortazioni a ricondursi entro un percorso di legalità e di rispetto nei confronti di coloro dai quali la sua stessa esistenza dipende integralmente sia dal punto di vista economico (U.S.A, C.E.) che storico (Eritrea).
Stefano Pettini, 21-1-10 stefanopettini@libero.it
Caro sig. Pettini, |
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Caro Di Paolo, È stato un piacere farle questo omaggio e mi lusinga che un cultore di Africa esperto come lei apprezzi così tanto il frutto delle mie lunghe e faticose ricerche. Se sono riuscito a trasmettere insieme alla conoscenza anche forti emozioni, come lei descrive, ho ottenuto davvero un grande risultato. Rimandando ad un nostro futuro e possibile incontro dove avrò il piacere di conoscerla di persona, la saluto. Cordialmente. Luca Lupi, 5-12-09
Caro
Dr. Lupi, |
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Gentilissimo dr. Di Paolo, sono Irma De Angelis sindaco di San Lupo, piccolo borgo di circa 1000 anime sito nella provincia di Benevento. Ho dato consenso ad una iniziativa finalizzata ad ospitare nel mio comune circa 50 rifugiati provenienti dall'Eritrea. Il progetto prevede un percorso di reinsediamento della durata di due anni. L'iniziativa, come Lei può immaginare, non ha trovato istintivo consenso fra i mie concittadini. Ho cominciato cosi la ricerca di informazioni ed altre esperienze che in qualche modo mi dessero ulteriore conforto e determinazione nell'avviare comunque questo certo non facile programma. Per caso mi sono imbattuta nel sito "ilcornodafrica" e lì ho scoperto la Sua esperienza e l'intensità con la quale lei l'ha vissuta, fino a riconoscere questa etnia quale seconda patria. Le confesso che ho avuto un senso di sollievo e per questo spero che risponderà a questa mia mail. Oso ancora di più invitandola per la manifestazione di presentazione del progetto che organizzerò a San Lupo nella prima decade di settembre. Sarebbe per me importantissimo averLa come ospite. La Sua ricca esperienza certamente contribuirà a tranquillizzare chi, per scarsa conoscenza, liquida troppo superficialmente occasioni di confronto ed integrazione che ormai appartengono, ineluttabilmente alla nostra quotidianità. Certa di conoscerLa direttamente ed in fiduciosa attesa, cordialmente La Saluto. Irma De Angelis, 3-8-09 tel 3343415252- mail irmadeangelis@virgilio.it
Gentile Signora, ho letto con piacere la sua e-mai, dove fa cenno alle vicissitudini cui è andata incontro, quale sindaco di un paese della provincia di Benevento, tendendo la mano a 50 rifugiati eritrei. È un nobile gesto che le fa onore. Chissà per quale ragione, l'Italia si è completamente dimenticata del popolo eritreo, del tributo di sangue versato dagli ascari eritrei combattendo in prima linea per noi, della grande collaborazione offerta agli italiani alla fine della guerra? Noi che siamo nati e vissuti in Eritrea possiamo solo richiedere per l'ennesima volta ai politici italiani e agli organi di stampa un briciolo di attenzione per gli eritrei che sbarcano nelle nostre coste. Sono i nipoti di quei mitici ascari che al grido di "Italia, Italia" galoppavano con la scimitarra sguainata contro i tanti nemici che il nostro paese aveva in quel momento. Perché allora si creano problemi ad un sindaco che stende la mano ad un gruppo di rifugiati eritrei? E se questo evento fosse invece il giusto e atteso stimolo per riconsiderare il problema? È per questo che invio per conoscenza questa mia risposta a uno scelto gruppo di stimati e seri professionisti della politica e dell'informazione, con la speranza che, anche solo parlandone, possano dare una mano al coraggioso sindaco di San Lupo che, esponendosi in prima persona, si è mosso per soccorrere 50 eritrei che ancora credono nell'amicizia del popolo italiano. Un cordiale saluto a tutti, N. Di Paolo |
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Egr. Dr. Di Paolo,
ho letto con molto interesse il suo libro "Briciole d'Africa" e trovando il racconto sull'Arca dell'Alleanza Le mando un articolo apparso sul "Resto del Carlino" e forse sulla Nazione che riguarda l'Arca e la sua presenza che è stata svelata dal Patriarca ortodosso dell'Etiopia in una recente conferenza stampa a Roma. Ci faccia conoscere il suo parere sul Mai Taclì e nell'attesa gradisca i più cordiali saluti da un vecchio asmarino.
Sauro Baldi, Ferrara, 30-6-09
Caro Sig. Baraldi,
Abbiamo scritto che l’Arca, se è esistita, non aveva alcuna possibilità di giungere integra ai nostri giorni se fabbricata con i materiali descritti nella Bibbia, con le sole eccezioni di averla mantenuta costantemente sotto vuoto o che fosse giunta fino ad oggi intatta per un miracolo divino. Con le sole ipotesi però e, in assenza di una garanzia scientifica, non si può onestamente prendere in considerazione l’esistenza sulla terra dell’Arca dell’Alleanza. D’altronde la fede cristiana del popolo abissino è ben nota per la sua determinazione e spiritualità. Ciò che noi consideriamo leggenda per gli etiopici e verità, ed è comunque materia di fede, sulla quale non si discute con i limiti della ragione. Di fronte a tale misticismo chiniamo il capo e rispettiamo il loro credo.
Nicky Di Paolo |
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Trasmetto per conoscenza una mia lettera inviata al Ministero della Difesa - Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra - e all'Ambasciatore italiano in Addis Abeba Raffaele De Lutio:
Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra Ministero della Difesa Via XX settembre 123/a 00187 Roma
Ambasciatore Raffaele De Lutio Villa Italia P.O.Box 1105 Addis Abeba Etiopia
Reggio Emilia, 20/3/09
Ogg.: giardino di Gondar – lastre tombali di militari italiani
Mi sento in dovere di segnalare che, durante un mio recente viaggio in Etiopia, ho scattato a Gondar le foto che allego.
Come potete vedere, si tratta di un accogliente e tranquillo giardinetto, situato proprio di fronte all’ingresso del “Recinto imperiale”, ombreggiato da un imponente sicomoro, allietato da siepi fiorite e provvisto di numerose panchine. Un ottimo luogo di riposo per i numerosi turisti internazionali che si recano a vistare i famosi “castelli”.
Con notevole indignazione, ho però verificato che la seduta delle panchine era costituita da pietre tombali del cimitero dei Militari italiani. Non posso neanche pensare che si tratti di vera e propria profanazione (nella scheda notizie sui Cimiteri italiani all’estero che mi avete inviato in allegato alla Vs. lettera MD /Gonorcad/8114 dell’ 11/11/08 non compare Gondar tra i cimiteri di guerra trasferiti ad Addis Abeba, ma immagino che comunque sia stato a suo tempo operato un recupero e trasferimento delle salme).
Trovo tuttavia vergognoso che i nomi dei nostri Caduti siano esposti con tale indifferenza, e che le pietre tombali siano usate per la seduta di panchine. In un caso, ho dovuto ripulire con un rametto una lastra per poter leggere il nome, tanti erano gli escrementi di piccione depositativi! Senza pretesa di completezza, ho annotato un lungo elenco:
Radomilla Attilio 8/3/39 Pingue Luigi 27/6/40 Roberti Luigi 10/12/39 Carboni Efisio V. Capo Sq. 6/11/40 C.N. Malarico Filippo 22/11/40 Fatica Felice 10/11/38 Berruto Elio Brown Alessandro 7/6/41 S.Ten. Arpaia Renato 14/4/41 Cacciatore Vincenzo 13/3/40 Cap. Norlenghi Alberto Bruno 7/4/37 Campaner Claudio 19/3/38 Duccoli Francesco 12/3/39 Boschetti Luigi 13/11/37 E 17 Ignoti. Non è da dimenticare che Gondar è stata l’ultimo nostro baluardo in Etiopia a cedere, a fine novembre del ’41; i nomi dei nostri Caduti laggiù meritano senz’altro maggior onore.
Ho avuto la possibilità, durante un mio incontro in Addis Abeba con il nostro Ambasciatore Raffaele de Lutio, di segnalargli il fatto e di verificare la sua sensibilità e disponibilità ad intervenire presso la Municipalità di Gondar per risolvere degnamente la cosa. Sono quindi certa che la mia segnalazione avrà presto una positiva evoluzione per assicurare una degna memoria ai nostri Militari caduti.
Resto quindi in attesa di una vostra rassicurazione in proposito.
Cordialmente,
Valeria Isacchini
L'Ambasciatore italiano in Addis Abeba Raffaele De Lutio ha risposto:
Cara Signora,
vorrei
assicurarle che dopo il precedente scambio di mail un amico italiano
si é recato a Gondar ed ha effettuato una ricognizione fotografica
completa del Parco antistante i castelli imperiali. La situazione
corrisponde a quanto da lei segnalato, il "ripristino" del giardino
sarebbe stato realizzato circa un anno fa, riutilizzando materiale
(le lapidi) provenienti dal dismesso Cimitero militare di
Gondar.Stiamo verificando con Onorcaduti e con le Autorità locali la possibilità di spostare le lapidi nel Cimitero militare di Makallé (ammesso che lo accettino trattandosi di Tigrai) o altra soluzione. Noi potremmo forse coprire i costi di sostituzione delle panchine grazie alla generosità di amici italiani qui residenti, in attesa che Onorcaduti provveda agli stanziamenti necessari. La terrò informata degli sviluppi, spero quindi a presto e grazie per la segnalazione.
Raffaele de Lutio.
4-4-09 |
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Carissimo Nicky,
mi devi scusare se porto via un po' del tuo preziosissimo tempo.
La mia lettera da te pubblicata nelle "lettere alla redazione"
l'avevo vista subito e ti ringrazio per lo spazio che mi hai
concesso. Alcuni giorni dopo ti avevo nuovamente scritto
cliccando sul tuo nominativo, ma quando avevo fatto INVIO e
cercavo una traccia della mia appena spedita, non ho trovato
nessun riscontro e come dettoti ieri, nella stessa ti segnalavo
il libro di Olindo FAMELI (anche lui medico come te); io non
sono medico ed ho fatto le scuole al Bottego senza arrivare al
diploma. Ti chiedevo anche come si doveva fare per acquistare
eventualmente qualche CD o DVD di quelli bellissimi fatti da
voi, ed il relativo costo. Grazie per la segnalazione che andrai
a fare per il libro di Olindo Fameli. Un cordiale saluto.
Romano
Romano Modonesi, 4-3-09 |
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Carissimo Dott. Nicky di Paolo, sono Modonesi Antonio Romano, classe 1933, e permettimi di darti del tu. Ho vissuto anch'io in Asmara dal 1938 (avevo 5 anni) fino al mio rientro i Italia nel maggio 1963. Ti conosco di fama perché ho letto tutti i tuoi libri a partire da "Hakim" ed anche se non sono più ritornato nei luoghi della mia infanzia, la nostalgia ed il "mal d'Africa" mi è sempre rimasto un po' in fondo al cuore. Ho partecipato a diversi raduni del "Mai Taclì" ma non ho mai avuto il piacere di incontrati. Un mese fa ho ordinato il libro che hai scritto assieme ad Alberto Vascon e solo allora, iniziando a leggerlo, sono venuto a conoscenza del sito "ilcornodafrica" e mi rammarico molto esserci arrivato così tardi. Devo farVi i complimenti perchè non ho mai visto fotografie dei posti dove ho trascorso la mia infanzia, così belle e meravigliose, in questi giorni non ho fatto altro che aprire il sito e leggere le lettere "alla Redazione" e vedere, vedere, rivedere le meravigliose foto fatte nei posti che non credevo nemmeno potessero esistere. Non mi sono mai spinto fuori Asmara e dintorni, Massaua, Cheren, Decamerè, Adi Ugri, Senafè erano i posti dove mi spostavo qualche volta, e quindi il vedere tantissimi posti che mi erano sconosciuti, mi ha riempito di una gioia immensa. Fino alla scorsa settimana visitavo soltanto il "chichingiolo" e non sapevo che esisteva un meraviglioso sito come il Vostro ed ho un rammarico che nessuno dei miei amici intimi, mi abbia mai informato di ciò; pazienza, vorrà dire che ora ho qualcosa in più da vedere nei prossimi giorni. Ho frequentato le scuole ad Asmara, dai Fratelli delle Scuole Cristiane prima e poi in seguito al "Bottego" senza però arrivare al diploma. Ho lavorato presso l'Aden Airways all'aeroporto di Asmara, in seguito alla Seferian e poi il mio rientro a Milano con la famiglia nel 1963. Ho giocato anche a pallacanestro con l'Eritrea in età giovanile e qualche foto l'ho sul "chichingiolo" al cassetto 38. Ho giocato assieme a grandi campioni e pochi giorni fa ho appreso la notizia che Massimo Fenili ci ha prematuramente lasciati. Caro Nicky forse mi sono dilungato un po' troppo, e termino augurando a Voi tutti della Redazione i migliori auguri per un proseguimento del vostro impegno e grazie per tutto quello che fate per tenere alto il ricordo della nostra amata Eritrea.
