In memoria delle vittime innocenti |
di quel triste periodo. |
(Eros Chiasserini) |
A cura di |
EROS CHIASSERINI |
ERITREA |
1941-1951 |
GLI ANNI DIFFICILI |
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Desideriamo ringraziare Marcello Melani |
Direttore del Mai Taclì |
che ci ha permesso la pubblicazione del lavoro di Eros Chiasserini |
La Redazione |
Indice |
1941 - 42 |
1943 - 44 |
1945 - 47 |
1948 |
1949 |
1941 - 1942 | ||
L’11 giugno 1940, il giorno successivo all’inizio delle ostilità, avvenne il primo bombardamento aereo di Asmara. Nei primi giorni di guerra gli obiettivi della RAF furono essenzialmente militari ed i danni abbastanza contenuti. Le operazioni iniziali coinvolsero quasi esclusivamente il personale militare dislocato nei vari settori dell’Impero e, a parte il richiamo alle armi dei civili abili al servizio e lo spostamento logistico di qualche famiglia del personale, la popolazione soffrì solo marginalmente le conseguenza della guerra appena iniziata. In altre città dell’Eritrea le incursioni aeree furono subito martellanti, continue ed indiscriminate. Ne fecero le spese Assab, con le prime vittime civili già dal settembre 1940, poi Massaua e Cheren dove, da li a poco, sarebbe iniziata l’epopea dei nostri soldati nello strenuo tentativo di arginare il dilagare in Eritrea delle truppe britanniche. Il 31 gennaio iniziò la battaglia di Cheren, una delle più cruente dell’intero conflitto, che vide impegnate allo stremo tutte le nostre truppe fino a quel tragico 27 marzo che di fatto segnò la perdita completa dell’Eritrea. Negli ultimi mesi precedenti alla resa, Asmara fu sottoposta a continui bombardamenti e non più esclusivamente su obiettivi militari ma lanciati indiscriminatamente sulle varie zone della città come per intimidire e fiaccare l’ormai esausta popolazione civile e di riflesso per minare la volontà di resistenza delle truppe impegnate tra le montagne di Cheren.
Per le continue inevitabili perdite di aerei ed infine con la tragica morte dell’eroico Mario Visintini, anche la nostra caccia non rappresentò più un ostacolo per le forze aeree britanniche che intensificarono le loro azioni. Il bombardamento del 28 febbraio causò numerosi danni nel centro cittadino, la morte di 18 civili ed il ferimento di altri 64. Il mese di marzo fu caratterizzato da incursioni a cadenza giornaliera. L’ultima, il 30 del mese, quando ormai il destino dell’Eritrea appariva segnato, causò altri 12 morti e 35 feriti fra la popolazione civile. La notte tra il 31 marzo ed il 1° aprile vide le strade di Asmara percorse da nutrite bande di sbandati che si abbandonarono a violenze e saccheggi sia dei depositi militari che di civili abitazioni, sparacchiando e lanciando bombe a mano. Le zone maggiormente interessate furono quelle dei mercati indigeni ed il quartiere di Ghezzabanda minacciati da ex ascari, per lo più etiopici dell’Amara, affluiti dai campi di battaglia. Fortunatamente le ancora presenti forze di polizia riuscirono ad arginare efficacemente le scorrerie e ripristinare una accettabile calma.
Il 1° aprile 1941, con l’ingresso delle truppe britanniche in Asmara e, nei giorni immediatamente dopo con la caduta di Decameré e di Massaua, iniziò l’occupazione militare dell’Eritrea. Da quella data e fino agli anni ‘50, ebbe inizio e si protrasse la tragica sequenza delle aggressioni e degli omicidi a danno di italiani che pagarono un alto tributo di sangue e di dolore. La massima virulenza si raggiunse nel periodo in cui si dovettero decidere le sorti dell’Eritrea la cui popolazione era fortemente divisa sulla via da scegliere soprattutto per l’intervento di forti pressioni esterne che premevano per indirizzare le decisioni dell’ONU verso la soluzione a loro più gradita.
