Spedizione di O. Antinori, O. Beccari, A. Issel nel Mar Rosso e sulle falde nord dell'Abissinia (1870-1872) (1)

 

Relazione preliminare di Guido Cora 1876 (2)

a cura di Manlio Bonati

 
 

Il 2 marzo 1870 una Spedizione scientifica organizzata dalla Società Geogra­fica Italiana lasciava la rada di Suez sul piroscafo “Africa” della Società Ru­battino, dirigendosi verso la parte meridionale del Mar Rosso: la componevano il marchese Orazio Antinori, decano dei nostri viaggiatori nell’Africa, il dottor Odoardo Beccari, già noto allora per un importante viaggio a Borneo, ed il professore Arturo Issel, distinto malacologo e geologo, autore di un pregevole lavoro sulla Malacologia dell’Eritreo (I).

Varii erano gli scopi della Spedizione. Anzitutto coll’appoggio del Governo e per conto della Società Rubattino si doveva prendere possesso nella Baia d’Assab di un territorio destinato a diventare un deposito di carbone ed una stazione commerciale, di cui il prof. Giuseppe Sapeto aveva antecedentemente stipulato l’acquisto coi Danakil assumendosi l’incarico di compierne il pagamento e di annodare amichevoli relazioni fra Italiani ed indigeni: a tal uopo egli era pure imbarcato a bordo dell’“Africa”. Per meglio assicurare il possesso, una nave della R. Marina, la “Vedetta” aveva avuto incarico di recarsi essa pure nelle acque d’Assab e fare lavori idrografici e topografici.

Era poi còmpito speciale della commissione scientifica di studiare le condizioni di quella località, notandone la conformazione, i prodotti, le risorse, e farvi in ispecie collezioni di storia naturale; trovato quindi un mezzo agevole per raggiungere Massaua, doveva recarsi nel paese dei Bogos e dei Barka, sulle falde nord dell’Abissinia, visitando particolarmente il territorio di Sciotel, per inda­gare quali cause avessero condotto a rovina la colonia italiana ivi stabilita anni addietro dal padre Stella, missionario piemontese.

 

1. Esplorazione della Baia d’Assab. Da Assab ad Aden e Massaua.

Con queste istruzioni salpava l’“Africa” il 2 marzo 1870 da Suez e sette giorni dopo andava ad ancorarsi nella rada di Buia, compresa tra le isole Darmakie ed il littorale d’Assab al sud di Ras Lumah. Nell’indomani e nei giorni successivi i varii membri della Spedizione esplorarono minutamente il territorio vulcanico di Assab, e visitarono i due isolotti più meridionali di Darmakie, facendo ampia messe scientifica. Il 13 fu innalzata sul Falso capo Lumar (a circa 13° di latitudine sud) la bandiera italiana salutata dagli spari dell’artiglieria di bordo e fu così preso formalmente possesso di questa terra, ceduta dai sultani Danakil di Margableh. Non essendo state comprese nell’acquisto due delle isolette di Darmakie e desiderando di ottenerle perché bene adatte per un de­posito di carbone, mosse l’“Africa” pell’ancoraggio di Ras Deumaira, sbarcarono il Sapeto, Antinori, Beccari, Issel ed il sig. C. Grondona (rappresentante della Società Rubattino), e si diressero sul villaggio di Reita, a due ore dalla costa, ove col sultano Berehan si stipulò la cessione di quelle isolette.

Ritornati in Assab e dovendosi il pagamento dei territori ceduti effettuare in talleri di Maria Teresa, solo denaro riconosciuto nel paese, e avendosene penuria, i nostri viaggiatori risolvettero di recarsi ad Aden e noleggiarvi una barca per ritoccare Assab e riuscire a Massaua, base dei loro lavori: l’“Africa” avrebbe poi proseguito per Bombay. E così si fece. Dopo d’aver stabilito un deposito di carbone per la “Vedetta”, che doveva giungere nella baia da un giorno all’altro, la sera del 20 marzo l’“Africa”  solcava lo Stretto di Bab-el-­Mandeb tra Perim e l’isola del Piloto (Piccolo Stretto) ed il mattino seguente giungeva nel porto di Aden.

Dopo varii giorni di permanenza in questa colonia inglese, il cui soggiorno diede occasione a parecchie escursioni, una delle quali fatta a Kursi (nella parte occidentale della baia di Aden), fu noleggiata una barca araba, e su essa i viaggiatori tornarono il 31 marzo ad Assab, ripartendo la mattina del 5 aprile per Massaua, dopo d’aver compiuto il pagamento e lasciato a terra il prof. Sapeto, che attendeva il ritorno da Bombay dell’“Africa”. Partiti appena i tre viag­giatori, giungeva nello stesso giorno la R. nave “Vedetta”, che dopo luttuose peripezie occorsele tra i banchi madreporici ad oriente dell’isola Harnisch, ve­niva a compiere la sua missione. Fatta una breve stazione nella Rada di Buia essa tornò in Italia col Sapeto, mentre l’“ Africa ”, giunta poco appresso, ripartì subito per Suez e Genova.