Romano Modonesi, 7-2-09
Caro Romano,
Ricordo bene il tuo nome e il tuo viso, anche se qualche anno di differenza imponeva, in Eritrea, giri di amicizie diversi. Grazie per i complimenti, sono quelli che ci spingono a proseguire nel nostro cammino, animati da scopi che conosci in quanto riportati in tutte le nostre pubblicazioni. Noi desideriamo mostrare quali luoghi e genti abitano il Corno d’Africa, le grandi potenzialità e denunciare l’imbecillità di guerre tanto inutili quanto interminabili. Noi non ci facciamo ghermire dalla nostalgia che tende a riproporre realtà che non potranno più divenire, ma ci teniamo fermi ad osservare ciò che mostra il Corno d’Africa, cercando di cogliere anche minimi segni di rinascita. Non veniamo più ai raduni perchè ci danno tristezza. Prova a scrivere qualcosa sul basket in Eritrea. Lo pubblicheremo volentieri, Un caro saluto.
Nicky |
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Gent.mo Dott. Di Paolo, gianfreddi@gmail.com, 27/01/2009
Caro Sig. Freddi, Non abbia remore a scriverci, la posta per noi è importante. Grazie per le sue gentili parole. Lei ha ragione sia nella tarduzione dall'arabo, sia per quanto riguarda i tramonti massauini. Il sole tramonta ad ovest, quindi in tutta l'Africa orientale il tramonto avviene alle spalle, guardando il mare. A Massaua si osserva il sole tramontare dietro l'altipiano. Con le dovute eccezioni. Dalla punta di Ras Amas (vicino ad Archico) per certi periodi è possibile godere bei tramonti sulla baia di Massaua, mentre per tutto l'anno tramonti splendidi si osservano dalla punta della penisola di Buri e naturalmente da tutte le isole Dahlac. Anche dall'Isola Verde il tramonto è sul mare. Mi auguro di essere stato chiaro. A presto risentirci e tanti cari saluti,
Nicky Di Paolo |
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Carissima Sr. Rita, tu che amavi tanto l’Africa te ne sei andata l’altro giorno, in una freddissima notte invernale. Avevamo potuto riabbracciarci in una domenica dello scorso settembre a Roma, con la complicità di fortunate coincidenze. Ma, a una lettura più profonda, si è trattato non di semplici coincidenze, ma di segni e di messaggi che rivelano realtà di ben altro spessore. Ci eravamo date appuntamento a Roma per incontrare Sr. Annunziata, prima che facesse ritorno ad Asmara, noi sue ex allieve dell’Istituto delle Suore Comboniane situato all’Amba Galliano, alla periferia dell’Asmara. Era giunta perfino Geula da Tel Aviv, sempre pronta e disponibile a questi incontri. La notizia che Sr. Rita, giunta dall’Eritrea, stava transitando da Roma per raggiungere Verona, ha spinto alcune di noi alla decisione di volerTi comunque incontrare, anche se per brevi istanti. Al di là di ogni retorica, è stata una grande commozione. Il timore che soggiace agli incontri che avvengono dopo un lunghissimo tempo ( per alcune di noi più di quaranta anni!) si è dissolto in un grande abbraccio, non solo fisico. Ci siamo guardate, immediatamente riconosciute, i segni del tempo non avevano cancellato la vera identità dei volti. Hai chiamato ciascuna per nome, ti ricordavi finanche i nomi dei nostri figli… Un flusso di ricordi e di emozioni, rammentavi di ciascuna di noi, episodi lontani, risalenti a quando eri la nostra giovane insegnante di matematica. Le categorie dello spazio e del tempo si erano dissolte: né spazio né tempo ci avevano diviso. Un’ombra e un’inquietudine aleggiavano e riguardavano il Tuo stato di salute, ma la Tua serenità a proposito era grande, dicevi di affidarti completamente al Signore. Le ultime telefonate a Verona, la speranza di poterci ancora rivedere, la richiesta di incontrarci comunque nella preghiera. Non ci è stato più concesso. Proseguiremo ancora il nostro viaggio “insieme”. Tu continuerai a vivere perché noi ti ricorderemo sempre quando ci hai accolte in qualità di insegnante; poco più che bimbe, siamo cresciute con la tua presenza che avvertivamo a volte anche “ferma”. Un vero insegnante è esigente, sa di poter pretendere. Gli allievi quando crescono finiscono per ricordare con più affetto e gratitudine gli insegnanti più pretenziosi. Dietro la fermezza c’era infatti un profondo interesse umano per ciascuno dei tuoi. Da vera educatrice volevi conoscerci nel profondo e ti rapportavi di conseguenza con le singole identità. Ne è la prova che, passati tantissimi anni, ricordavi con affetto episodi, caratteristiche, avvenimenti… Ma forse il ricordo più bello che porteremo è ciò che abbiamo scoperto di Te, una volta cresciute, quando, lasciata Asmara, siamo diventate donne mature. Abbiamo saputo e capito quale era stata la Tua scelta davvero missionaria, la Tua dedizione assoluta verso i poveri, la scelta dell’Africa come vera casa. Tanta bontà poteva solo essere intuita perché Tu non facevi trapelare la dedizione, l’impegno che mettevi ogni giorno per alleviare le sofferenze dei bisognosi. La Tua sofferenza era sempre taciuta. Abbiamo saputo che le Tue ultime parole prima di morire sono state “ Non dimenticate i miei poveri…” Se sei riuscita a seminare tanto amore attorno, non è cosa da poco. Come una candela ne accende un’altra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore ne accende un altro e così si accendono migliaia di cuori – Lev Tolstoj Ti abbracciamo ancora, come quando ci siamo viste recentemente a Roma, abbracciamo anche Sr. Annunziata, sappiamo del legame che vi univa, ora rimane lei a dare continuità ad un sentiero segnato da ricordi e affetti. Non ti dimenticheremo.
Le tue allieve, 24-1-08 |
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Carissimi, scrivo a voi per chiedervi di pubblicare la notizia della morte di una carissima sorella comboniana: sr. Rita Borghi. Un pezzo di storia dell’Eritrea se ne va con questa donna meravigliosa che ha amato questa terra come pochi.
Vi scrivo in oltre per chiedervi di divulgare anche questa idea: scrivere un libretto su di lei attraverso le testimonianze di chiunque desidera dare questo contributo. Penso sia doveroso per la storia di ieri, di oggi, ma anche per quella di domani, lasciare tracce di una vita come questa. Vi lascio i miei recapiti per chiunque voglia collaborare. Per chi fosse nei pressi di Roma informo che in febbraio (data da fissare) celebreremo una santa messa in suffragio di sr. Rita.
Grazie infinite… e grazie per il bel sito. Sr. Elisa
I miei recapiti
Per email:
Sr. Elisa Kidanè Suore
Missionarie Comboniane
Gentile Sorella, ho avuto modo di conoscere Suor Rita in uno dei miei tanti viaggi in Eritrea e ne rimasi colpito per la sua lucidità e intraprendenza. Saremo lieti di pubblicare sul nostro sito contributi che riguardino la vita di questa straordinaria missionaria. Distinti saluti. Nicky Di Paolo |
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ERITREA OGGI - corrispondenza da Asmara di Virginia Martinez
Tagliavia* Da:
engran@alice.it |
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Egregio Dottor Di Paolo, Grazie all'architetto Silvio Pompei ho scoperto il vostro meraviglioso sito, ritengo che quanto Voi fate sia straordinario ma anche dovuto per le popolazioni dell'AOI che tanto furono legate a noi. Negli anni 1967 1968 ero pilota a Mena Saud Neutral Zone Arabian Gulf ed avevo come skipper un Eritreo AMIN che naturalmente parlava italiano e che era una persona fantastica. Io non capirò mai perchè gli italiani ed i suoi insipidi governi hanno dimenticato gli Eritrei che ci hanno veramente amato per aiutare, spesso inutilmente, il resto del mondo. Ma la ragione per cui disturbo è che molti anni fa mio cugino Giovanni Badino durante una sua spedizione scientifica in un remoto villaggio brasiliano ha incontrato un certo italiano MARANONI o MARINONI che viveva pressoché come un eremita ma che era protetto dal governo centrale brasiliano; i locali dicevano che il signor Marinoni o Maranoni era stato un altissimo personaggio fascista nell'AOI e che aveva dovuto emigrare per ragioni politiche. Io non ho trovato alcun riscontro tranne l'esistenza del vescovo di Asmara Marinoni, ma mi sembra impossibile credere che siano la stessa persona. Vi sarei molto grato se poteste aiutarmi. Inoltre il mio circolo culturale apartitico cura un sito storico www.ragazzidelmanfrei.it piuttosto dedicato a storie dimenticate sarebbe possibile eventualmente prendere un vostro articolo sempre citando la fonte? Tanti cordiali saluti. Eugenio Battaglia, 12/01/2009 Via Termi, 8 17047 Quiliano SV
Egregio Sig. Battaglia, Grazie delle buone espressioni che ha verso il nostro Sito. Conoscevo Mons. Marinoni; anche se ero un ragazzo, avevo modo di incontrarlo spesso per i rapporti che teneva con mio padre. Il Vicario Apotolico non poteva aver nulla a che fare con il personaggio Maranoni in quanto la vita di Mons. Marinoni è ben nota e limpida nella sua storia africana e italiana. I nostri scritti sono tutelati da copyright. Per ottenere il permesso di pubblicarli basta fare una richiesta scritta a questa redazione che provvederà, salvo incompatibilità, a dare il suo benestare. Cordiali saluti, N. Di Paolo |
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Buonasera, complimenti per il Vs. sito, l'ho trovato veramente interessante e ricco di informazioni storiche, religiose ecc. sull'Etiopia. Sono un'appassionata di croci e sul Vs. sito ho finalmente trovato esatte indicazioni sul significato delle croci etiopiche da me tanto amate. Potete fornirmi indirizzi o siti dopo posso acquistare croci a ciondolo in argento di origine etiopica? Vi ringrazio anticipatamente. Cinzia Marcello, 13-1-09
Le posso indicare un negozio di artigianato etiopico a Milano in via Panfilo Castaldi, di fronte al tour operator Afronine. Cordialità. Alberto Vascon |
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Siamo una coppia di Isernia Eugenia Ferrari e Domenico Marzilli. Stiamo organizzando un sito sull'Etiopia per raccogliere fondi, medicinali e vestiario da portare nella capitale probabilmente nel mese di marzo aprile. Stiamo per concludere un'adozione internazionale e saremo lì per 10 giorni a conoscere nostro figlio/figlia!!! Vorremo insieme ad altre coppie che partono con noi portare negli orfanotrofi di Addis Abeba tutto quello che riusciremo a raccogliere (ovviamente con l'aiuto degli operatori dell'ente internazionale). Nel sito sto organizzando una sezione sull'Etiopia, usi e costumi, cucina, poesie, letteratura, fotogallery. Mi piacerebbe riportare alcuni testi tipo la cerimonia del caffé e l'ombrello e l'Abissinia!(ovviamente citandoti come autore) poi i proverbi e le poesie africane.