Il prologo di quanto sarebbe avvenuto durante il periodo dell’occupazione - durata dal 1° aprile 1941 al 15 settembre 1952 - si ebbe già con la propaganda di guerra che aizzava i nativi contro le altre popolazioni immigrate, ed in particolare contro gli italiani, illudendoli con la promessa che a guerra finita ogni proprietà terriera ed immobiliare sarebbe passata automaticamente di diritto agli eritrei. Quale frutto di questa insensata propaganda, già nei primi mesi, si ebbero numerosi episodi di invasione e devastazione di concessioni agricole condotte da italiani oltre a saccheggi di negozi di proprietà di commercianti arabi, episodi che l’Amministrazione Militare Britannica non sempre riuscì a reprimere, pur impiegando la forza, suscitando comunque la reazione e la sorpresa dei nativi che si sentirono traditi e defraudati.
Prima del conflitto in Asmara e negli altri centri dell’Eritrea in generale, gli episodi di rapina, brigantaggio o terrorismo erano rarissimi ma, una volta venuta a mancare l’autorità del Governo Italiano, incominciarono a verificarsi sempre più frequentemente atti criminali a danno sia di italiani che di eritrei che sfociarono anche in sanguinose vendette, aggressioni ed assassinii nello stesso centro cittadino. Agli inizi di aprile iniziarono ad affluire al Forte Baldissera numerose colonne di autocarri carichi di prigionieri italiani. Poco dopo presero il via i rastrellamenti per le strade cittadine, nei pubblici locali e gli arresti a sorpresa di notte nelle abitazioni. Il periodo tra il 1941 ed il 1943 fu caratterizzato anche dalla creazione dei campi profughi, dei campi di concentramento, dal trasferimento nei campi di prigionia nelle varie colonie inglesi di militari e civili - come quello funesto legato all’affondamento del trasporto “Nova Scotia”, silurato da un inconsapevole U-boot tedesco nelle acque di Lorenço Marques il 28 novembre del 1942, che costò la vita, tra gli altri, a 651 italiani - dalla disintegrazione di migliaia di famiglie, dall’inizio dei rimpatri con le “Navi Bianche” per decine di migliaia di donne, bambini, vecchi ed infermi e dallo smantellamento sistematico delle più importanti infrastrutture dell’economia del paese con il solo evidente scopo di ridurre al minimo possibile la presenza degli italiani in Eritrea.
I primi omicidi di nostri connazionali, essenzialmente a scopo di rapina, avvennero il 5 aprile 1941 presso il villaggio di Acrur non distante da Saganeiti, nell’Acchelé Guzai. Ne furono vittime i tenenti della PAI Fernando Lauriti, Edoardo Sangue ed il vicebrigadiere Giuseppe Faenzi uccisi da alcuni abitanti del villaggio sobillati dal parroco copto e dal rappresentante della comunità locale. I tre militari, dopo il collasso delle forze italiane, percorrendo zone non conosciute stavano tentando di raggiungere Asmara ed avevano richiesto una guida che li accompagnasse. Dopo poche ore di marcia furono attirati in una imboscata ed uccisi dal lancio di bombe a mano e da colpi di fucile. Rapinati di tutti i loro averi e spogliati degli abiti furono frettolosamente sepolti. Le salme, riesumate qualche tempo dopo, mostrarono segni di inaudita crudeltà, una era stata decapitata ed un’altra aveva subito l’amputazione di una mano.