Intanto Antinori con Beccari ed Issel erano giunti ed erano sbarcati all’isoletta di Massaua, emporio più importante del littorale Eritreo tra Suez e Bab­-el-Mandeb, a poca distanza dal Ras Gherar. Da Massaua i nostri esploratori fecero varii viaggi al paese dei Bogos, Barka e Dembelas, ed alcune escursioni nell’arcipelago di Dahlac, raccogliendo in gran copia notizie sulla geografia e storia naturale di quelle regioni ancora imperfettamente note. Io non posso qui tessere il diario particolareggiato degli itinerarii seguiti da ciascuno dei viaggiatori solo mi accontenterò di accennarli sommariamente, rimandando per quelli dell’Issel alla relazione da lui pubblicata due anni or sono (II), e per gli altri di Antinori e Beccari alla relazione che se ne sta preparando presso la Società Geografica Italiana.

 

2. Escursioni d’Issel a Desset, nell’arcipelago di Dahlac ed a Keren. Viaggio di Antinori e Beccari a Sciotel. Collezioni di storia naturale.

Il 29 aprile l’Issel faceva un’escursione a Desset, sulla via che conduce a Keren, per visitare certi antichi tumuli sepolcrali denominati “Kubbat es salatin”, vale a dire tombe dei re, facendone uno studio nuovo e molto interes­sante. In quel frattempo Antinori e Beccari stavano facendo i dovuti preparativi per recarsi a dimorare fra i Bogos e con tale intento partirono il 2 maggio e per la via d’Ain e Massalit, toccando Desset, Amba, Mai Aualid, Sceb e risalendo tutto il corso medio e superiore del fiume Lebka, scesero nella valle dell’Ainsaba ed il 9 giunsero a Keren, capoluogo del paese dei Bogos, posto, se­condo le osservazioni di Beccari, a 1478 metri sul livello del mare. Dal 23 al 31 furono fatte caccie nella valle dell’Ainsaba, che riuscirono molto fruttifere dal lato zoologico. Dal suo canto Issel metteva a profitto il suo soggiorno a Massaua facendo utili escursioni, di cui la più importante, dal 10 al 21 maggio, fu quella che lo condusse alle isole Dahlac, Nora e Sarathè, durante la quale fece importanti collezioni malacologiche, giovandosi assai di una pesca delle perle a cui assistette.

Il desiderio di rivedere i compagni e visitare, anche solo alla sfuggita, un lembo di quella regione tanto celebrata dai viaggiatori e dai naturalisti per le sue bellezze naturali, che vien detta la “Svizzera africana”, lo spinsero a recarsi egli pure a Keren, il che pose ad effetto dal 2 al 6 di giugno per la via che tocca Asus, Maldi, Imer, attraversando il paese dei Mensa. Tra i Bogos però non si fermò più di tre giorni, ed il 15 era nuovamente a Massaua, d’onde l’indomani salpò per Suez, diretto all’Italia, sul vapore egiziano “Hegiaz” della Società “Kedivié”.

Rimasti soli, Antinori e Beccari continuarono le loro escursioni geografiche e zoologiche, spingendosi al nord verso i confini dei Maria o Marea (11 giugno) ed esplorando al sud-ovest il territorio di Sciotel. Qui si trattennero quindici giorni (dal 20 giugno al 4 luglio), occupando questo tempo, come al solito, nello studiare le produzioni principali del paese, che percorsero in varii sensi, visi­tarono la tomba dello Stella e il villaggio da lui fondato, e salirono il monte Tzad’amba, che loro stava a ridosso, e di cui il Beccari misurò l’altezza col mezzo di osservazioni ipsometriche (l’istrumento di cui si servì, costruito da Fastré a Parigi, gli fu gentilmente imprestato dal comm. Giordano, Ispettore del Corpo R. delle Miniere). L’altezza dello Tzad’amba risultò di piedi inglesi 6893, pari a metri 2101, sopra il livello del mare; mentre il livello di Sciotel risultò di 943 metri, ossia 3094 piedi: col medesimo mezzo riscontrò essere Keren all’altezza di 1478 metri, trovando così una differenza non molto grande colla misurazione eseguita nel 1861 dalla Spedizione Tedesca e che risultò di 1452 metri.

Sul finire di luglio caddero dirotte pioggie a Keren, per cui i viaggiatori poco si avventurarono nei contorni. Poco dopo l’Antinori rimaneva solo nel paese, pel rimpatrio di Beccari, che lasciò Keren il 25 agosto, seguì la via di Maldi attraverso i Mensa e s’imbarcò a Massaua il 6 settembre per l’Italia.