Grazie
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Egregi Signori, tutto ciò che può apportare aiuto agli abitanti del Corno d'Africa ci interessa. Vi concedo il copyright per tutto ciò che è nel nostro sito e firmato dal sottoscritto. Inserirò la vs. letterina nel nostro sito, con la speranza che a qualcuno venga voglia di darvi una mano. Buon lavoro e auguri,
Nicky Di Paolo |
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Egr. Dott. Di Paolo, nel fare una ricerca sulle ferrovie eritree mi sono imbattuto nel vs. sito e l'ho trovato ben fatto, ricco di informazioni storiche e soprattutto di giudizi equilibrati su fatti e misfatti della nostra amministrazione coloniale. Però non ho visto nessun commento sull'Eritrea di oggi, sull'attualità. Certo è utile anche oggi conoscere la spedizione di Martini nei territori Cunama e anche queste informazioni posso essere utili a tracciare i confini di oggi, ma a me interessa pure sapere cosa pensano gli eritrei di oggi dell'Italia e degli italiani, cosa si sta facendo anche a livello governativo per tenere vivi i rapporti tra i due paesi, cosa pensate voi ex coloniali del presidente Isaias Afeworki (non so se si scrive così). Come lei scrive siete l'ultima generazione ad avere dei ricordi diretti della presenza italiana in quella terra e secondo me siete i più indicati per fare da ponte tra due mondi che si stanno allontanando. Dico questo perchè sono stato in Eritrea una sola volta nel 1993 a ridosso dell'indipendenza, e solo i più anziani parlavano e comprendevano l'italiano (figurati ora) anche se tutto ai miei occhi era Italia o meglio l'Italia dei miei nonni. Ricordo le discussioni circa l'orgoglioso rifiuto dell'aiuto italiano nella ricostruzione della ferrovia. (Hanno voluto far da soli ma avrebbero certamente fatto prima.) Non conosco la situazione attuale e di chi siano le responsabilità dell'ultima guerra con l'Etiopia ma le chiedo: non sarebbe meglio se il presidente Berlusconi, anzichè dare baci e abbracci a Gheddafi, portasse qualche aiuto agli eritrei per tanti anni fedeli all'Italia e che non portano rancorosi ricordi dell'occupazione italiana? Non sarebbe giusto istituire un flusso immigratorio privilegiato per gli abitanti della ex colonia? Sono ancora in attività l'ospedale ed il liceo italiano, esempi di buon funzionamento in quel disastrato paese? Pensate che un imprenditore italiano abbia spazio per lavorare in questo paese? Grato se vorrete rispondermi, porgo cordiali saluti. Lorenzo Varaldo ( bis bis bis nipote di un caduto di Adua), 8-12-08
Egr. Sig. Varaldo, sono sostanzialmente d'accordo con lei. Gli eritrei li ho nel cuore e biasimo tutti i governi italiani passati nonché l'attuale per la totale indifferenza mostrata verso i figli di quegli ascari che si sono schierati al fianco dei nostri padri in tante battaglie combattute per soddisfare esigenze espansionistiche. Il nostro sito esordì anni fa con un editoriale che faceva un onesto esame della situazione politica italiana ed eritrea. L'editoriale fummo costretti a ritirarlo per le pesanti e serie minacce ricevute. Non ci si deve meravigliare se ciò può accadere. Noi, ultimi testimoni di un tempo che fu molto importante per l'Italia, siamo spesso oggetto di insulsi giudizi. Le riporto, come esempio, le esatte parole che Gianpaolo Calchi Novati ha scritto di me nel suo saggio del 2005 " La controversia sull'Eritrea: popolo, nazione stato": "Non mancano le reviviscenze coloniali, a posteriori, coinvolgendo la stessa Eritrea nell’aggressione contro l’Etiopia da parte dell’Italia fascista. Il caso estremo è un romanzo di Niki Di Paolo, fin troppo compiacente nei riguardi del colonialismo italiano come se fra italiani ed eritrei ci fosse una perfetta sintonia e un’assoluta equità di trattamento. L’autore si fa prendere la mano quando arriva a scrivere che la conquista dell’Etiopia fu resa possibile dal coraggio e valore dei soldati eritrei reclutati nell’esercito italiano, senza rendersi conto che una simile versione corrisponde esattamente a quella della propaganda etiopica quando scredita l’Eritrea e gli eritrei come docili strumenti dell’imperialismo e del fascismo.” Queste sono le vedute degli storici delle nostre università (dico storici perché sono in diversi, come Del Boca e Dominioni) che sostengono tesi elaborate a tavolino, contrapposte alla logica del nostro vissuto africano). Cosa possiamo aspettarci dai governi italiani che di solito riflettono il pensiero sostenuto negli atenei senza mai accorgersi del ruolo giocato da specifiche ideologie che gli stessi studiosi si vantano di professare? Come possiamo agire noi che storici non siamo se non sostenere con rabbia che questi esperti, ai quali si possono tranquillamente aggiungere buona parte dei giornalisti che si sono occupati del Corno, scrivono cose non vere, partendo da presupposti sbagliati? Personalmente ritengo che la verità storica si impone sempre e non va manipolata. Gli ascari hanno combattuto a fianco degli italiani in tante battaglie contro gli etiopici, felici di battersi e coprendosi di gloria. Questa sacrosanta verità non può essere distorta. Ribadisco che ho citato solo un esempio, ma si potrebbe continuare a lungo. Oltre a pubblicare le nostre verità, altro non possiamo fare. Le lettere come la sua sono ben accette perché ci danno l'opportunità di intervenire. Cordiali saluti, N. Di Paolo |
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Gentile Nicky Di Paolo, Sono Marco Chiaramida classe 57 di Roma. Da qualche tempo cerco notizie sulla storia della mia Famiglia, specialmente di mio cugino Pietro che si trovava in Massaua nel 1942, fuggito alla cattura e rifugiato presso la famiglia Martini. Era un maresciallo di marina. Volevo chiederle se era possibile ritrovare la storia vera di mio cugino perché dalle poche notizie che ho pare che sia sepolto nel cimitero di Massaua. Ho letto molte lettere della vostra redazione di persone alla ricerca di loro parenti e familiari, con una certa emozione pensavo di trovare qualche contatto tramite i loro parenti che sono stati durante la guerra insieme a mio cugino. In attesa di una risposta Le porgo distinti saluti. mchiaramida@hotmail.it, 8-12-08
Egregio sig. Chiaramida, non sono in grado di effettuare ricerche di questo tipo. Posso solo dirle due cose: 1) L'unica pensione "Martini" a Massaua era quella di mio zio Antonio Martini, che gestiva assieme alla moglie Elisa Di Paolo (sorella di mio padre). Non esistono documenti di quella pensione, i cui attori sono tutti deceduti da decenni. 2) L'unica persona che forse può aiutarla è Gian Carlo Stella, titolare della "Biblioteca Africana" di Fusignano (RA). Troverà i dati sul nostro sito. Cordiali saluti.
N. Di Paolo |
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Egregio Signor Vascon, leggo spesso le meravigliose e interessanti informazioni sul Corno d’Àfrica. Io mi chiamo Gianna Tonelli e sono nata ad Assab nel 1947. Figlia di Mario Tonelli e Liboria Cannata, mio nonno Saverio Cannata ha vissuto fino alla fine del ‘47 ad Assab. La sua tomba l’abbiamo fatta trasferire all’Asmara nel ‘70. Io vorrei sapere di più su di lui, purtroppo mia mamma era cresciuta dalle Suore ad Asmara dato che la sua mamma non si curava di lei. Nonna Fatma aveva 14 anni quando nacque mia madre. Mia madre non sapeva tanto di mio nonno Saverio. Alcune cose, lui andò a ricevere gli Ìnglesi quando vennero in Eritrea, ad Assab.Tutti i nomi che vengono nominati noi tre, mia sorella mio fratello ed io, Franchetti etc., li abbiamo sempre sentiti. Io ora vivo in Germania da 40 anni. Come vede il mio Italiano fa pena. Anche mia sorella vive qui a Berlino. Noi andammo via nel ‘70 circa. I miei non ci sono più, ora la mia domanda a lei. Se lei ha qualche informazione su mio nonno, oppure dove potrei aver informazioni. Le sarei veramente grata se mi potesse informare con una mail. La ringrazio per aver speso il tempo di leggere la mia lettera e le mando un grazie di cuore per il lavoro sul Corno dÀfrica. Qui a Berlino mia sorella ed io siamo andate alla lettura di Erminia dell’Òro. Non so se ci ha creduto quando noi le abbiamo detto che venivamo dall’Eritrea, gli ultimi anni abitavamo all’Asmara, io studiavo al Comboni, Rita all’Amba Galliano e mio fratello al liceo scientifico. Abitavamo sopra l’Assicurazione Adriatica. La saluto e grazie. Dankeschön.
Gianna Tonelli Kirstein, 16-8-08
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Preg.ma Sig.ra Tonelli, aprendo "Il Corno d'Africa" ho trovato la Sua lettera. Conosco un poco la vita di Suo nonno Saverio Liborio CANNATA, nato a Mistretta (Messina) il 7 maggio 1879 e deceduto ad Assab il 1° agosto 1947. Egli fu in Africa prima a Mogadiscio con un incarico governativo dal 1914 al 1919, poi privatamente ad Assab come direttore della Società “Migiurtinia”. Nel 1924 rimpatriò per tornare l'anno successivo ad Assab, dove creò una flottiglia di sambuchi. Conobbe personalmente il viaggiatore Raimondo Franchetti essendo un buon conoscitore della Dancalia. Nel 1930 ottenne una concessione di pesca nel Mar Rosso, ma commerciò anche con l'Aussa, la Dancalia e la costa araba di quel mare. Resse la carica di vice-podestà di Assab sino al 1942. Queste alcune succinte notizie tratte dal mio "Dizionario degli Italiani d'Africa". Mi permetto chiedere se ha lasciato carte e documenti che lo riguardano, essendo una figura che ho studiato e che mi piacerebbe approfondire. Cordialmente: Gian Carlo Stella |
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Briciole d'Africa | |
cari amici, vi ringrazio di cuore per le deliziose chicche che mi avete offerto. Alle interessantissime notizie sul tallero e sull'ombrello avete intarsiato struggenti favole e commenti quantomai appropriati. Avete chiuso, a sorpresa, con le delicate ricette di cui tutti andiamo ghiotti. Grazie ancora per avermi regalato un giorno di squisita lettura. Angelo Granara, 11-8-08 |
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Gentile Dott. Di Paolo, per la prima volta pochissimi giorni fa mi sono imbattuto in questo sito e in quello di Gian Carlo Stella e li ho trovati fatti con molta passione, immenso amore e tantissima nostalgia. Complimenti vivissimi. Ho letto tra le varie lettere che le sono state inviate quella della Signora Allasia che cerca notizie di Ladislao Della Porta Rodiani Carrara. Io, nel ricopiare i diari di mio padre Giorgio che fu in Somalia tra il 1924 e il 1928 e poi tra il 1935 e il 1936, mi sono imbattuto nella citazione di questo cognome come residente di Brava nel 1926 ma il nome non coincide. Infatti mio padre sostiene di essere stato suo ospite a Brava nel 1926 ma il nome di battesimo sarebbe Gerardo. Non so se alla Signora Allasia interessi, ma se in qualche modo le potessi essere utile cercherei di farlo. Io invece cerco notizie di Giacomo de Martino quando fu Governatore dell'Eritrea mentre ne ho per il periodo precedente di quando era in Somalia. Le notizie le sto cercando per mia moglie essendo il de Marino il suo bisnonno. Ancora vivissimi complimenti per il vostro lavoro.
Paolo de Vecchi di Val Cismon, 10 agosto 2008
Ma fantastico, che bella sorpresa! Mi ricordo benissimo di quando mio padre parlava di De Vecchi di Val Cismon. Non credo invece che Della Porta sia mai stato in Somalia, però ho trovato, sempre grazie a te, un contatto interessantissimo con un suo discendente. Credo che De Vecchi sia di Torino, lo cercherò subito. Ti ringrazio infinitamente e anch'io mi complimento ancora moltissimo per l' efficacia della tua passione.
Claudia Allasia, 11 agosto 2008 |
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Buongiorno, mi chiamo Antonio Ippolito e cerco di spiegare brevemente il motivo di questo contatto. Sono un odontoiatra ma la mia passione è l'Africa e nella fattispecie l'Eritrea, paese che ho conosciuto personalmente nel 1994, quando ho svolto un'esperienza di volontariato che si è ripetuta anche l'anno seguente. Poi ci sono tornato altre volte, anche per sposarmi ( 3 anni fa). Attualmente sto frequentando a Torino un master universitario sullo "sviluppo della salute orale nei paesi in via di sviluppo" e avrei intenzione di presentare come tesi un lavoro sulla medicina tradizionale africana e sue eventuali applicazioni in campo odontoiatrico. Sono arrivato a lei ed al suo interessantissimo sito attraverso una ricerca effettuata parecchio tempo fa su Internet. Alla luce delle sue profonde conoscenze del corno d'Africa, mi saprebbe dire se esiste del materiale bibliografico a cui potrei accedere o comunque informazioni sull'argomento. Nei miei viaggi ho conosciuto ad esempio il popolo cunama, ma non dal punto di vista della medicina tradizionale. Ad ogni modo la ringrazio anticipatamente per avermi letto e per eventuali informazioni che dovesse fornirmi.