Il 21 aprile iniziarono le prime scorribande e le prime devastazioni sui terreni dei coltivatori italiani messe a segno da parte di contadini eritrei nelle concessioni di Emilio Fareri e degli Eredi Cicoria nella zona di Hametzì, presso Medrizien. Nella notte del 23 dello stesso mese, sempre per rapina, avvenne l’assassinio di Luigi Favro per mano di due ladri che riuscirono ad introdursi furtivamente all’interno della sua baracca situata nel campo autotrasporti De Gradi, nella zona di Godaif. Svegliato da rumori sospetti ingaggiava una colluttazione con gli aggressori ma veniva colpito mortalmente alla testa con una sbarra di ferro e decedeva poco dopo. Il primo assassinio, legato al possesso di terreni, avvenne il 6 maggio nella zona di Asmara in località Addi Gombolò dove i nativi del villaggio, memori della promesse della propaganda britannica, ritenendo decaduti i diritti di proprietà della sua azienda agricola e per impadronirsene a forza, uccisero il concessionario Raul Di Gioacchino di 48 anni. L’aggressione avvenne alle prime luci dell’alba. Mentre Di Gioacchino ed il mezzadro Pietro Greco stavano compiendo una visita nell’azienda alcuni nativi, appostati nei pressi, li fecero segno del lancio di bombe a mano e colpi di fucile che raggiunsero il concessionario al braccio sfracellandoglielo e causandogli varie ferite alla gamba sinistra. Malgrado la mutilazione riusciva, assieme al mezzadro, a raggiungere l’abitazione e barricarsi. In soccorso degli aggrediti intervennero alcuni militari indiani in transito. Di Gioacchino, ricoverato all’Ospedale Regina Elena di Asmara, vi decedeva il giorno dopo per la grave emorragia subita. A seguito del grave episodio l’azienda venne abbandonata.
Di questi iniziali episodi di violenza, legati alla ingannevole propaganda britannica sulle proprietà, sovente si riuscì ad individuarne i responsabili che subirono pesanti condanne. La comunità italiana serrò i ranghi difendendosi come possibile ma, soprattutto, confidando nel mantenimento dell’ordine, nella difesa della propria incolumità e dei propri diritti da parte delle autorità britanniche e delle Forze di Polizia preposte. Fiducia che purtroppo andò sempre più affievolendosi.
Agli inizi di maggio eminenti personalità eritree costituirono una associazione denominata Mahber Fecrì Hagher (Associazione Amor Patrio) con intenti essenzialmente nazionalistici che riuniva sia i musulmani che i cristiani eritrei, al solo scopo di difenderne gli interessi, senza alcun particolare fine politico o che considerasse eventuali future suddivisioni o destinazioni territoriali.
Intanto anche le aziende agricole di Merara, nella zona delle Pendici Orientali, iniziarono a subire invasioni e devastazioni ad opera dei paesani nativi sempre più convinti di poter acquisire automaticamente le proprietà degli italiani. La prima aggressione armata prese di mira la concessione di Umberto Viganò che a stento salvò la vita. Seguirono a breve distanza di tempo quelle ai danni dei terreni di Carlo Granzotti, Paolo Springolo, Guido Rossi, Mario Torriani e Gaetano Vuerich. Estremamente preoccupati per la situazione di pericolo venutasi a creare in tutta la zona gli imprenditori italiani reclamarono un deciso intervento dell’autorità britannica che provvide ad inviare un reparto della 10ª Brigata che sembrò, in un primo tempo, ristabilire l’ordine e la legalità. Purtroppo solo alcuni giorni dopo le invasioni ed i furti ripresero con immutato vigore così come le minacce di morte all’indirizzo dei concessionari per nulla disposti ad abbandonare le loro proprietà. Al fine di chiarire ai nativi la legalità del possesso e della conduzione da parte dei concessionari italiani, furono decise delle visite nei vari paesi della zona da parte del commissario Angelo Lauro e di un ufficiale inglese per informare e spiegare che tutte le leggi italiane sulla proprietà erano tuttora valide ed in vigore e tutti erano tenuti a rispettarne le disposizioni. A seguito dell’azione intrapresa seguì un periodo di relativa calma senza eccessivi disordini. |
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