Le collezioni fatte nel mar Rosso e golfo d’Aden dai tre viaggiatori riuniti erano già state portate in Italia dall’Issel al suo ritorno in patria; ma la mag­gior parte di quelle riunite sulle falde nord dell’Abissinia da Antinori e Beccari erano ancora a Keren, onde l’Antinori pensò di inviare anche queste in Italia, aggiungendovi tre struzzi viventi, catturati nell’Ainsaba. Si valse a tal uopo dell’opera di un italiano, il sig. F. Cocconi, a cui affidò l’incarico di condurle a Genova; questi lasciò Keren il 29 settembre, giunse a Massaua il 6 ottobre, e partì l’8 per Suez, mentre Antinori giungeva a Massaua il 7, dopo essere partito il 3 dai Bogos ed aver seguito la via di Maldi.

 

3. Esplorazione di Antinori nel bacino superiore del Barka e nel paese dei Dembelas.

Dopo nove giorni di riposo sulle rive del mar Rosso, 1’Antinori riprese solo la via di Keren, seguendo quella già fatta nel maggio con Beccari. Dal 18 ot­tobre al 17 dicembre rimase fermo in Keren , occupato a raccorre [raccogliere] quadrupedi, uccelli, rettili e insetti, accingendosi all’esplorazione del bacino superiore del fiume Barka o Demba, mirando altresì a visitare il paese dei Dembelas, la vera “terra incognita” dell’Abissinia settentrionale. Di questo viaggio ri­marchevolissimo non pubblicò sin qui l’Antinori che alcuni brevi cenni per servire d’introduzione ad un catalogo degli uccelli da lui raccolti nell’intiera spedizione tra Aden e il bacino del Barka (III). Solo alla gentilezza del viaggiatore debbo di possedere alcuni dati itinerari, comunicatimi a schiarimento de’ suoi schizzi da me elaborati in una nuova carta delle falde nord dell’Abissinia e dell’arcipelago di Dahlac, dati però che nulla tolgono di valore alla relazione originale particolareggiata che si trova presso la Società Geografica Italiana.

Quest’esplorazione durò dal 18 dicembre 1870 al 30 gennaio 1871, e fu com­piuta quasi per intiero in una regione prima inesplorata e sulla quale non si avevano che pochissimi dati incerti di Munzinger. La via tenuta, dopo Keren, fa lungo il versante ovest dei piccoli monti di Sciotel, indi presso la sponda destra del fiume Mansura sino al villaggio dello stesso nome, posto sul dorso d’una collinetta poco elevata. Da Mansura il viaggiatore si spinse in direzione sud sino ad alcune sorgenti naturali prossime al fiume Ferfer, una delle deno­minazioni del Barka o Demba superiore, presso al confine della regione del Barca e di quella dei Dembelas, retrocedendo poi sino al confluente del Demba col Mansura in una piccola località detta appunto Demba e posta a circa 15° 30’ di latitudine nord (IV). Di qua si diresse risolutamente verso il paese dei Dembelas, in compagnia di alcuni mandriani della tribù dei Beni-Amer-Was che conduce­vano una ventina di buoi e una cinquantina di capre al mercato di Ad-ghelghel, attraversando varii affluenti del Demba e seguendo poi per buon tratto la valle incassata della parte superiore di questo fiume, là dove prende il nome di Maia­-Vasen e Laitù, in una regione pittoresca e oltremodo montuosa. Al villaggio di Matacrur abbandonò il Laitù (che proviene dall’oriente dai monti che dànno origine sull’altro versante al Mareb e all’Ainsaba), poi s’internò in un laberinto inestricabile di monti e valloni, in mezzo ai quali un viottolo appena praticabile dai pedoni lo condusse alla sommità di un monte, sulla cui cresta giace il villaggio di Ad-ghelghel, residenza di Kuflon, capo principale dei Dembelas.

Antinori non rimase che cinque giorni nel paese dei Dembelas, occupandosi a prendere appunti e disegni della grande vallata che si apriva ai suoi piedi. Questa valle, tracciata in senso latitudinale, è solcata da un bel fiume, affluente del Mareb, ed ha la sua sorgente nei monti dell’Amasen. Dapprima è detto Maidarò e scorre da levante a ponente in una valle chiamata Svanagher; poi apertosi il varco in una catena di piccole montagnole granitiche, catena che si riallaccia ai fianchi dei monti che la circonvallano, interrompe la sua dire­zione, e al di là di questo ostacolo naturale si volge ad ovest-sud-ovest, sotto il nome di Maianbassa: in questa parte la valle porta il nome di Mansura-­Guegua. I monti del paese dei Dembelas sono di natura schistosa e quarzosa; Antinori vi notò dei filoni di quarzo della profondità di due metri che tagliano obliquamente la roccia granitica schistosa dì un monte prossimo al villaggio di Ad-ghelghel e al nord del medesimo: all’aspetto generale di queste mon­tagne e per la immensa quantità di quarzi che racchiudono, apparisce molto probabile che le medesime debbano contenere dell’oro. I Dembelas propriamente detti confinano al nord coi Beni-Amer-Was del Barka, all’est cogli Hamasen, al sud-est cogli Adrasà, al sud-ovest coi Kunàma e i Basèn; queste due ultime tribù sono molto temute dai Dembelas. Gli Adrasà, sulla sponda sud del fiume, formano veramente la parte più ricca e nobile dei Dembelas, dal che la divi­sione in Dembelas proprii al nord e Adrasà al sud.