Cordiali saluti
Antonio Ippolito, 28-3-08
Egr. Sig. Ippolito, qualcosa abbiamo scritto sulla medicina tradizionale abissina (Hakim, Quasi quasi torno in Eritrea). E' stato pubblicato molto al riguardo. Le consiglio di consultare: 1) Biblioteca nazionale di Firenze 2) Biblioteca dell'Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze 3) Biblioteca Africana di Fusignano Molti saluti e buon lavoro,
N. Di Paolo |
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Gentile Nicky Di Paolo, sono Claudia Allasia, classe 1948, critico di danza di Repubblica-Torino. Da qualche tempo cerco notizie sulla storia africana della mia famiglia e di quella di mio marito. - mio padre, Tommaso Allasia, negli anni 20 e 30 ha preso in concessione un grande terreno in Somalia, tra il Giuba e l'Uebi Scebeli, che ha trasformato in piantagione di banane. Su di lui ho del materiale, e anche una cartina con le piantagioni degli Italiani. - circa il bisnonno di mio marito, Costanzo Bonetti, mia figlia ha trovato tracce a Parigi sul Who's Who dell' Eritrea, e io la citazione "Costanzo Bonetti, arrivato nel 1884, industriale e ingegnere" tra le pagine interessantissime che avete pubblicato on line sull'Eritrea. Poiché questo nome compare nelle stesse righe di Suo nonno Di Paolo, mi chiedo se Lei può aiutarmi a trovare notizie anche di: - Giovanni Origlia, ingegnere e industriale. Ha diretto i lavori della 2° diga di Assuan (la sopraelevazione in legno, del 1912. Le maestranze erano carpentieri, tutti del Canavese, Piemonte, mentre l'impresa era inglese. Ho una lettera in cui G.Origlia scrive alla zia che gli Inglesi gli davano carta bianca, erano molto soddisfatti e pagavano regolarmente. Ma poi, il giorno dell' inaugurazione, gli Inglesi (che prima non si erano mai fatti vedere), hanno appeso uno striscione che diceva: "Questa diga è opera della ditta inglese XY". Non una parola sugli Italiani che, offesi, sono tornati all'accampamento e hanno issato il tricolore sulle tende. Poi Giovanni Origlia ha conosciuto l'ingnegner Bonetti, ha sposato una delle due figlie e fatto con lui la ferrovia per il Negus. L altra figlia di Bonetti ha invece sposato il conte Ladislao della Porta Rodiani, che ho trovato citato on line, nel Suo bellissimo capitolo "Emigranti italiani verso il Corno d' Africa", tra i nobili arrivati in Eritrea dopo il 1930. Dunque, caro Nicky, essendo anch' io parte della grande famiglia degli Italiani in Africa, oltre a esserLe immensamente grata per avere trovato parole e concetti così efficaci per difendere con passione l'onore e l'operato dei nostri avi nel Corno d' Africa e in Eritrea, Le chiedo di aiutarmi a trovare altre notizie su Giovanni Origlia e Ladislao Della Porta. La ringrazio infinitamente, a nome dei cinque figli ultraottantenni (ma erano otto!) di Giovanni Origlia e Margherita Bonetti, a nome di tutti i loro nipoti (tra cui mio marito e sua cugina Laile, anche lei appassionatissima di questa storia) e di tutti i pronipoti, tra cui mia figlia, cui vorrei lasciare uno scritto sull'Africa di Famiglia, peraltro già abbastanza esposta sui tre piani della casa di campagna degli Origlia, a Castiglione Torinese (zona collinare, a diciotto chilometri da Torino), dove mi farebbe veramente piacere averLa ospite con i Suoi cari, in occasione di una Sua visita in Piemonte. Mi permetto di caldeggiare l'invito per il secondo week end di giugno, perché quella domenica, sul prato di Castiglione, da qualche anno facciamo, in grande serenità, un vasto garden party di famiglia, presieduto da zia Nide, Carola, GianGaspare e Armando, che sono nati a Massaua e vissuti in Eritrea fino al 1929, quando il padre ha deciso di rientrare, secondo loro, a causa del crack di Wall Street.
In attesa di un Suo cenno di risposta, Le invio carisssimi saluti. Claudia Allasia Matta via Accademia Albertina 24, 10123 Torino Gentile Signora. necessita un po’ di tempo e pazienza per una ricerca che a prima vista non sembra semplice. Giro questa sua anche a Gian Carlo Stella, titolare della Biblioteca Africana di Fusignano, l'unico che ci può dare una mano. Le invierò ciò che trovo man mano. Grazie dell'invito e delle gentili parole. A presto,
N. Di Paolo |
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Gentile redazione, ho avuto notizia del vostro sito dal Chichingiolo. Sono una ricercatrice in musicologia e mi sto attualmente occupando di uno studio sulle istituzioni musicali italiane in Africa durante il colonialismo, in particolare durante il regime fascista. Mi occupo di musica d'arte. Vi chiedo di aiutarmi nelle mie ricerche attraverso il vostro network o attraverso le vostre personali conoscenze. Sto cercando informazioni su: rappresentazioni musicali e operistiche, concerti, tournèes di importanti artisti italiani; quindi teatri, licei musicali, iniziative o quant'altro poteva essere occasione di rappresentazioni musicali. Avrei bisogno di sapere dove potrebbero trovarsi queste informazioni, fotografie documenti, brochure. Per ora sono a conoscenza dei principali teatri di Tripoli (Teatro Miramare e Uaddan), Bengasi (Teatro Berenice e Alhambra) e Asmara (Teatro di Asmara, Odeon, Impero), ma mi mancano quasi totalmente informazioni su ciò che veniva eseguito e rappresentato, i direttori delle attività musicali e dei teatri, musicisti, orchestre e cantanti. Inoltre sarei interessata a compositori italiani residenti in Africa che si lasciano ispirare dalle suggestioni esotiche nella loro musica, quindi alle loro composiizoni. Anche a eventuali concorsi banditi dal regime. Vi autorizzo a rendere pubblica questa lettera nella rubrica Lettere alla Redazione, corredata dal mio indirizzo e-mail. Cordiali saluti,
Isabella Abbonizio, abbonizio@email.it, 23-1-08 |
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I just wanted to thank you and your editor colleagues for your site on the Horn of Africa. I have been going to sites on Ethiopia, Eritrea and the other surrounding countries since they became available on the Internet years ago. I having just found your site, I just had to let you know that your photographs and wide coverage are wonderful and beautiful. I was in Asmara 40 years ago. It was a beautiful city, cosmopolitan and a wonderful place to live. My neighbours were Italian, the cafes, my landlord, butcher, doctor were all Italian. The city had an ambiance that is hard to describe but one I have never seen elsewhere. I am sorry that it changed. I was to Ethiopia in 2004, going to Addis Abeba and Axum where my wife is from. It was a good trip and I was happy to see, if you will, the other side of the coin. Axum is a nice city (town). They tell me that Mekalle is becoming "the new Asmara". Not quite sure that is possible. Your photographs of the various religious sites are the best I have ever seen. My wife will be amazed. Again thanks, keep up the good work, I will spread the word to those interested in Eritrea and Ethiopia. Contact me any time if I may be of any assistance. I would love to see more about the "old Asmara" and Eritrea. Ciao!
Robert Danders Oakland, California robert.danders@sbcglobal.net 29-12-07 Dear Robert, Asmara is known all over the world for its unique architectural stile, dated from the time before the 2nd world war, and of course Macallè cannot compete. But Ethiopia is also unique, certainly the most beautiful country in Africa. They are both, to us who have lived there, deep in our hearts. Please show their beauties to your freinds, and tell them that they will always find friendship in those countries. Nicky |
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Spettabile
Redazione, Conosco già le associazioni AIRL e Lybia my Country, ma poco e nulla conoscevo degli Italiani del Corno d'Africa… fino ad oggi! Mi hanno colpito moltissimo le storie di uno scrittore come l'Afework o quelle di un "avventuriero dell'hascisc" come Henry de Monfreid, e soprattutto le storie della Teleferica o quelle della Birreria guidata da Emma Meloni, di cui avevo letto già qualcosa su la rivista GEO del Giugno 2006. Mi ha colpito in particolare la volontà di voler restituire le sensazioni, l'aria un po' "da sogno" e di entusiasmo che pervase molti coloni, esploratori e persone comuni che - anche se non fu sentita sempre da tutti - caratterizzò sicuramente lo spirito dell'epoca. Posso notare che qua si riesce a dare una rilettura molto onesta e imparziale del fenomeno "colonialismo", che da altre parti viene spesso riletto sempre all'ombra di un qualche pregiudizio ideologico o politico. P. S. Non so se esiste già nella vostra Bibliografia, ma io vi segnalo Lo Squadrone Bianco del giornalista Quirico, che narra la storia dei nostri ascari e dei nostri zaptiè… E’ scritto con vera passione! Cordiali Saluti Alessio Stretti Alessio Stretti <alessiostr@yahoo.it> 22-11-07 Caro Alessio,
se vuoi del tu, felice di dartelo, ma nello stesso tempo di riceverlo anche se di anni ne ho 67. Abbiamo disperatamente bisogno di amici giovani a cui lasciare la passione, come la chiami tu, per il Corno d'Africa. Domenico l'ho conosciuto a spasso per le lande eritree (la prima volta che ci si recava); fino a qualche anno fa non ne sapeva nulla, oggi è a ragione da ritenere un esperto. Invidio la tua fisicità che, finché l'ho avuta, ho continuato ad andare in giro per il Corno (spesso da solo e quelli erano i momenti più esaltanti), ma non ho mai tralasciato l'approccio culturale perché più sai, più godi quella parte del mondo straordinaria. Quindi fatti avanti, c'è posto per tutti e, ti assicuro, ne vale la pena. Un caro saluto, Nicky |
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Egregio signor Di
Paolo,
Egregio Sig. Fagioli, |
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Ai Direttori del
Mai Taclì
Il Chichingiolo
Il Cornodafrica
Alla Prof.ssa Rita Di Meglio
26-12-05
Loro Sedi
Mi corre l'obbligo , dopo avere letto
l'articolo di Rita Di Meglio sul bimensile MAI TACLI', sullo
stato del nostro CIMITERO D'ASMARA. Conosco
quel Cimitero in quanto, da piccolo e da adolescente, i miei,
per il giorno della commemorazione dei Defunti, mi portavano lì
per rendere un omaggio ai defunti medesimi , anche se i miei non
avevano familiari seppelliti in quel sacro luogo.
L'anno scorso, in visita all'Asmara,
mi sono recato presso questo Cimitero e sono rimasto
dispiaciuto per lo stato di abbandono
e di massimo degrado. Si salva soltanto la zona in cui sono
stati sepolti i nostri cari Soldati nazionali ed eritrei. So che
la nostra Ambasciata cura la manutenzione e la pulizia di questa
zona. Non vedo il motivo del disinteressamento nei confronti dei
Defunti civili, a me, altrettanto cari, in quanto Italiani!
Non voglio lanciare gratuitamente
accuse a nessuno, in quanto può anche darsi che la locale
Ambasciata non abbia i fondi sufficienti. Allora, se
necessario, costituiamo un comitato per fare un energico appello
alla sensibilità del Ministero degli Esteri, tramite la nostra
ambasciata, al Gen. Luigi Ramponi (nostro conterraneo Presidente
della Commissione Esteri) ed al Ministro Tremaglia, che in
questo cimitero vi riposano i resti di suo padre. In alternativa
, se non riuscissimo, dovremmo noi stessi costituire un fondo,
nel quale confluirebbero le offerte degli amici (ognuno secondo
le proprie possibilità). Con la costituzione del predetto fondo
si potrebbe anche, sommariamente, dare un aspetto decoroso al
sacro luogo e rispettare la memoria dei nostri cari.
Cordiali saluti
Francesco Consolo
Agrigento
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Egregio Sig. Consolo,
La lettera della Prof. Di Meglio
aveva colpito anche me. Ho i nonni e molti zii sepolti in
quel cimitero. Ho chiesto ulteriori informazioni a Fabrizio
Feo che, residente stabile all'Asmara, è venuto in Italia
per le feste natalizie. Un certo degrado, secondo lui c'è,
ma esiste anche il problema della scadenza degli anni del
diritto alla tumulazione. Come in Italia, del resto.
In ogni caso pubblichiamo la sua
lettera che invieremo con questa risposta al generale
Ramponi, al Ministro Tremaglia ed all'Ambasciata Italiana in
Eritrea, con la preghiera di darci ragguagli in merito.
Grazie per l' attenzione.
Nicky Di Paolo
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Caro Alberto, sto leggendo Tropical Zoom, bellissimo. Filo conduttore l'anima della gente, legato e fuso da colori che dall'ambiente si versano sulle persone e viceversa. Prendere questo libro in mano è un impatto emozionale non da poco e non solo per chi è stato in Africa. Bella e centrata l'introduzione. Complimenti, chissà quanta fatica ! Ciao, Gilberto, <gilbertosilvestri@alice.it>, Genova 25-5-07 |
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Hakim buongiorno o buonasera,
Senza alcun dubbio le mie migliori letture, in senso assoluto, degli ultimi anni sono state i Suoi (o tuoi, poi vedremo) Mentuab e Hakim. I motivi sono molteplici perchè, sinteticamente, in molti aspetti abbiamo avuto :
1) "una prima parte della vita parallela" infatti : - sono nato ad Asmara nel 1951 - mi sono : - diplomato geometra nel mitico Bottego di Asmara - laureato in Scienze Geologiche all'Univeristà di Pisa - quasi le stesse esperienze : - studente universitario in vacanza ad Asmara - tirocinio non all' ospedale, ma all' "Ufficio delle Miniere" di Asmara ed in varie missioni Italo - Francesi geologiche, vulcanologiche e geotermiche in Eritrea e nelle Nazioni limitrofe - girato in lungo e largo quasi tutta l'Eritrea ed innamorato della stessa - profilo basso, direi sconosciuto - ambedue siamo Hakim "anche se i sassi non si ammalano"...
Nessun'altro, che non avesse "respirato la stessa aria", sarebbe stato capace di farmi rivivere - anche se non in modo nostalgico - il più bel periodo della mia vita, nel più bel posto al mondo, nel più adeguato periodo per la formazione di una persona ed ancor più, nel più bel "feeling" (non mi viene una parola italiana che esprima lo stesso significato), come ha (hai) fatto Lei (tu) col Suo (tuo) straordinario Hakim - tra l'altro apprezzato molto anche da chi non è mai stato dove siamo nati e non ha "respirato la stessa aria"...
Detto ciò, ho deciso di darti del tu perchè, se ci fossimo incontrati in quel periodo, lo avremmo fatto automaticamente ed oggi non ci sarebbe stata questa incertezza.
