L’Eritrea per forza e per amore. |
Vita e vicissitudini di un territorio africano. |
Nicky Di Paolo, Gian Carlo Stella e Manlio Bonati |
2004 |
Oggi il tempo delle nostre colonie è ormai lontano, |
ed i sogni sono morti e sepolti. |
Ma non sembra ancora giunto il momento |
per poter parlare serenamente |
di quanto fino ad oggi accaduto. |
Indice delle schede |
Antonio Baldissera |
Antonio Rizzo |
Cronologia 1800-1868 |
Giovanni Branchi |
Giovanni IV |
Guglielmo Massaja |
Il Tallero di Maria Teresa |
Ras Alula |
Premessa |
Chi ha la pretesa di scrivere di storia senza essere uno storico, è sicuramente presuntuoso e può dimostrare scarso rispetto per chi invece lo studio delle vicende dei popoli lo fa di mestiere. D’altra parte noi abbiamo sempre avuto un forte desiderio di tentare di scrivere qualcosa sul passato dell’Eritrea. E per fare ciò dovremo occuparci principalmente dei suoi diretti protagonisti: eritrei ed italiani. In ambedue questi popoli c’è tanto fascino, tanta intraprendenza, tanta creatività, tante similitudini da sentire l’impulso di fermare sulla carta le immagini, i ricordi, le impressioni, le scene di vita di quei pionieri, degli ascari, dei guerriglieri e della popolazione eritrea che sono riusciti, assieme, a dare vita ad una realtà unica, sofferta, incancellabile ed inscindibile. Il desiderio di scrivere forse nasce dal fatto che, malgrado l’argomento sia di indubbio interesse - e a questo proposito basti pensare all’enorme mole di letteratura che altri paesi dedicano a questa materia -, in Italia c’è una evidente scarsezza di pubblicazioni sia sugli eritrei che sugli italiani vissuti in quella terra; praticamente esiste ben poco di edito dopo gli anni ‘50; sembra quasi che ci sia stato fino ad ora un desiderio sottile (cosciente od incosciente) di cassare dalla storia questa esperienza coloniale, anche se ha caratterizzato ben settantacinque anni di tutta la storia d’Italia che, se ci pensate bene, di vita ne ha soli centotrentaquattro; gli eritrei, d’altra parte, non hanno avuto per ora il tempo di occuparsi della loro storia. Oggi di motivi per invogliare una penna a scrivere delle nostre passate colonie ce ne sono a iosa, ma per noi che siamo vissuti per tanti anni in Eritrea, e dove è nato anche il padre di Nicky, e dove suo nonno fu uno dei primi coloni italiani a sbarcare sulla sponda africana del Mar Rosso, questa ritrosia ha rappresentato una sfida ad affrontare un grosso lavoro di ricerca. Abbiamo voluto integrare quanto è già noto con informazioni prelevate direttamente dalle persone interessate, chiarimenti indispensabili per preparare la stesura di un testo modesto, ma compilato in maniera serena, obiettiva per quanto si possa, e corretta nei suoi contenuti. Lo stimolo ad iniziare venne dato a Nicky quattro anni or sono da Marcello Melani, direttore del “Mai Taclì”, il periodico degli asmarini, che accettò di pubblicare sul suo giornale questa storia a puntate. La periodicità del lavoro non dispiaceva perché da una parte diluiva l’impegno nel tempo e dall’altra stimolava alla puntualità nella consegna dei manoscritti. Sul “Mai Taclì” sono state pubblicate tredici puntate in circa tre anni, poi è successa una baraonda. Lo stesso direttore e alcuni lettori hanno espresso il loro dissenso per dover leggere pagine di vita eritrea, dove in alcuni punti venivano espressi fatti e concetti non in linea con le loro convinzioni politiche. In verità in tutti i nostri scritti abbiamo sempre cercato - e continuiamo a sforzarci - di essere al di fuori della politica, riportando i fatti così come appaiono, non trascurando i lati positivi e del pari non tralasciando di sottolineare quelli negativi; questi ultimi, fra l’altro non hanno mai interessato, o quasi, i civili italiani che abitarono l’Eritrea, ma semmai quelle menti che vollero, organizzarono, intrapresero e sostennero la conquista dell’Etiopia. Eppure le vicende dell’Eritrea non possono essere scritte senza tenere conto di quanto è successo in tutta l’Abissinia dal 1935 al 1941, e di come quel breve ma intenso periodo sia stato vissuto dagli eritrei, dagli etiopici, dagli inglesi e dagli italiani: sarebbe stata un’omissione che avrebbe pregiudicato la comprensione di tutti gli avvenimenti susseguenti, né poteva essere scritta come la volevano i contestatori; non sarebbe stata comunque una cosa pulita. La pubblicazione a puntate sul “Mai Taclì”, quindi, venne sospesa. Oggi riprendiamo il lavoro in quattro - ma altri potranno aggiungersi a noi, eritrei od etiopici compresi -, in buona parte riscrivendo tutto ciò che era già stato pubblicato, aggiungendo particolari ed avvenimenti che abbiamo ritenuto utili ad una più profonda comprensione e valutazione di quanto si è svolto in Eritrea, fin dalla sua nascita. E’ una storia che ospiterà, nella sua narrazione, numerose ed approfondite schede esplicative di consultazione, nonché di una curata iconografia. E’ un lavoro, infine, che terrà in seria considerazione l’attenzione e le aspettative dei lettori, se avranno la bontà di seguirci e indirizzarci nei vari argomenti che tratteremo. |