L’aspetto generale della grande vallata dei Dembelas colle sue accidentalità più spiccate furono chiaramente delineate dal nostro esploratore in un bellis­simo panorama preso dal villaggio di Aguali, poco discosto all’ovest da Ad-ghelghel. Il villaggio più occidentale visitato a poche ore da Aguali è detto Namantala. L’altezza approssimativa di Ad-ghelghel si può valutare a circa 2000 metri sul livello del mare.

Queste ed altre poche notizie sulla formazione orografica, sulla flora e la fauna, sono i soli dati che l’Antinori poté procurarsi su quell’interessante regione, di cui può dirsi veramente lo scopritore, non avendosi avuto su essa prima di questo viaggio nessuna informazione. E non fu tanto il tempo che gl’impedì di fare studii più estesi quanto la continua sorveglianza che attorno a lui esercitavano quei diffidenti montanari, e lo stesso Kuflon, malgrado l’ospi­talità concessagli, non rifiniva di domandargli a qual fine ritraesse colla matita i contorni della regione che gli stava sott’occhi.

Il viaggio di ritorno fu fatto quasi direttamente in direzione settentrionale. La sera del 25 gennaio 1871 abbandonò il viaggiatore Ad-ghelghel e scese al fiume Laitù, lasciandolo poi l’indomani alla località di Maia-Vasen (ove descrive una curva per poi prendere il nome di Ferfer), attraversò nel giorno succes­sivo i torrenti Garasit, Duan, Terik, Adaiet (i due primi affluenti del Demba, gli altri alimentano il Mansura), lambendo i monti Suok, che formano il mar­gine sud ed est della valle d’Asciagulgul, e giunse il 28 nello Sciotel all’abban­donato villaggetto dello Stella, dopo d’aver passato il fiume Mansura presso il monticello Selos-Cornù. Girato la dimane lo Tzad’amba dal lato orientale entrò nella valle di Ciacio, terminata la quale cominciò ad ascendere la montagna, che si presentava irta di scogli, ingombra da piante e quasi inaccessibile; dopo tre ore d’immense fatiche raggiunse finalmente il valico, da dove si scende con facilità nella valle di Boggù, seguita la quale rientrò la sera del 30 gennaio nella sua abitazione di Keren.

 

4. Viaggio di Antinori a Kassala. Escursioni da Keren a Massaua, Ailet, Zulla, Dahlac. Ritorno in patria.

Mi sono alquanto diffuso sul viaggio di Antinori fra i Dembelas, trascinato dall’importanza originale del soggetto: ora sorvolerò sul viaggio a Kassala e le altre escursioni, giacché non riuscirono a risultati così importanti per la geografia, specialmente perché fatte in altre condizioni di tempo.

Sul finire del marzo 1871 ritroviamo il viaggiatore nella via di Massaua at­raverso il pittoresco territorio dei Mensa, ma seguendo una linea più settentrionale di quella di Maldi: toccò i villaggi di Gabei-Alabi e Ciufà, poi s’internò in una regione montuosissima solcata da due grossi torrenti, che si uniscono dal lato occidentale della vallata; lasciò a destra i due monti Debre Sina e Amba Saul, percorse la valle del fiume Lava, ch’ei chiama Mensa, le cui acque si rompono a salti e precipizi fra i massi delle montagne in località che hanno un aspetto incantevole, e quasi direbbesi fantastico, attraversò la pianura del Samhar in mezzo a colli alpestri e desolati di piante mancanti d’acqua, giungendo poi a Massaua dopo un viaggio piuttosto faticoso.

Nella prima metà di aprile fece un’escursione ad Asus, lungo le sponde del ramo meridionale del Lava ed alla fine dello stesso mese ritornò a Keren per la via già battuta di Ain e Massalit. La stagione delle pioggie, dal giugno al settembre, fu da lui passata nel paese dei Bogos sulle rive dell’Ainsaba nella località di Angar, indi dal 14 settembre al 10 ottobre fece un rapido viaggio d’andata e ritorno a Kassala, seguendo la gran vallata del Barka, con un iti­nerario che poco si scosta da quello seguito da Lejan e in parte da Munzinger. La rapidità del viaggio stesso gl’impedì di fare molte osservazioni sia sulla geo­grafia che sulla storia naturale.