2) "una seconda parte della vita" totalmente differente, almeno credo : - tu, se ho capito bene, illustre medico in quel di Siena - io, praticamente "compro, baratto, trasformo e vendo" pietre ornamentali, antiche e semipreziose di ogni tipo, in giro per il mondo combattendo (anche se non mi lamento troppo perchè sono "roccioso") ogni giorno con la globalizzazione - quando non sono all'estero la mia base è nei dintorni di Pisa - ho perso quasi tutti i contatti con gli Asmarini perchè negli ultimi trenta anni sono stato più all'estero che in Italia o in Eritrea - sono sposato con una "collega", laureata anch'essa a Pisa, ed ho due figli studenti di ingegneria a Pisa
Arrivo al motivo della presente che avrei voluto scrivere da anni perchè : - avrei piacere di incontrarti personalmente, se lo riterrai opportuno e se avrai una mezz'ora da dedicarmi dove e quando ci sarà l' occasione - a breve, mi potrebbe servire un tuo consiglio - non per chiederti favori personali, professionali e/o prestiti (metto le mani avanti perchè in genere uno si ricorda delle vecchie conoscenze, o presunte tali, per uno di questi motivi), ma per tutt'altro motivo di cui ti dirò, eventualmente, a voce.
Non so scrivere, per cui scusami per la sintassi da "Hakim dei sassi". Ti saluto.
Roberto Quaia, apis@interlapis.com, 30-3-07 |
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Egr. Signori, ho da poco scoperto il Vostro meraviglioso sito, su indicazione de "Il Chichingiolo". Trascuro di esternare i complimenti che dovrei, doverosamente, farvi per la qualità del Sito, l'impegno e la serietà con cui trattate gli innumerevoli argomenti, e vengo al punto. Ho ricercato infruttuosamente qualche indicazione riguardante l'eccidio di militari italiani avvenuto nel maggio 1936 in Etiopia, nell'aeroporto di Bonaia, vicino a Lekemti. Si trattava della Spedizione Magliocco, composta di n° 3 aerei in cui, fra gli altri, c'era la Triplice Medaglia d'Oro Locatelli. Io sono il nipote di un caduto in quell'evento, decorato anch'egli di Medaglia d'Oro. Tramite "Google plus" ho rintracciato n° 3 spianate circondate da capanne tondeggianti, ma non riesco a definire quale di queste, ancor oggi, conserva gli scheletri dei tre aerei bruciati. Ho molte fotografie e documenti riguardanti quell'evento e gradirei corrispondere con persone che siano interessate allo scambio di informazioni. Ringrazio per l'ospitalità. Giorgio Domenichini
Egregio Sig. Domenichini, Giro la sua a Giancarlo Stella, storico e titolare della Biblioteca Africana di Fusignano. Solo lui è in grado di darle le informazioni richieste. Cordiali saluti,
N. Di Paolo |
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Gent.mo Sig. Vascon Caro sig. Tola, se andate a Shambu vi consiglierei, quando arrivate al villaggio di Finciaa dove c'è la diga, di fare una scappata su una pista verso nord est fino ad Assandabò, che si affaccia sulla valle del Nilo Azzurro: qui ora non c'è più nulla, ma è stata la prima missione del Massaja, e il percorso è molto bello. Il lago di Finciaa copre invece la palude Ciomen, riportata anche questa dal Massaja. Spettacolare è anche il giro del lago che avrete occasione di fare. Ecco il percorso:
Cordiali saluti. Alberto Vascon |
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Monte San Pietro, 8 Gennaio 2007 Signor Di Paolo,
ho appena finito di leggere il Suo libro "Hakim" e non ho potuto fare a meno di scriverLe, anche se mi rendo conto di rubarLe del tempo. Spero che almeno Le possa far piacere sapere che ho provato molte emozioni e che sono nel contempo dispiaciuta che il libro non sia stato pubblicato da un editore con una diffusione più vasta. Io purtroppo non potrò fare altro che segnalarlo ad un paio di biblioteche e regalarne un paio di copie. Ho pochi amici che condividano i miei interessi, e per chiarire Le dirò subito che sono una donna di 65 anni, di vaste letture ma di scarsa istruzione. Non sono un'Asmarina, sono stata in Eritrea per una sola settimana nell'aprile 2006, lo desideravo da tempo ma poiché viaggio da turista questa è una meta piuttosto trascurata. L'Africa è in generale la meta preferita dei miei viaggi, principalmente sahariani, e in tenda, poiché amo i grandi spazi e il silenzio, le tracce degli animali sulla sabbia, le rarissime ma esaltanti fioriture ai bordi di una guelta o di un ruscello fra le rocce. Perciò ho apprezzato del Suo libro anche la parte botanica, augurando agli Eritrei, di cui ho visto il paziente lavoro di terrazzamenti, di poter riavere al più presto un manto vegetale adeguato. È successo per caso, ho visto, nell'inserto di un quotidiano, un tour operator sconosciuto che proponeva una settimana in Eritrea. Era poco, ma meglio che niente, come si dice qui. Non ho esitato e non mi sono pentita, anche se ho pianto tanto (di nascosto), sarà anche colpa dell'età. Ho pianto per quello che non facciamo, come governo, per una popolazione di 3 milioni e mezzo di abitanti che ha pagato un prezzo così alto alle nostre pretese coloniali; ho pianto quando sono venuta a conoscenza che avevamo sostenuto l'Etiopia nell'ultimo conflitto e ho dei motivi per credere che lo abbiamo fatto anche con l'invio di armi; mi è ritornata alla mente una persona che avevo conosciuta negli anni 90, era un dirigente di una ditta che opera in tutto il mondo, era sempre in viaggio e sempre in paesi in guerra. Nel 1983 ero in Sudan, al termine di un viaggio in parte archeologico a nord di Khartoum e poi una settimana sul reef di Sanganeb al largo di Port Sudan; qui al rientro ci fu l'incontro con un giovane eritreo esule che cercava di guadagnare qualcosa improvvisandosi guida, parlava benissimo l’italiano, il nonno era stato ascaro, la madre faceva la cameriera a Milano; ci accompagnò a Suakin, città piena di tristezza e bellezza, e ci parlò di Kassala e delle centinaia di migliaia di eritrei là accampati in una condizione che noi non potevamo nemmeno immaginare. Ingenuamente chiedemmo se il governo sudanese se ne occupava. Gli sfuggì un sorriso triste dicendoci: avete visto come vive la gente a Suakin? In effetti le abitazioni erano tuguri di lamiere e cartoni su cumuli di macerie di bellissime case di madrepora. Svettava ancora integro il minareto, dopo il cannoneggiamento degli inglesi. Eravamo tutti noi in vacanza, una bella vacanza,ci sentivamo tremendamente in colpa; nel nostro gruppo c'erano anche un medico, due infermiere. Avevamo ancora due giorni da trascorrere in Sudan. A Port Sudan Johannes ci accompagnò alla Croce Rossa, chiedemmo se ce la potevamo fare a portare viveri a Kassala e rientrare in tempo per prendere l'aereo di ritorno. Partimmo con due camion il mattino seguente alle quattro; ci pensò Johannes a farci avere i permessi dalla polizia; per fortuna i loro mercati sono attivi fino a notte e comprammo quello che c'era, radunammo tutti i nostri medicinali, ne avevamo più noi che la Croce Rossa. Andammo in sei per ragioni di spazio. Non descriverò niente perché, a parte i cammelli morti sulla pista polverosa, non ho visto altro che un immenso accampamento senza fine in una piana desolata senz'ombra e forse senz'acqua ed era solo febbraio. Visitando l' Asmara, è stato amore a prima vista; certo io non l'ho vista con gli occhi di chi ci è nato e vissuto e ha contribuito a renderla così piacevole. Posso facilmente immaginare che oggi non funzioni più come prima del 1968, ma rimane sempre la più bella città italiana fuori dell' Italia, o no? Tripoli e Bengasi non sono certo così! Addis Abeba ancora non l'ho vista, ma da quello che ho sentito dire non credo sia meglio. Mi ha conquistata la gentilezza degli abitanti, la consuetudine dello "struscio", i caffé anni '30 e Medabere, il rito del caffè, l'architettura, il clima, i fiori. Mi ha colpito il tono di rimpianto (vissuto come un rimprovero da me) delle persone che ancora parlano italiano. Un anziano mussulmano al mercato del bestiame di Cheren, mi ha rivolto la parola per primo, in italiano, chiedendomi se mi piaceva il mercato e se ero già stata al cimitero. Mi è dispiaciuto constatare che molte di queste persone sono meticcie. Un autista incontrato al Red Sea di Massaua mi ha esibito il suo passaporto italiano, ma non era mai stato in Italia. In definitiva Le scrivo perché nel Suo bel libro ho sentito questa nota dolente per quello che si poteva fare e non si è fatto, perché Lei ha avuto e credo avrà ancora amici eritrei e ha sofferto per loro, perché la situazione non è mai tranquilla e scoraggia il turismo e i governi del Corno si fanno addirittura i dispetti. Sarà vero che la Villa Melotti è stata fatta saltare in aria? In modo del tutto casuale, dopo il mio rientro, sono venuta in contatto con una persona mia coetanea ex Asmarino. Anche la sua famiglia ha abbandonato l'Eritrea nel 1968 ma lui credo che allora fosse già emigrato negli Stati Uniti e poi ha viaggiato in tutto il mondo. Come Lei avrà già capito io sono una specie di sanguisuga, da ognuno cerco di imparare e quindi mi ripromettevo da questo incontro di ampliare le mie scarse conoscenze. Sono rimasta abbastanza delusa, non mi importa se Lei riconoscerà questa persona. Spero solo che non sia Suo amico. E' rientrato in Italia da pochi anni e ho capito che non ha mai rimesso piede all'Asmara che oggi considera, sarò buona, con molta sufficienza. Abbastanza sconcertato dal mio entusiasmo, non ha fatto che ripetere che laggiù è andato tutto in malora e non funziona più niente di ciò che gli italiani avevano fatto. Consapevole delle mia ignoranza, però ho letto i libri di Angelo Del Boca sulle colonie, ho ribattuto che gli eritrei non sono stati particolarmente fortunati, né con gli inglesi, né con gli etiopici; poi ho saputo che un suo stretto parente è stato l'ultimo "federale" o 'prefetto"; non ho capito bene e quindi ho cercato di schiarirmi un po’ le idee. Comunque devo a questa conoscenza se ho scoperto il sito del "Chichingiolo" e quindi sono arrivata al Suo libro che è stato per me di grande consolazione. Per ora ho letto, oltre al Suo Hakim "L'abbandono" di Erminia dell'Oro e il terribile "Cuore di fuoco" di Senait G. Mehari. Forse avrei preferito non apprendere di questa tragica guerriglia interna; il mio cuore, non in senso metaforico, non regge bene certe crudezze. Anche se l'età e il resto non giocano a mio favore, io spero di poter tornare in Eritrea, intanto non sono stata al Cohaito, io che ho una passione per l'archeologia e poi vorrei vedere un po’ le isole Dahlak e chissà quante cose ci sono ancora che mi piacerebbe vedere! Caro di Paolo, Le esprimo ancora la mia riconoscenza per aver allargato un altro poco la mia ristretta visuale su quel piccolo mondo lontano; naturalmente c'è anche una richiesta: ha qualche libro o sito da consigliarmi oltre a ciò che posso trovare sul "Chichingiolo"?
Con tanta stima la saluta Alessandra Bortolotti Gentile Signora, La sua lettera è preziosa perché scritta da una persona di grande sensibilità. È quasi impossibile trascorrere pochi giorni in Africa e riuscire a capire tante cose; questo evento rarissimo si realizza solo in presenza di un cuore grande e di una mente molto aperta. Lei possiede ambedue queste doti e riesce a capire all’istante che l’unica cosa che conta laggiù è aiutare quella povera gente. Poi c’è tutto il resto che è tanto davvero e non si può fare a meno di rimanerne impressionati. Spero che il nostro sito le tolga qualche curiosità. La villa Melotti è stata rasa al suolo. Non so dirle il perché. Grazie delle cortesi parole.
Nicky Di Paolo |
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Agli autori di Tropical Zoom Alberto Vascon & Nicky di Paolo, Bianca Cremonesi
Carissimi amici, In occasione dell’uscita del vostro libro, sento il dovere di dedicarvi umilmente queste poche righe per esprimervi la mia infinita stima per la realizzazione di questa Opera che rischiara, attraverso stupende immagini che ritraggono la natura e la cultura dell’Arte religiosa, la vera essenza del popolo Eritreo e Etiopico che merita di essere ricordato alla coscienza collettiva dell’Occidente e del mondo intero. Il compimento di questa Opera è il riflesso di un cammino spirituale dove man mano la luce si fa strada e il pellegrinaggio si trasforma in passione e amore per il Corno d’Africa che voi amate così profondamente. Desidero assumermi il ruolo di « portavoce » per i miei compaesani del Corno d’Africa i quali saranno sensibili quanto lo sono io di fronte al testo e alle immagini che fanno di questo libro una testimonianza rara delle bellezze del nostro paese e che dà un soffio di vitalità alla tradizione. Possedere questo libro ci consente di offrirlo come eredità ai nostri figli che a loro volta potranno tramandarlo di generazione in generazione come emblema da conservare nelle biblioteche e custodire nei cuori. Ho preso il libro in mano del quale avevo già conoscenza virtuale nel sito etiopiamagica, ma il contatto ravvicinato, il poter accarezzare le pagine e visualizzare le immagini prendono una dimensione del tutto diversa e scatenano ancor più forti emozioni. Amici del Corno d’Africa, ci avete regalato il frutto dei vostri sogni e per questo avrete la nostra eterna riconoscenza. Un caro ricordo. Martha Nassibou, Perpignan 21 dicembre 2006 |
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Egregio Signor Vascon, ho riscoperto il suo nome navigando su internet. Mi ero dimenticato del suo splendido articolo (veramente professionale!) scritto su Missioni Consolata (di cui sono un collaboratore da molti anni!!). Devo dire che mi ha battuto sui tempi poiché ero in procinto di scrivere un simile articolo sulla religione etiopica di rito copto. Ho visto sul suo sito internet le splendide pubblicazioni e fotografie. Complimenti! Anch'ío ho una marea di foto digitali, soprattutto sull'Eritrea e sul Tigrai, dove ho lavorato per 4 anni (200-2004). Alcune delle mie foto sono sul sito di Franco Dell'oro (www.eritreaplanet.com). Mi auguro di incontrarla e, perché no, preparare una pubblicazione insieme. un caro saluto, Gabriele Borla, gabrieleborla@hotmail.com, 18-10-06 |
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Cari Di Paolo e Stella, ho letto con interesse il vostro "Onestà intellettuale" e ne ho apprezzato l'approccio diretto all'argomento. Non vi siete barcamenati, come succede quasi sempre, cercando si salvare capre e cavoli, ma vi siete limitati a ricordare i fatti nella loro cornice e nella loro verità. Mi sembra più che giusto celebrare insieme il valore, l'abnegazione e l'eroismo dei due schieramenti: d'altronde, se una parte fosse stata meschina e pavida, dall'altra non vi sarebbe potuto essere coraggio e ardimento. Quello che non mi trova d'accordo è la sottolineatura della "vittoria" di Menelik da parte di tutti quei paesi che videro con gioia la sconfitta italiana. E per un semplice motivo: secondo me Menelik non riportò una vittoria, furono i nostri comandi ad offrirgliela su di un vassoio di argento massiccio. Gli ordini di Baratieri non tassativi e chiari che lasciarono ai singoli comandanti delle unità libertà di interpretazione; la mappa del terreno delle operazioni talmente imprecisa e pasticciata da causare una disposizione delle truppe ben lontana da quella studiata a tavolino. L'approfondita ricostruzione fatta da Alberto Pollera sui luoghi della battaglia, elenca una serie di grossolani errori: grandi alture cancellate, corsi di torrenti profondamente alterati, passi montani spostati a fantasia, strade spostate a destra o a sinistra arbitrariamente.... così che ogni corpo si trovò praticamente isolato e costretto a combattere per proprio conto. Inoltre, quale capo di buon senso avrebbe affrontato su di un terreno praticamente sconosciuto un esercito dieci volte superiore pur sapendo di non avere una tale superiorità di armamenti e di munizioni atti a compensare, almeno in parte, l'abissale inferiorità numerica? Ogni cannone aveva novanta colpi, ogni soldato cento colpi!!!! Della più grande battaglia coloniale resta il valore dei combattenti: i nostri che si batterono fino allo stremo pur consci che la sconfitta era inevitabile, e gli abissini che, malgrado le pesantissime perdite subite, continuarono nei loro incessanti assalti. Resta anche la macchia delle atrocità compiute dagli uomini di Menelik dopo la "vittoria". Cordiali saluti, Angelo Granara, 18-6-06 |
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Cav. Uff. M.d.l. Domenico Capoduro Via P. Amalteo 40 33170 PORDENONE Tel. 0434-572128
Pordenone, 23 giugno 2006
Mi permetto segnalare, da cultore di storia etiopica ed eritrea - anche per amore verso la terra dei miei natali e radice materna - alcune inesattezze riscontrate nel n. 1/2006 del periodico ed anche una considerazione sul trattato di Uccialli. - Pag. 3 "la dinastia imperiale etiopica rovesciata nel 1977 dal colpo di stato militare di Hailè Menghistù". Il colpo di stato che depose Hailè Sellasie fu condotto dal ten. Col. Menghistù Haile Mariam nel 1974. E’ da tener presente che nel mondo semitico non esiste il cognome ma il patronimico. - Pag. 3 “una sorta di pontefice locale detto Labuna”. L’Abuna era il metropolita d’Etiopa – di nazionalità egiziana – nominato dal Patriarca ortodosso di Alessandria d'Egitto. Oggi la Chiesa d'Etiopia è guidata da un proprio Patriarca in quanto chiesa autocefala. - Pag. 4 "nel 1851 deposero Giovanni V". Venne deposto Giovanni III nel 1855 (v. Conti Rossini). - Pag. 4 "due anni dopo il Negus Giovanni VI moriva nella battaglia di Metemma". Era Giovanni IV (della famiglia imperiale del Tigrai), morto l'11 marzo 1889. - Pag. 5 "approfittando della morte di Giovanni VI". Era Giovanni IV. Pag. 6 "la chiamata alle armi avveniva al suono del Ketit". La chiamata alle armi detta chitèt avveniva con i tamburi di guerra detti negarìt ossia annuncio. Pag. 6 "nel 1895 Menelik cominciò a muoversi verso lo Scioa". Si muoveva dallo Scioa. Pag. 18 "Fiumi Mareb e Bilesca". Mareb e Belesa. I fiumi Mareb-Belesa-Muna segnano il confine nord orientale tra Etiopia ed Eritrea. Pag. 5 "nel testo amarico del trattato di Uccialli mancava l'articolo che riconosceva il protettorato italiano sull'Etiopia". CONSIDERAZIONI Menelik non ha mai sottoscritto alcun atto che limitasse la sua sovranità sull'Etiopia, forse era una convinzione del Conte Antonelli (magari necessitata per compiacere il re sabaudo) la leggenda del protettorato o una non corretta interpretazione della volontà etiopica dovuta ad una carenza di professionalità dei suoi interpreti. La traduzione italiana del testo amarico dell'articolo 17 dell'emerito insigne etiopista prof. Lanfranco Ricci recita: "a Sua Maestà il Re dei Re per qualsiasi necessità di cui abbia bisogno presso i Sovrani d'Europa sarà possibile corrispondere con l'aiuto del Governo d'Italia" (v. C. Zaghi - Diario Salimbeni). Il testo amarico non può certamente essere letto come l'accettazione di un protettorato. Non solo, l'art. 4 del trattato stabiliva la sovranità etiopica sul famoso convento di Bizen e sue pertinenze situato nel territorio della Colonia a 25 Km da Asmara. Il celebre convento fondato verso la metà del XIV sec. - sede anche di importanti dispute dottrinali - è uno dei luoghi più sacri della Chiesa d'Etiopia. Il dualismo politico tra il Conte Antonelli ed i generali governatori, il primo fautore di una politica filo scioana mentre i secondi più disposti verso un atteggiamento pro trigrino, e quello militare tra i generali Barattieri ed Arimondi (si ripeterà con Cadoma e Cappello drammaticamente sull'Isonzo e più tardi tra Badoglio e Graziani) determinerà, con altre cause, la più cocente e disastrosa sconfitta mai subita da una potenza europea ad opera di forze africane. Menelik non dimenticava la dimostrazione di forza della spedizione inglese guidata da Lord Napier (una costante dell'impero britannico come per le isole Falkland) e, mosso da un calcolato disegno politico, non insegui l'ormai distrutto corpo di spedizione italiano oltre il Mareb - Belesa per infliggergli una drammatica ed umiliante disfatta. Era per lui conveniente mantenere nel Como d'Africa la presenza italiana - in un contesto di equilibrio europeo – per contenere le più insidiose e pericolose mire espansionistiche di Francia e Gran Bretagna; quest'ultima non nascondeva il suo vivo interesse per il bacino del Nilo Azzurro - lago Tana, mentre la prima mirava a spingersi verso la Valle del fiume Auasc. Menelik, dopo aver imposto all'Italia l'umiliante trattato di pace firmato ad Addis Abeba da Cesare Nerazzini il 29 ottobre 1896 che prevedeva con l'articolo 2 la definitiva denuncia del trattato di Uccialli e con l'articolo 3 l'obbligo dell'Italia di riconoscere l'indipendenza assoluta e senza riserve dell'Impero Etiopico e questa volta steso in lingua francese per suo volere, firmerà tra il 1900 ed il 1908 accordi di confine, di commercio e di amicizia con l'Italia, Francia e Gran Bretagna. Con i più cordiali saluti. Domenico Capoduro |
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c.a. Dr. Gian Carlo Stella
Buongiorno,
con la presente sono a
richiedere a lei e alla redazione informazioni
riguardanti la possibilità di ottenere informazioni su
un soldato ascaro vissuto nei primi anni del Novecento.
Si tratta di mio nonno materno
il cui nome è Ghebrelul Syum, il quale prestò il suo
servizio nell'esercito italiano negli anni 30 e del
quale, purtroppo, non possiedo alcuna documentazione né
di tipo archivistico né fotografico.
Mi rivolgo a Lei poichè dal
link della biblioteca del sito de ilcornodafrica.it ho
appreso della pubblicazione del suo libro "Ascari" e
della sua profonda conoscenza del tema.
Le chiederei cortesemente di
volermi aiutare in questa ricerca illustrandomi le
normative vigenti riguardanti i rapporti tra Stato
Italiano e le famiglie dei soldati ascari residenti in
Italia, i trattamenti ad esse rivolti, la possibilità di
accedere a documentazione aperte al pubblico,
pubblicazioni ecc.
RingraziandoLa anticipatamente
per la Sua preziosa collaborazione, cordialmente la
saluto.
Asli Addas, 5-2-06
Caro sig. Asli Haddas, purtroppo (per
pressanti impegni di studio e ricerca) al momento non mi è possibile
fare alcun tipo di indagine nel mio archivio, dove conservo le
generalità (e le posizioni militari) di migliaia e migliaia di ascari.
Questi nominativi sono oltretutto mischiati come un mazzo di carte, e
non posti in ordine alfabetico. Ho altri nominativi di ex ascari da
controllare, cui aggiungo anche questo, ed appena mi sarà possibile farò
una ricerca che spero possa portare a reperire informazioni utili. |
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Caro Alberto, eccomi di nuovo a
importunarla.
La vostra instancabile operosità e creatività mi fanno scoprire navigando su il Corno d'Africa attraverso Tropical Zoom un oceano di cose nuove che sbalordiscono per la ricchezza dei soggetti che trattano. Il vostro Sito si sta trasformando in un'opera gigantesca di inestimabile valore, che non arresta di lievitare diventando un prezioso raccoglitore di notizie culturali, letterarie, politiche concernenti l'Africa Orientale degli anni bui di Mussolini.
Il mondo attraverso di voi, e sarà anche
questo per la prima volta, dovrà conoscere e vedere la faccia della
Verità.
Mi perdoni la mia intromissione, ma come
restare indifferenti davanti a tanta passione e serietà?
Grazie ancora.