Discesi i monti di Keren percorse prima una parte della valle di Boggù, sol­cata dal fiume omonimo, che, al di là del monte Asciara, prende poi il nome di Darotai, sino alla sua confluenza col Barka presso Meghergher: Antinori toccò così i villaggi di Boggu Saiti, Aderdi, alle falde del monte Sciamr-Adik dal lato di nord-ovest, Meghergher. Al di là di questo luogo seguì il larghissimo letto del Barka, passando per le località di Giaghè o Tschagie, Sulib, Alese od EI-Hesch; la via continuò attraverso ad un deserto formato da terreno piano sab­bioso, talvolta intralciato dagli alberi di mimose e da erbe, in una regione popo­lata dai nomadi Az-Amer. Il 19 settembre il viaggiatore raggiunse il villaggio di Af-Dhob, sulla sponda sinistra del fiume omonomo detto dagli indigeni Bahr­-el-gemel, affluente di sinistra del Barka; proseguendo poi la via sempre nel de­serto, in parte sabbioso e in parte ciottoloso, attraversò i corsi d’acqua Avo­sciait, Endelaggé, Ghurba, Fittai, sulle cui sponde sta il villaggio Soderat o Sabderat addossato ai monti Ohrà e Tucurù, e a mezzodì del 23 entrò nella città di Kassala, sulle sponde del Chor el-Gasch, corso inferiore del fiume Mareb ed affluente di destra dell’Atbara. Il 30 dello stesso mese Antinori riprese il cammino di Keren, passando per Soderat, Zaga sul Chor di Avosciait, Af-Dhob, Dunguaz sulla sinistra del fiume Barka, Giaghè, Aderdì.

Dopo 19 mesi di soggiorno sui confini nord dell’Abissinia, in maggior parte passati nel paese dei Bogos, l’Antinori abbandonò definitivamente Keren il 30 novembre 1871, e discese per la via di Maldi a Massaua onde aspettare un piroscafo che lo riconducesse in Italia. Per inattese contrarietà avvenutegli, dovette trattenersi a Massaua sino al 4 febbraio, onde impiegò parte del tempo, cioè quasi tutto il mese di gennaio, in due escursioni, una delle quali lo con­dusse pel golfo di Aduli a Zulla e all’isola Dessi o Dessé, poi a Dahlac, mentre l’altra fu fatta ad Arkiko ed Ailet, a mezzogiorno di Asus.

Finalmente il 4 febbraio il nostro viaggiatore lasciò Massaua sul vapore postale egiziano  “Kuffit”, toccò Suakin l’indomani, trattenendovisi tre giorni, e il 12 sbarcò a Suez; passato qualche tempo nel Basso Egitto, riedette in patria nel marzo 1872, dopo oltre due anni di assenza, impiegati in fruttuose esplora­zioni, ricchissime di risultati per le scienze.

Come ho avuto occasione di accennare nel corso dì questa memoria, la relazione completa degli accennati viaggi fatti da Antinori e Beccari non è ancora stata pubblicata dalla Società Geografica Italiana, onde io non ho potuto qui entrare nei particolari di essi: perciò debbo rimandare ad un’epoca non ancora determinata la pubblicazione dei risultati geografici ottenuti da quegli egregi esploratori, riservandomi di far noto ora solo la parte riferentesi alla Baia di Assab, unendo alle note di Beccari quelle di Sapeto e le altre raccolte nel Ministero della Marina sui rilievi eseguiti dalle R. navi “Vedetta” e “Vettor Pisani”, l’ultima delle quali visitava quelle località nel 1871. Per la loro impor­tanza ho riunito questi lavori in una memoria speciale, corredata di due carte originali (3).         

                                                                                             

 

1  Dal fascicolo XI del vol. III del 1875-1876 di Cosmos di Guido Cora, rivista geografica pubblicata a Torino, pp. 401-408.

 

2 L’autore scrisse questa “relazione preliminare” basandosi sugli appunti e sulle conversazioni avute con Orazio Antinori. Le informazioni del Cora sono di prima mano e riassumono l’avventura nel Paese dei Bogos: infatti i paragrafi 3 (in parte) e 4 sono ricchi di notizie inedite ed esaustive sul viaggio in quanto non riportate dallo stesso Antinori nel suo Viaggio nei Bogos perché incompleto, conclusosi nei primi mesi del 1872, inspiegabilmente, però, non viene menzionato il contributo dell’esploratore Carlo Piaggia (Cora rimediò alla probabile dimenticanza dedicando a Piaggia un articolo monografico nel Cosmos del 1877: Esplorazioni di Carlo Piaggia nell’Africa Centrale, pp. 36-38. Per l’appunto scrisse: “La terza spedizione nell’Africa interna fu fatta dal Piaggia nel paese dei Bogos e nell’Abissinia tra il 1871 e il 1875. Dopo aver dimorato per circa un anno coll’Antinori a Keren e nei contorni, occupato in collezioni zoologiche, e fatte di poi a tal uopo varie corse a Massaua, partì nell’agosto 1873 da questo luogo…”). Lo studio del Cora è poco conosciuto data la rarità della rivista, a bassa tiratura e difficile da reperire anche nelle biblioteche pubbliche.

Guido Cora, amico di tanti nostri esploratori, nacque a Torino il 20 dicembre 1851. Noto cartografo e geografo, insegnò la Geografia nell’Università della sua città natale. Nel 1873 fondò la rivista geografica e cartografica Cosmos, che diresse e pubblicò, per un totale di 11 corposi volumi e altri pochi fascicoli dei violumi 12° e 13°, per oltre trent’anni (dal 1873 al 1901) con continue difficoltà economiche. Morì a Costigliole d’Asti il 10 ottobre 1917. Cfr. Cosimo Bertacchi, Geografi ed esploratori italiani contemporanei, Milano, Prof. Giovanni De Agostini Editrice, 1929, pp. 148-156, Curio Mortari, Il Mondo esplorato da tredici piemontesi, Torino, Edizioni Palatine di R. Pezzani & C., 1947, pp. 111-116 e Orazio Antinori, Viaggio nei Bogos, a cura di Manlio Bonati, Perugina, EFFE Fabrizio Fabbri Editore, 2000, pp. 185-194.     

(I) A. Issel, Macologia del Mar Rosso, un volume in 8° di 388 pp. con 1 carta e 5 tav., Pisa, 1869 (nota di Guido Cora).

(II) Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos (1870), di Arturo Issel, un volume in 8° di 131 pp., con 2 carte e 13 illustrazioni, Milano, Treves, 1872 (nota di Guido Cora).

(III) Viaggio dei signori O. Antinori, O. Beccari ed A. Issel nel Mar Rosso, nel territorio dei Bogos e regioni circostanti, durante gli anni 1870-71. Catalogo degli Uccelli, compilato per cura di O. Antinori e T. Salvadori negli Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, pubblicati per cura di Giacomo Doria, volume IV, novembre 1873, pp. 366-520, con 3 illustrazioni [pur essendo queste note bibliografiche delle ripetizioni, ho preferito rispettare l’integrità del testo del Cora, questa nota infatti è sua].  

(IV) Questa posizione risulta dalla costruzione cartografica da me fatta, su vastissima scala, degli itinerari dell’Antinori, non avendo con sé il viaggiatore i mezzi per fare osservazioni astronomiche o geodetiche (nota di Guido Cora).

3 Intende lo studio intitolato La Baia d’Assab stampato nello stesso fascicolo XI del 1876 alle pp. 408-409; una cartina a colori (Baia d’Assab ed adiacenze) è la XII tavola del volume III, la seconda apparve come tavola VIII nel fascicolo VI del volume IV del 1877, a corollario dell’articolo del Cora La Baia d’Assab, con interventi di G. Sapeto e O. Beccari, alle pp. 224-235. 

 

Incisioni dal libro di Arturo Issel

 
 

 
 

Note biografiche su Antinori, Beccari, Issel e Piaggia

 

Il marchese Orazio Antinori (nato a Perugia il 23 ottobre 1811, morto il 26 agosto 1882 a Let-Marefià) abbandonò in gioventù la sua Perugia scacciato dal padre per aver ingravidato una cameriera, dalla quale ebbe un figlio maschio che non riconobbe ma che mantenne a distanza. Risiedette a Roma dove poté coltivare la sua grande passione per l’ornitologia. Combatté con Garibaldi nel 1849 contro i francesi durante l’assedio di Roma. Andò esule in Egitto e poi in Sudan, dove mise in pratica le doti naturalistiche. Visitò con Carlo Piaggia la regione del Bahr el-Gazàl. Personaggio di spicco nella Massoneria, nel 1867 fu tra i fondatori della Società Geografica Italiana. Nel 1869 rappresentò l’Italia durante i festeggiamenti per l’inaugurazione del Canale di Suez. Con Odoardo Beccari e Arturo Issel nel 1870 fu testimone dell’acquisto della Baia di Assab tra Giuseppe Sapeto e i dignitari locali. Subito dopo si stabilì per due anni nella terra dei Bogos (Eritrea), dove lo raggiunse il Piaggia. Nel 1875 guidò una spedizione scientifica in Tunisia. Nel 1876, a 65 anni, si imbarcò a Napoli per l’Abissinia come responsabile della grande spedizione ai Laghi Equatoriali. Gli erano compagni Giovanni Chiarini, Sebastiano Martini Bernardi e il preparatore Lorenzo Landini. La spedizione, raggiunta in seguito da Antonio Cecchi, non riuscì nei suoi intenti esplorativi. Antinori si stabilì, con l’aiuto del missionario Guglielmo Massaja, a Let-Marefià. Dal re Menelik ebbe l’autorizzazione di impiantarvi la prima stazione della Società Geografica Italiana. Raccolse preziose collezioni, specialmente ornitologiche, destinate al Museo di Storia Naturale di Genova, diretto dall’amico Giacomo Doria. Morì a Let-Marefià, all’età di 71 anni, il 26 agosto 1882. Cfr. Orazio Antinori, Viaggio nei Bogos, cit.;  Giacomo Antinori, Il Marchese Orazio Antinori e la Spedizione Geografica Italiana nell’Africa Equatoriale, Perugia, Tipografia di V. Santucci, 1883.