Cordiali saluti
Martha Nassibou, 29-1-06
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Gentile sig. Alberto Vascon, Ho finalmente, anche se in notevole ritardo per questioni di carattere tecnico, visionato con stupefazione e incanto la sua Opera fotografica: Etiopia Cristiana e mi sento di esprimerle quanto ho risentito dopo un’esperienza che mi ha profondamente toccata. Una sintesi mai concepita, mai raggiunta da nessuno nella storia dell’Etiopia contemporanea. Un’ Opera Grandiosa dalla quale scaturiscono le emozioni più recondite dell’animo umano. Un dono fatto da Lei e da Bianca Cremonesi all’Etiopia e al suo popolo per intero. Autentica realizzazione artistica diventata ora, per merito Suo, patrimonio dell’Etiopia e del suo popolo. Vadano a Lei e alla gentile Signora Bianca Cremonesi la nostra gratitudine e il nostro affetto. Lei ci ha ridato, con questa Sua iniziativa, nella sua interezza l’orgoglio di essere etiopici e ha dato vita all’amor patrio che alberga in ogni sensibile etiope e più ancora ha dato anima, per mezzo di stupefacenti fotografie, alla Storia stessa dell’antico e misterioso Impero Etiopico. Nasce così la consapevolezza del profondo valore storico, spirituale e artistico che è in ogni fotografia che evidenzia ciò a chiunque sappia guardare ancora prima che con gli occhi, con il cuore. Poi se uno volesse andare più a fondo con lo sguardo dell’anima nella dimensione spirituale, percepirebbe senza ombra di dubbio, che siete angeli inviati allo scopo di dar vita e significato alla dignità di un popolo martoriato da drammatici avvenimenti storici e da sconvolgimenti naturali. Con questa sentita testimonianza, mi permetta di inviarle i miei migliori auguri per un Sereno Buon Natale e un Felice e Prospero Anno Nuovo 2006. Con sincera ammirazione e amicizia Martha Nassibou |
http://www.marthanassibou.com/ |
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17-10-05
Egregi Signori Stella e Bonati, |
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Roma 23 Marzo 2005 Alla Redazione del “Il Corno d’Africa”, Sull'Eritrea è stato scritto moltissimo in passato: memorie di ufficiali impegnati nella conquista della Colonia e dell'Impero; governatori e amministratori della Colonia; studiosi e pionieri; diplomatici e giornalisti; missionari ed esploratori; storici e politici. Ormai si può dire che si sa tutto, e anche di più, sulle vicende della nostra Colonia Primigenia. Anche recentemente c'è stata una buona fioritura di scritti sull'Eritrea: ci sono i nuovi innamorati che scrivono inutili guide; ci sono cronisti superficiali; ci sono coloro che raccontano la loro vita nel Paese magari romanzandola un poco per dare un tocco di colore; ci sono quelli che ancora dibattono sull'annosa questione: ma gli eritrei amavano gli italiani e ne sentono la mancanza oppure li hanno tollerati perchè portavano un certo benessere economico? Io rimango del parere che nessun popolo potrà mai amare il suo conquistatore, colui che è venuto a portare, senza esserne richiesto, la "sua civiltà". Tra vincitore e vinto non potrà mai nascere la sindrome di Stoccolma! A me piacerebbe sapere qualcosa di più su episodi trascurati, se non addirittura ignorati, da storici e memorialisti ma non per questo meno interessanti per coloro che in Eritrea hanno speso molti anni della loro vita. Per esempio, credo nel 1922, ci fu in Eritrea una specie di sollevazione dei "vecchi coloniali" i quali, malcontenti del trattamento che l'Italia riservava alla Colonia non più tanto amata in Patria, minacciarono di creare uno Stato indipendente. Si sa che Ferdinando Martini fu inviato in Eritrea con il mandato di liquidare la Colonia che stava diventando un peso imbarazzante. Il saggio e capace Martini, invece riuscì a riorganizzare la Colonia e a risanarla e, alla fine dei suoi dieci anni di amministrazione, la situazione era totalmente mutata. Dopo Martini, anche gli altri amministratori furono scelti, per un certo periodo, con oculatezza. Ma la situazione andò via via peggiorando facendo lievitare un crescente malcontento tra la comunità italiana che percepiva il pericolo di vedere messo a repentaglio lo status faticosamente raggiunto ed il lavoro compiuto. Sarebbe oltremodo interessante conoscere i dettagli di questa "sommossa", sapere chi furono gli organizzatori e cosa mise fine al tentativo di trasformare l'Eritrea da Colonia italiana a staterello indipendente governato dagli esponenti della comunità italiana. Forse il "Corno d'Africa", ricco di valenti collaboratori, potrebbe rispolverare questo dimenticato episodio per farcelo finalmente rivivere in tutti i suoi aspetti. Angelo Granara (Angra) ------------------------------------------------------------------------------------------- Caro Angelo, Grazie della tua simpatica ed arguta letterina. Sono certo che qualcuno del “Corno” prenderà in considerazione il tuo invito. Un caro saluto, Nicky |
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Carissimo Dott. Di Paolo, ho appena smesso di piangere leggendo la sua ultima “lettera a Iginio”. Mi è piaciuto il suo ultimo libro e mi ha piacevolmente commosso. Forse ho pianto perché non ho avuto mai la possibilità e la fortuna di scrivere una lettera simile a mio padre, morto all’Asmara il 1/02/1975, ucciso per caso, durante la prima battaglia in città, da un militare di Menghistù. La guerra, lo sgomento, la rabbia, la paura e l’impotenza, i divieti delle autorità etiopiche e la precipitosa fuga verso Addis Abeba e quindi il rimpatrio in Italia mi hanno impedito di accompagnare mio padre al cimitero di Asmara. Non ho mai deposto un fiore sulla sua tomba. Mi chiamo Giuseppe Cordaro, sono nato all’Asmara nel ’55 e lì ho vissuto fino al ’75. Ho frequentato anch’io il Liceo Martini e, per ragioni simili alle Sue, mi sono iscritto ad Economia e Commercio all’Università di Asmara (volevo fare medicina, ma ai miei tempi la facoltà non c’era più, e pur di rimanere in Eritrea ripiegai per Economia). I miei bisnonni materni, i Favia ed i Romano arrivarono in Eritrea verso la fine dell’800, i nonni e tutti gli zii nacquero ad Asmara e fino al ’48 hanno abitato in via delle Medaglie D’Oro, a Ghezzabanda ( mia madre Lia Favia invece nacque a Mogadiscio poiché mio nonno Peppino con mia nonna Concetta Romano, si era trasferito per un breve periodo di lavoro in Somalia. Rientrarono in Eritrea nel ’35). Mio padre Carmelo (aveva all’epoca 5 anni) arrivò invece con tutta la famiglia all’Asmara nel ’34 ed è sempre vissuto i quel Paese fino alla sua precoce morte (45 anni). Durante la guerra hanno vissuto a Keren, poi anche loro dopo il ’41 si trasferirono all’Asmara (a Ghezzabanda). Negli anni ’50 mio padre lavorava con i De Nadai, che all’epoca erano in società con Alfonso Bellavia ( che era il fratello di mia nonna). Nel ’54 sposò mia madre, nel ’55 nacqui io (Guido De Nadai è stato il mio padrino di battesimo), nel ’58 ottenne dall’allora Governo Eritreo una concessione agricola di circa 300 ha ad Haicota (vicino a Tessenei). Creò dal nulla (come fecero la maggior parte degli Italiani rimasti in Eritrea dopo la guerra), un azienda modello che mantenne non senza difficoltà fino al ’75. Nel ’70 rilevò all’Asmara il forno Alfa (vicino a p.zza della Posta), i fatturati dell’azienda di Haicota erano inesorabilmente calati a causa della chiusura del canale di Suez (per trasportare banane ed altro in Europa le navi dovevano fare il periplo dell’Africa), e a causa dei numerosi attentati da parte dei ribelli Eritrei, che spesso minavano la strada Tesseni/Asmara per evitare che gli etiopici trasferissero truppe in bassopiano. Mi piacerebbe raccontarLe la storia della mia vita e della mia famiglia, mi ci vorrebbe molto tempo e spazio, e comunque non credo che sia più interessante di altre storie di italiani nati e vissuti in Africa negli ultimi cento anni. Vorrei però avere l’opportunità di conoscerLa, di incontrarLa, di chiedere a Lei che è così vicino all’Eritrea, informazioni, consigli che mi possano illuminare sulle mie scelte future. Sono in Italia ormai da 30 anni ma ho sempre coltivato un sogno: tornare al mio Paese, continuare ciò che i miei nonni e mio padre, con tanta passione, dedizione, amore e coraggio avevano intrapreso tanti anni fa. Ho saputo che (qualcosa ho anche intuito leggendo il Suo ultimo bellissimo libro), che il mio amico, compagno di scuola fino al Liceo, Sandrino Boveri, non è stato proprio fortunato (tra l’altro vorrei incontrarlo, non sono ancora stato in grado di rintracciarlo), e che anche altri italiani negli ultimi anni hanno tentato di rientrare in Eritrea, ma con scarsi risultati. Nonostante io sia in perenne contatto con Asmarini (che tutt’ora risiedono in Eritrea) e che abbia avuto la possibilità di parlare con autorità Italiane ed Eritree ( ho conosciuto anche il Presidente Isayas ed il Suo seguito che erano qui ad Ancona (dove vivo), nel novembre 2003, in visita ufficiale, per un accordo stipulato tra la Regione di Massawa e la Regione Marche), non sono ancora sicuro sul da farsi. Trent’anni di distacco da Asmara sono tanti, sono stato “strappato” da quel Paese e contro la mia volontà, a causa della violenza della guerra, allora ero ancora minorenne (la maggiore età si otteneva a 21 anni) e le autorità italiane mi obbligarono a rientrare in Italia. Forse oggi a 50 anni ho un po’ paura o forse mi blocca l’emozione ma ho comunque bisogno di consigli che mi aiutino a riflettere e a trovare la giusta strada. Non ho più i miei nonni e i genitori, ed il resto della mia numerosa famiglia è sparso per l’Italia e per il mondo e non ho nessuno tra i miei cari con cui scambiare le mie riflessioni, alcuni sono troppo giovani e non “sentono” il problema, i più anziani invece vedono l’Africa come un lontano ricordo. La guerra, le distanze, il ritmo e la qualità della vita italiana ci hanno un po’ allontanati…. Mi sono collegato con il Suo sito e oltre che apprezzarne gli articoli e la ricca documentazione fotografica, ho scoperto che Gianni Storelli, amico all’Asmara della mia famiglia, fa parte della redazione, mi piacerebbe salutarlo. Mi faccia sapere, Dott. Di Paolo, se, ed eventualmente quando, avrà voglia e tempo di sentirmi o di incontrarmi. La saluto con la speranza di poterLe raccontare il resto della storia, magari dalle Sue parti, che spesso e con piacere sono state meta per me di liete vacanze e brevi soggiorni (adoro la Toscana). Giuseppe Cordaro, 13-1-05
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Caro Cordaro,
permettimi di darti del tu come è piacevole fare tra coloro che parte della vita l’hanno trascorsa in Africa. E’ penoso ricordare i civili italiani caduti in Eritrea dopo il 1941 anche se, in verità, non sono stati molti; poco più di una sessantina in tutto. Ti assicuro che sono tante le persone che nutrono i tuoi dubbi e le tue perplessità che purtroppo non posso fugare. L’ Eritrea vive ancora un momento difficile e per ora si assiste ad una fase involutiva. L’ultima notizia è quella del drastico razionamento dei carburanti che per ora sono assicurati solo ai militari (e forse ai turisti). Per investire capitali all’estero in genere è necessario ottenere una serie di garanzie che per ora l’ Eritrea non può offrire. I sogni sono una cosa e la realtà un’altra. La vita avventurosa della tua famiglia ti spinge a sognare , ma purtroppo oggi una buona parte dell’Africa sembra essere una meta preclusa a tutti quelli che vorrebbero andare o tornare a stabilircisi. Possiamo solo sperare in tempi migliori. Sia Storelli che Boveri frequentano il sito e leggeranno la tua lettera. Se capiti in toscana vieni a trovarmi. Un caro saluto e grazie delle gentili parole,
Nicky |
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Spettabile Redazione, Complimenti per il bellissimo sito. Per un appassionato d'Africa, ed in particolare modo per il Corno d'Africa, come me è una vera manna. Una miniera d'informazioni e ragguagli storici veramente utili ed interessanti. All'uopo vi segnalo tra i libri da indicare nel sito un bellissimo volume appena uscito, ricco di riferimenti bibliografici e notevole apparato iconografico. Il titolo è "Gli Italiani in Africa" a cura di Giorgio Barani e Manlio Bonati, edito da T&M Associati di Reggio Emilia. Complimenti di nuovo. Stefano Razzini, 9-12-04 |
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Caro Niky, prima di scrivervi la prima volta in occasione della apertura del sito ho letto con molto interesse tutto quello che avete scritto (tu e gli altri componenti la redazione) sotto forma di libri, articoli e quanto altro mi sia riuscito a procurare. Ero e sono affamato di storia e voi continuate ad assolvere all'impegno che vi siete assunti realizzando il bellissimo sito, con mia massima soddisfazione. Credo sarebbe fuori tema una analisi della attuale situazione Eritrea in un contesto in cui sostanzialmente si ricostruisce un’epopea che si è conclusa oramai definitivamente. Tutti i racconti si riferiscono a fatti e persone che appartengono al passato ed è importante che non se ne perda la memoria, ma ora l'Eritrea sta vivendo un'altra avventura, dagli esiti ancora incerti, con protagonisti diversi ma raccontarla è affare per penne ben più raffinate della mia perchè il rischio di veder travisati i resoconti delle proprie esperienze sia pure di vita vissuta è molto alto. Se leggi le cronache l'Eritrea viene spesso descritta come vittima di un regime sanguinario che investe le proprie risorse in spese militari che la privano anche dei più elementari mezzi di sostentamento. Un paese dove si esercita una repressione feroce a danno dei giovani che privati del diritto allo studio vengono avviati ai campi di addestramento militare per il successivo invio al fronte. E' notizia di ieri che il presidente Isaias "ha frenato il processo di pace rifiutando la proposta Etiope di ridiscutere i termini dell'accordo per una soluzione pacifica", eppure questi "termini da ridiscutere" sono stati definiti da terzi chiamati di comune accordo dai due governi per esprimere un giudizio definitivo che le parti si erano impegnate ad osservare integralmente. Si tratta quindi di un ennesimo caso di informazione distorta che, unito ad altre "voci", quali ad esempio quelle che sussurrano di una presunta difficoltà ad uscire dalle città perchè occorre un permesso delle autorità, cerca di dare una impressione negativa del paese e del suo governo. Ma chi va in Eritrea trova un paese che, nonostante il peso del mancato rispetto della risoluzione delle Nazioni Unite da parte della controparte Etiopica, è diverso da come lo vogliono descrivere e sta marciando al massimo delle proprie ridotte capacità verso un miglioramento che in prospettiva la porterà a colmare le perdite degli anni di stasi dovuti alla guerra. Le città sono pulite accoglienti e tranquille, segno che non ci sono malesseri serpeggianti e questa non è retorica ma la semplice realtà, che molto dovrebbe far riflettere sia la gente degli altri stati africani ma anche noi. Mai un atto di ostilità nei confronti degli ospiti stranieri liberi sempre di muoversi e ovunque ben accolti. Certamente nessuno di loro sa spiegarsi la ragione per la quale nessuno si adoperi a che la risoluzione ONU venga pienamente accolta, e sanno che fintanto non si giunga ad una soluzione definitiva che porti ad una pace stabile, i confini vanno vigilati. I giovani che sono chiamati a questo compito devono rinunciare agli altri loro progetti fino a che non arrivano tempi migliori, non ci sono altri ad occuparsi della difesa nazionale, gli Eritrei sono pochi. La scuola di Sawa è stata dotata di nuovi edifici e di nuovo mezzi per assicurare a questi giovani una permanenza decente e questi miglioramenti vengono descritti come spese militari dissennate da chi standosene comodamente a casa fuori dall'Eritrea sentenzia. E' vero che il reclutamento viene effettuato senza mezzi termini e che il trattamento subito da chi cerca di sottrarsi è duro, ma anche da noi la renitenza alla leva o peggio la diserzione durante un periodo di emergenza nazionale non sarebbero stati ben accolti. Mentre mi trovavo ad Asmara sono arrivati piccolissimi segnali di distensione, le donne sopra i 27 anni sono state esentate dal servizio militare e se si arrivasse ad una completa pacificazione non ci sarebbe più ragione di trattenere al fronte gli altri giovani. In questi ultimi tre anni ho visto molti miglioramenti mirati soprattutto a far si che la gente Eritrea che la diaspora ha disseminato per il mondo si senta quanto meno possibile distaccata dal proprio paese. Alla ricostruzione della ferrovia dall'alto valore simbolico è seguita la rinascita della linea aerea di bandiera e la diffusione della televisione nazionale via satellite, questo ha voluto dire moltissimo per chi è costretto a vivere lontano e che prima dipendeva da notizie di terza mano o da compagnie aeree straniere per tornare dai propri cari. Quando la crisi dell'Iraq ha avuto i suoi riflessi negativi anche in Eritrea con il conseguente aumento del costo del carburante che ha raggiunto livelli giudicati insostenibili, la soluzione e' stata draconiana ,chiusura di tutte le pompe di benzina a tempo indeterminato in attesa di escogitare un sistema per limitare i consumi in modo controllato. Risultato tutti ma proprio tutti a piedi e senza che nessuno se ne sia lamentato perchè si tratta di emergenza nazionale. L'Eritrea e' piccola ed non è difficile incontrare il presidente Isaias mentre partecipa a questo o a quell'evento, non l'ho mai visto con guardie del corpo a doverlo difendere, ovunque è accolto con il rispetto che si deve ad un amico. Sono emozioni spontanee perchè li non esiste l'invadenza mediatica che condiziona tutto e mai ho assistito a coercizioni in tal senso. Il popolo Eritreo è dignitoso e solidale con i più bisognosi anche se povero e mai si assisterà a quegli spettacoli di desolazione che tanto vengono enfatizzati da chi vorrebbe giustificare l'esistenza di tante organizzazioni che mandano nel terzo mondo i loro rappresentanti a girare per quei paesi con automobili che valgono quanto il loro bilancio annuo. Le pochissime organizzazioni ammesse in Eritrea sono quelle che anche durante i trenta anni di guerra per l'indipendenza erano presenti nel paese ed hanno condiviso il calvario degli Eritrei , alle altre e' stato gentilmente risposto no grazie. Come vedi non posso aggiungere molto di nuovo che tu già non conosca e so anche che chi ti legge già ama l'Eritrea e non ha bisogno che gli si dica di diffidare da chi tenta di darne una immagine negativa. Vorrei dare semmai il mio contributo di informazione per tutti coloro avessero il desiderio di aiutare chi si occupa dei bambini privi dei genitori perchè ho potuto constatare che ricevono e utilizzano per i bisogni di questi bambini fino all'ultimo centesimo che gli viene inviato sia sotto forma di adozione a distanza sia di donazione occasionale. Lo voglio sottolineare perchè ero stato incaricato in occasione di quest'ultimo viaggio di verificare la ragione per la quale tanti amici che hanno adottato un bambino a distanza non ricevevano notizie, la ragione era semplice ed è che costa troppo scrivere a tutti o addirittura inviare foto. Sono andato a trovarli e non solo ricevono quello che viene loro inviato ma sanno bene che anche se lontano c'è qualcuno che pensa a loro. Chi si occupa di questi bambini è accreditato presso l’Ambasciata italiana di Asmara e comunque se ne possono ricavare gli indirizzi da internet . In chiusura vorrei proporti un aggiornamento riguardante la ferrovia, mia grande passione, della quale ho fatto molte foto e indagato le cose dimenticate, quindi se vuoi aggiungere un capitoletto a quanto hai già scritto fammelo sapere. Ti mando tanti saluti. Stefano Pettini, 8-12-04 |
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Eritrea | |
Angelo Granara da Roma ci scrive chiedendoci notizie sull'Eritrea, 19-10-04: Caro Nicky, seguo con interesse il cornodafrica e lo trovo interessante e ben costruito: una spanna sopra gli altri siti che ho visitato. Però, permetti che te lo dica, mi manca un reportage equilibrato sull'Eritrea. Finora ho trovato soltanto partiti pro e contro l'attuale regime ma, e tu lo sai meglio di me, nessun governo è mai totalmente negativo: qualcosa di buono anche Ysayas avrà fatto e sta facendo visto che gli eritrei continuano a lasciarlo al potere e non fanno colpi di stato come succede in molti altri stati africani. Ho visto una "cassetta" di un giornalista di lingua inglese che ha costruito un buon servizio intervistando un ministro e un ambasciatore eritrei in esilio e poi ha intervistato lo stesso capo del governo con domande non certo rituali ma andando diritto al sodo della situazione politica. Il giornalista ha poi proseguito le sue interviste con esponenti del regime e con semplici cittadini offrendo un quadro piuttosto equanime dell'Eritrea. Di solito, invece, si trovano attacchi feroci e difese altrettanto accanite il che lascia tutto nell'indeterminatezza. Chi va in Eritrea ritorna indietro con la solita solfa: Asmara è una città tranquilla e pulita dove si può girare anche di notte. A parte che una città tranquilla e sicura può equivalere anche a una città "morta", che significato ha l'aspetto della città capitale dello stato? L'indicatore della situazione dovrebbe essere la totalità del paese. Cosa succede nei villaggi, nelle campagne, nelle zone di confine, nei campi profughi, cosa costa ai cittadini mantenere un forte esercito, che prospettive hanno i giovani, quali sono state le realizzazioni attuate dal governo....? Altrimenti sarebbe come giudicare l'Italia visitando soltanto Milano! Ho visto bellissimi servizi fotografici che, quasi sempre, indugiano sulle bellezze del paese, sugli uomini, sulle donne, sui bambini visti come "personaggi" caratteristici dei luoghi e delle etnie, sui costumi cerimoniali.... non ho visto nulla che si avvicini alle inchieste fotografiche sulla povertà e sulla miseria che si vedono a volta in documentari girati nel mondo. Come vivono le migliaia di mutilati delle guerre, come campano le vedove e gli orfani, come si arrangiano i profughi fuggiti dai villaggi distrutti dall'avanzata etiopica nell'ultima guerra? L'ultimo giornalista di nome che ha esplorato un poco questa realtà è stato, a quanto mi risulta, Ryszard Kapuscinski nel suo "La prima guerra del football" in cui parla, tra l'altro, di migliaia di giovani nullafacenti e disoccupati che passano il loro tempo girovagando o sedendo nei bar e sulle panchine quando non vengono portati nei campi di addestramento militare. Mi manca proprio una bella inchiesta giornalistica che racconti la situazione senza interpretazioni ma soltanto elencando le realtà che convivono in Eritrea, uno dei molti stati africani che pare stentino a trovare la strada giusta lungo la quale incamminarsi. Perdonami lo sfogo, ma sapendo del tuo sincero e profondo amore per l'Eritrea e le sue genti, mi piacerebbe avere la tua opinione. Un abbraccio, Angelo ------------------------------------------------------- Caro Angelo, vorrei aiutarti ma non posso perchè è molto che manco dall'Eritrea e per il momento non ho in programma di andarci. Anch'io ho le stesse notizie che hai tu, resoconti di chi è tornato, interviste, filmati. Potresti sentire dalle sedi italiane di qualche missione, Nigrizia, la Consolata, La Salle, sicuramente sono informati. Ho saputo che il teff è salito a 7000 nakfa al chilo, ma anche questa è cosa risaputa. Se avrò altre notizie te le farò avere. Nicky |
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La teleferica Massaua - Asmara | |
Caro dott. Di Paolo. |
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30-7-04 Ho letto il suo articolo sulla teleferica nel sito il Corno D'Africa. Mi dispiace non essere d'accordo del tutto sulle sue considerazioni. Le invio in allegato quanto è a mia conoscenza diretta. La rigranzio e le porgo cordiali saluti. Gianni Cinnirella ---------------------------------------------------------
Caro Cinnirella, grazie per le
preziosissime puntualizzazioni che provvederò subito a pubblicare.
Sarebbe molto importante, a mio parere,
poter sfruttare la sua memoria per il nostro sito. Le sarò grato di
qualsiasi contributo vorrà inviarci per colmare le enormi lacune che
esistono nella storia dell'Eritrea. Lei ha conoscenze uniche. Sarebbe
un delitto disperderle.
N. Di Paolo
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La littorina e la teleferica Massaua - Asmara |
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Gli Abissini |
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----- Original Message -----
From:
stefanopettini
Sent: Wednesday, June 09, 2004 2:33 PM
Subject: Benvenuti
Egregi componenti la redazione,
benvenuti nel web,si sentiva la mancanza
nell'affollato panorama di internet di un sito che si occupasse in
maniera competente dell'amatissimo corno d'Africa.
Tuttavia sono rimasto stupito dal tono della
lettera al presidente Isaias Afwerki.
Ho vissuto un breve ma intenso periodo ad
Asmara e anche se devo ammettere che prima non sarei stato neanche in
grado di dire dove fosse esattamente l'Eritrea ho recuperato il tempo
perduto studiando tutto ciò che ho potuto trovare dal 1850 ai giorni
nostri.
Ora ho una moglie Asmarina e una figlia e
quindi una intera famiglia ad Asmara.
Famiglia di pochissimi mezzi e di molti
componenti alcuni dei quali a rotazione sono andati a Sawa come tutti i
coetanei compreso il figlio del presidente Isaias.
Ho vissuto il vertiginoso aumento dei
prezzi, la tragedia dei familiari morti al fronte, della mancanza di un
buon livello di assistenza medica ecc ecc.
Ma e' un paese felice perché da sempre sa
accontentarsi di quello che ha e vuole emanciparsi da solo senza il
peloso aiuto di chi è sempre pronto poi a chiedere qualcosa in cambio.
Non ho ragioni di schieramento per questo o
quello sono un testimone super partes perché Italiano senza parenti
vissuti in Eritrea.
Non ho avuto l'impressione che un giorno
L'Eritrea con improvvise mire
espansionistiche abbia deciso di attaccare il gigante Etiopico, ma so di
una infinità di angherie, uccisioni, sopraffazioni che parenti della mia
famiglia di adozione hanno dovuto subire nella zona di Badme ad
amministrazione e popolazione Eritrea dai tempi della colonia Italiana.
Ricordo anche dell'incaponimento sulle isole
Hanish basato su documenti Italiani che poi sono stati considerati non
validi dalla commissione di arbitrato, ma anche dell'immediata
accettazione delle decisioni prese in sede di arbitrato da parte del
governo Eritreo.
Ho visto una Eritrea in forte crescita con
numerosi nuovi accordi commerciali alcuni dei quali con patner Italiani,
nuove centrali elettriche, il nuovo aeroporto internazionale di Massawa
,la rivoluzione della toponomastica di Asmara che farà da pilota a
quella del resto del paese, e molto molto altro.
Spero con tutto il cuore di non essermi
sbagliato, vi seguirò con molta attenzione.
Ancora benvenuti, ciao Stefano
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----- Messaggio inoltrato da francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it> ----- Data: Tue, 08 Jun 2004 15:42:27 +0200 Da: francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it> Rispondi-A:francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it> Oggetto: Re: nuovo link A: di paolo <n.dipaolo@libero.it> Caro Nicky, Giovedì mattina metterò due righe sul Chichingiolo per annunciare l'arrivo del nuovo sito. E non mancherà menzione nella pagina dei links. Ho dato una furtiva occhiata e mi pare una gran cosa. Complimenti ai realizzatori, collaboratori, tutti insomma. Mi pare che siete decisi a partire lancia in resta. Alcuni dei nomi letti sono di grosso calibro. Hai detto bene, niente a che vedere con le scapate frivolezze del Chichi. Vi seguirò. Auguri al Corno d'Africa, a tutti voi. Francesco |
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