 

Odoardo Beccari (nato a Firenze il 16 novembre 1843, ivi morto il 25 ottobre 1920) si laureò in Scienze Naturali a Bologna. Nel 1865 compì con Giacomo Doria un viaggio in Borneo, dove vi rimase fino al 1868. A Genova il 14 febbraio 1870 con Arturo Issel salpò sul piroscafo Africa per raggiungere il marchese Orazio Antinori ed esplorare alcune località abissine. Fece ritorno in patria nell’ottobre dello stesso anno. Sulla fine del 1871 si imbarcò con Luigi Maria D’Albertis per l’Estremo Oriente ed esplorò le Isole Molucche e la Nuova Guinea. Nel 1873, guarito dal vaiolo, si stabilì alle isole Aru dove raccolse piante ed animali. Fece naufragio su un prahu diretto alle isole Kei. Risiedette ad Amboina per sistemare le sue importanti raccolte, poi raggiunse le Molucche e le Celebes. Si fermò tra il 1873 e il 1874 a Makassar. Si spostò nelle grandi isole di Kabaena e Muna, poi a Kendari, ancora a Makassar e a Bali, a Giava, a Bogor, a  Batavia,  a Amboina salpò per la Nuova Guinea occidentale (22 gennaio 1875), arrivando all’isola di Sorong. A Dorei il 2 giugno 1875 trovò la Vettor Pisani. Da Dorei andò ad Andai, dove intraprese l’esplorazione dei monti Arfak. Il 4 luglio 1875 giunse a Ternate, dopo una tragica traversata in quanto quasi tutti i suoi uomini perirono di beri-beri. Per conoscere sempre di più la Malesia, si unì ad una spedizione olandese e, tra il novembre 1875 e il gennaio 1876 visitò Ternate, l’Isola di Salvatti, Dorei, Awek, Misool, la baia di Gouns ed altre località.  Rivide l’Italia soltanto nel 1876 e la sua Firenze il 14 luglio. Il fascino dell’oriente lo mise di nuovo in viaggio, questa volta con l’amico Enrico Alberto D’Albertis, cugino dell’altro D’Albertis. Partirono da Genova il 14 ottobre 1877. Si recarono a Bombay, Lahore, Delhi e a Calcutta. Proseguirono per Singapore, Kutcing, Sydney e Melbourne. Videro la Tasmania, la Nuova Zelanda e Singapore, dove si separò da Enrico Alberto D’Albertis. Da solo andò a Giava e nel maggio 1878 mise piede a Padang per poi esplorare il monte Singalang, un vulcano estinto. Raggiunse, poi, Sumatra dove mise ordine alle raccolte. Il 22 ottobre era a Bangkok per rientrare finalmente nella sua Firenze alla fine di dicembre del 1878. Come botanico raccolse e studiò per tutta la vita la flora dei paesi che aveva conosciuto. Il suo testo più famoso si intitola Nelle foreste di Borneo. Viaggi e ricerche di un naturalista, terminato di scrivere nel 1901 e pubblicato a Firenze nel 1902. Fu professore di botanica all’Istituto di Studi Superiori di Firenze e per breve tempo assunse la direzione delle collezioni e del giardino botanico della sua città natale. Ma, dopo varie delusioni, si ritirò a vita privata per dedicarsi allo studio di quanto aveva portato dalla Malesia. Fu un uomo dal carattere fiero ed indipendente. Nel 1882 si sposò con Nella Goretti de Flaminj, dalla quale ebbe quattro figli. Nello, il figlio primogenito, pubblicò alcuni lavori postumi del genitore. Beccari morì mentre dormiva, non si accorse del trapasso. L’amico Raffaello Gestro nel 1921 ricordava che “se si voleva vedere Odoardo Beccari si era sicuri di trovarlo sempre al Museo in Via Romana nel suo gabinetto che era molto angusto e reso anche più stretto da montagne di pacchi di piante secche e da una vera foresta di campioni di Palme, alcune alte varii metri. […] Egli viveva lieto e sereno in mezzo a tutti questi ingombri e trascorreva il suo tempo descrivendo le nuove specie”. Cfr. Angelo De Gubernatis, Piccolo Dizionario dei Contemporanei Italiani, Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1895, p. 79; Gabriele Gregoletto, Pianeta Terra. Dizionario di navigatori, esploratori, scienziati e viaggiatori che, con le loro azioni o imprese piccole e grandi, contribuirono principalmente alla conoscenza geografica della Terra, Cornedo Vicentino, dicembre 2004 (edizione provvisoria fuori commercio), p. 14; Rodolfo Pichi Sermolli, La vita e le opere di Odoardo Beccari, in Nelle foreste di Borneo di Odoardo Beccari, Milano, Longanesi & C., 1982; Francesco Rodolico, Naturalisti – esploratori dell’Ottocento italiano. Antologia scientifica e letteraria, Firenze, Le Monnier, 1967; Silvio Zavatti, Uomini verso l’ignoto. Gli esploratori nel mondo, Ancona, Gilberto Bagaloni Editore, 1979, p. 46.

 

Arturo Issel (nato a Genova l’11 aprile 1842, ivi morto il 27 novembre 1922). Di religione ebraica. Amico d’infanzia di Giacomo Doria lo aiutò sempre, come geologo, nella raccolta del materiale per il suo museo genovese di storia naturale. Nel 1865 si trovava a Suez per osservare i lavori in corso per il Canale, che si inaugurò nel 1869. È compagno dell’Antinori e del Beccari nella visita alla baia di Assab. Compiuta la missione, fece importanti studi nella regione dei Bogos, sino a Cheren, che raccontò nel libro Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos del 1872, pubblicato a Milano da E. Treves Editore. In questo testo Issel specifica che la Società Geografica Italiana, decise, d’accordo con il Governo, “di inviare tra i Bogos due de’ suoi membri”. La missione “fu affidata al marchese Orazio Antinori e al dottor Odoardo Beccari, il primo distinto ornitologo, noto sopra tutto per un memorabile viaggio nell’Africa centrale; l’altro, intrepido esploratore dell’isola di Borneo, stimato altresì quale autore di pregiate memorie botaniche. Avendo io divisato nel tempo stesso di recarmi nel Mar Rosso, affine di proseguire certi studii di conchiliologia fossile e vivente, già iniziati in una precedente escursione, ed anche per raccogliere oggetti di storia naturale per conto del Museo Civico di Genova, fui aggregato alla spedizione, coll’incarico di occuparmi di animali marini, nonché di geologia e di mineralogia, ove se ne fosse presentata l’opportunità. La Società Geografica non contribuì alle spese del mio viaggio, ma per suo mezzo ottenni l’imbarco gratuito, sopra un vapore della Compagnia Rubattino, pel viaggio da Genova a Aden. Alla stessa ditta Rubattino la spedizione va debitrice del trasporto di molte casse d’oggetti di storia naturale dall’Egitto in Italia”. Un altro suo importante testo fu pubblicato a Milano nel 1866 dagli Editori della Biblioteca Utile: Varietà di Storia Naturale. Insegnò a Pisa e a Genova.

 

Carlo Piaggia (nato a Badia di Cantignano (LU) il 4 gennaio 1827, morto a Carcoggi il 17 gennaio 1882). È compagno dell’Antinori nella regione del Fiume delle Gazzelle. Da solo penetra nel paese dei Niam-Niam, considerati feroci mangiatori di carne umana. Nel 1876 accompagna Romolo Gessi al lago Alberto. Separatosi dall’amico, raggiunge un lago cui dà il nome di Capechi. In Abissinia dimora sulle rive del lago Tana e compie in sei giorni l’intera sua circumnavigazione. Muore a Carcoggi sul Nilo Azzurro. Edmondo De Amicis lo definì “nobilissimo italiano, operaio, soldato e apostolo”. Lasciò delle interessanti memorie, pubblicate postume nel 1941 dall’editore Vallecchi a cura di G. Alfonso Pellegrinetti: Le Memorie di CarloPiaggia. Cfr. Orazio Antinori, Viaggi di O. Antinori e C. Piaggia nell’Africa Centrale, in Bollettino della Società Geografica Italiana, fascicolo 1°, Firenze, 1868; Aurora Carlini Venturino, Carlo Piaggia e i suoi viaggi nell’Africa Orientale ed Equatoriale, Torino, G. B. Paravia & C., 1951; Edmondo De Amicis, Coraggio e Costanza. Il viaggiatore Carlo Piaggia, Torino, Ditta G. B. Paravia e Comp., 1896; Felice Del Beccaro, Vita di Carlo Piaggia, Milano, Edizioni del Tempo, 1937; Carlo Piaggia,  Nella terra dei Niam-Niam (1863-1865), a cura di Ezio Bassani, Pisa, Maria Pacini Fazzi Editore,1978; Antonio Romiti, Le memorie di Carlo Piaggia. Nuovi contributi alla conoscenza dell’Esploratore di Badia di Cantignano, Capannori, Comune di Capannori, 1998.

 

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